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L’Europa è sotto attacco. Non lo dice l’ultimo dei complottisti, ma la presidente dell’Europarlamento in persona: «Il Parlamento europeo, cari colleghi, è sotto attacco; la democrazia europea è sotto attacco; e il nostro modo di essere società aperte, libere e democratiche è sotto attacco», ha infatti dichiarato in plenaria la presidente Roberta Metsola. E poi, sempre più esplicita: «I nemici della democrazia, per i quali l’esistenza stessa di questo Parlamento è una minaccia, non si fermeranno davanti a nulla. Questi attori maligni, legati a Paesi terzi autocratici, hanno presumibilmente armato Ong, sindacati, individui, assistenti e deputati nel tentativo di soffocare i nostri processi». Il timore di Metsola è che questa indagine possa trasformarsi una valanga che trascini via tutto, che delegittimi le istituzioni agli occhi dei cittadini europei e faccia terra bruciata di diritti conquistati con fatica e imposti con ostinazione a chiunque in questi anni ha chiesto di far parte dell’Ue. Questo non vuol dire che l'indagine del giudice Michel Claise, già dipinto come il nuovo Tonino di Pietro, sia mirata a indebolire l'Europa, né che vi siano manovratori occulti che guidino o indirizzino l’inchiesta. Nulla di tutto questo. Siamo certi però che qualcuno utilizzerà ogni singolo spazio mediatico a sua disposizione per presentare questa indagine come la tomba dell’Europa dei diritti. Del resto in Italia sappiamo bene come un'indagine per corruzione possa trasformarsi in un valanga che travolge libertà, diritti, garanzie. Lo sappiamo bene per aver vissuto 30 anni fa esatti la stagione di tangentopoli. E se oggi qualcuno pensa che ci sia bisogno di una commissione parlamentare d'inchiesta che “indaghi” sugli eventi di allora, bèh, questo succede perché nel ‘92 è accaduto che una manciata di procure colmassero i vuoti lasciati dalla politica. In nome della lotta alla corruzione, assistemmo a una evidente torsione dei diritti e delle garanzie, di cui ancora oggi portiamo i segni. E non è certo un caso che ultimamente sia stata proprio l’Europa a imporci una legge sulla “presunzione di innocenza”, anch’essa vittima collaterale della furia purificatrice della lotta alla corruzione. Certo, a volte l'Ue si è presentata col volto arcigno dell'esattore, ma non v’è dubbio che dobbiamo soprattutto a lei la tenuta del nostro Stato di diritto. E ora dobbiamo chiederci: a chi giova un'Europa debole e delegittimata? Di certo giova a tutti coloro che in questi anni hanno teorizzato la nascita di una sorta “democrazia autoritaria", a chi chiede pieni poteri e vive i diritti come ostacolo e argine al suo autoritarismo. Ed ecco che per costoro l'Europarlamento diventa una barriera da abbattere, un contropotere da delegittimare anche attraverso un'inchiesta giudiziaria. D’altra parte anche la risposta endogena e non giudiziaria alla presunta, e ancora tutta da provare, corruzione dell’Europarlamento, può generare risposte “nevrotiche” e pericolose. E anche in questo caso l’Italia ha qualcosa da insegnare. La risposta politica alla corruzione degli anni ‘90 ha infatti generato mostri dei quali ancora non riusciamo a liberarci. Dalla legge Severino, all'esasperazione dell’abuso d’ufficio, fino ad arrivare alla soppressione di fatto dell’immunità parlamentare. E la foga populista è arrivata addirittura a mettere in discussione la libertà del vincolo di mandato dei parlamentari, caposaldo della nostra costituzione. Insomma, a noi non rimane altro che sperare che chi conduce le indagini sappia che sta mettendo le mani nel cuore della nostra civiltà, nell’articolato e delicatissimo sistema dei nostri diritti. E non vorremmo che mentre tutti noi siamo ancora una volta impegnati nella caccia alla "madre di tutte le tangenti", qualcuno, sotto il nostro sguardo distratto e indifferente, lavori per “indebolire il nostro modo di essere società libere, aperte e democratiche”.