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La Cassazione ha negato di nuovo la scarcerazione a Marcello Dell’Utri. Con una motivazione ineccepibile, formalmente, ma che nella sostanza sembra un po’ discutibile.
Dice la Cassazione che per la gravità eccezionale del reato del quale l’ex senatore è accusato non sono ammessi i benefici e gli sconti previsti per tutti gli altri reati. Torna la vecchia questione del cosiddetto “doppio binario”, e cioè della giustizia che funziona in modo diverso ( sia per la procedura sia per la durezza e la durata delle pene) a seconda dei reati e delle accuse. Siccome esiste nel nostro codice penale un articolo, che si chiama 416 bis e che regola le pene per l’associazione mafiosa, chiunque in qualche modo abbia a che fare con questo reato avrà, sin dal momento del primo sospetto, un trattamento diverso da tutti gli altri inquisiti o imputati. La ragione di questo doppio binario è la presenza nel nostro paese di una criminalità speciale, e potentissima, che è la mafia. In realtà, dicono gli studiosi, la mafia non è più una specialità italiana, perché si è estesa all’Europa, all’America e forse anche oltre. Ma l’Italia detiene il marchio di origine e dunque ha un compito particolare nella conduzione della battaglia.
Tutte le norme speciali contro la mafia furono varate durante l’emergenza che segnò la storia politica italiana più o meno tra i primi anni ottanta e la metà degli anni novanta. C’erano in media più di due morti al giorno per mafia, furono colpiti e uccisi magistrati, giornalisti, leader politici, poliziotti, anche molto noti e molto combattivi. Tra i quali, lo sapete bene, Giovanni Falcone, magistrato, il generale Dalla Chiesa e Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale presidente della Repubblica.
Oggi, chiaramente, l’emergenza è superata. Ma le leggi dell’emergenza restano e rendono meno liberale la nostra legislazione, e talvolta addirittura la mettono in contrasto con la Costituzione ( vedi carcere duro ed ergastolo ostativo).
Comunque la legge è legge, e la Corte la applica. Nel caso di Dell’Utri, però, c’è un problema in più. Il reato per il quale è stato condannato ( concorso esterno in associazione mafiosa) non è scritto nel nostro codice penale, e la Corte Europea ha solennemente stabilito che, sulla base della giurisprudenza italiana, può comunque essere considerato in vigore ma solo a partire dal 1994. I fatti per i quali è stato condannato Dell’Utri sono precedenti di almeno cinque anni, e dunque sono avvenuti quando il reato non esisteva. Per questo motivo Dell’Utri ha fatto ricorso all’Europa, e aspetta il pronunciamento della Cedu. Così come, in condizioni del tutto identiche, fece ricorso il dottor Bruno Contrada, il quale ottenne una sentenza a lui favorevole e di censura verso la magistratura italiana. È tutta qui l’anomalia. Ma è una anomalia grave. Perché noi oggi sappiamo che c’è in cella un signore – per altro un ex senatore della Repubblica - il quale non dovrebbe stare lì perché non ha violato la legge. Abbiamo scritto queste cose già nei giorni scorsi. E abbiamo tra l’altro suscitato l’indignazione del direttore del “ Fatto Quotidiano” Marco Travaglio. Il quale nella sua rubrica del lunedì (“ Ma mi faccia il piacere”) assegna il “premio” per il “titolo della settimana” a un nostro titolo che segnalava l’anomalia della carcerazione di Dell’Utri. Commenta, ironico, Travaglio: « In effetti in quale altro paese del mondo un condannato definitivo a 7 anni per mafia sarebbe in carcere?» .
La domanda, che Travaglio pone provocatoriamente, non è per niente provocatoria, e la risposta è semplicissima: in nessuno. Abbiamo cercato nei codici penali di tutti i paesi europei il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, facendoci aiutare da persone che conoscono le lingue. Niente. Non esiste. In Francia esiste effettivamente una formula simile: « Concour Externe », ma abbiamo appurato che è una procedura per l’assunzione del personale precario nella pubblica amministrazione...
Non solo non esiste, come è ovvio, il reato di concorso esterno, ma non esiste nemmeno il reato di associazione mafiosa, sebbene la mafia sia presente largamente in paesi come la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna e anche la Francia. E siccome magari voi potete pensare che scrivo una cosa non esatta, allora trascrivo qui un brano di una tesi di laurea il cui relatore era nientemeno che Nando Dalla Chiesa, professore celebre e autorevole, di sicuro, e anche collaboratore del “Fatto”: « Purtroppo la situazione europea attuale ci mostra un quadro complessivo piuttosto contraddittorio: ad una accresciuta consapevolezza della natura delle organizzazioni criminali mafiose e del loro radicamento nel territorio, fanno riscontro solo casi rari di interventi legislativi e penali in materia. Non solo la fattispecie di reato di Associazione per delinquere di tipo mafioso, sul modello del 416 bis italiano, non è prevista nell’ordinamento penale di nessun altro paese europeo, ma mancano anche norme accessorie come quelle sul regime carcerario speciale, sul sequestro e la confisca dei beni, sul riciclaggio e sulle intercettazioni ambientali».
Capito? In tutti i paesi europei che non sono l’Italia lo Stato di Diritto non è stato mai modificato da leggi speciali. In Francia, addirittura ( e la tesi ne accenna), il reato associativo non esiste e basta. Nessun tipo di reato associativo.
E dunque la risposta a Travaglio è molto semplice. Resta più complicata la risposta sul perché Dell’Utri resti in galera in queste condizioni. Ma qui il discorso si fa molto più complessa e temo che bisognerebbe tenere contoi della sua situazione politica, del rapporto tra politica e una parte della magistratura, del legame di Dell’Utri con Berlusconi, del ruolo che ebbe nella fondazione di Forza Italia. Di questo, però, a nessuno va di parlare, mi pare neppure nel suo partito. E dunque, stavolta, tralascio.