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Lella Paita, senatrice di Italia viva e capogruppo del Terzo polo a Palazzo Madama
Secondo Lella Paita, senatrice di Italia viva e capogruppo del Terzo polo a Palazzo Madama, «non è accettabile che l’unica categoria a non pagare mai siano i magistrati che sbagliano, proprio coloro che dovrebbero applicare la legge» e spiega che il terzo polo è pronto «a votare la riforma della giustizia e a sostenere Nordio». Poi si dice si dice d’accordo con la proposta di spostare i detenuti tossicodipendenti in comunità perché «il carcere acuisce il problema della tossicodipendenza e al contempo il sovraffollamento è un problema drammatico».
Senatrice Paita, sono state votate le prime mozioni sulla giustizia: su quali temi in particolare il Terzo polo metterà l’accento nel cammino dei prossimi mesi?
Sono tanti i temi per cui ci battiamo e ci batteremo: la mozione del collega Costa approvata nei giorni scorsi segna un preciso cronoprogramma. Continuo poi a pensare che sia centrale rompere il sistema di potere delle correnti all’interno della magistratura. Sia per far prevalere la meritocrazia, sia perché chi sbaglia deve pagare. Non è accettabile che l’unica categoria a non pagare mai siano i magistrati che sbagliano, proprio coloro che dovrebbero applicare la legge.
Su alcune questioni, dall’inappellabilità delle assoluzioni in primo grado all’abuso d’ufficio, sembrate più convinti di certa parte del governo: pensate di caricarvi sulla spalla questa riforma?
Noi siamo pronti a votare la riforma della giustizia e a sostenere Nordio. Il problema non siamo noi però, né il ministro. La vera domanda andrebbe fatta a Giorgia Meloni: cosa vuole essere? Un Presidente che apre una stagione nuova e garantista dopo Tangentopoli o restare barricata dietro al giustizialismo che l’ha sempre contraddistinta? Se questa riforma non si farà lei sarà l’unica responsabile. E dovrà spiegarlo al Paese e ai suoi alleati di Forza Italia. Dimostrerebbe di non avere coraggio, perché è chiaro che la riforma produrrà uno scontro forte sia all’interno del parlamento, con le forze giustizialiste, mi riferisco a Pd e M5S, sia con la magistratura stessa. Al contempo si produrrà uno scontro che ritengo essere già in corso all’interno di FdI. Perché la sinistra deve fare i conti con il giustizialismo ma questo riguarda anche la destra. Se non ci sarà la riforma della giustizia non sarà un fallimento di Nordio, ma di Giorgia Meloni.
Avete presentato delle proposte anche sul codice degli appalti, che negli anni ha vissuto un vero e proprio travaglio: qual è l’obiettivo del terzo polo e come pensate di raggiungere il risultato?
La riforma proposta da Salvini complica anziché semplificare, contraddice la legge delega e il Pnrr stesso. Le nostre proposte mirano a salvaguardare gli interessi pubblici e quelli privati, a garantire omogeneità anche rispetto all’attuazione del Pnrr. Vogliamo lavorare per semplificare le regole affinché le imprese investano e generino occupazione. Noi ci siamo ma basta discorsi a vuoto: si realizzino le opere che servono al Paese. Sfidiamo Salvini a portare cento opere in Parlamento indicando i commissari. Quelle sbloccate finora sono dovute al lavoro che abbiamo fatto con il Governo Draghi. E poi c’è il grande tema del Ponte sullo Stretto: anche lì diamo tutta la nostra disponibilità, ma anziché fare proclami metta a terra i progetti.
Al question time avete presentato un’interrogazione sul Mes che ha avuto risposta negativa, ma è stata anche l’occasione per il primo confronto Schlein- Meloni: perché non avete applaudito l’intervento della neo segretaria del Pd sul salario minimo?
Il duello di mercoledì è stato il trionfo del populismo: Schlein accusa Meloni di essere responsabile in merito al lavoro povero ma fino a pochi mesi fa il ministro del lavoro era Andrea Orlando, il suo primo sostenitore. Una bella contraddizione. Giorgia Meloni risponde poi come se non fosse lei al Governo, come se fosse ancora all’opposizione pronta a scaricare sulla sinistra i problemi del Paese. Noi veniamo dalla stagione del jobs act, degli 80 euro, di industria 4.0: non ci accontentiamo di vaghi proclami, vogliamo veder succedere le cose. Il massimalista pubblica slogan sui social, il riformista leggi in Gazzetta ufficiale. Abbiamo dato disponibilità a discutere sul salario minimo ma quello che davvero serve al Paese è abbassare le tasse sul lavoro, aumentare la produttività, favorire gli investimenti delle imprese anche attraverso la riforma della giustizia. In questo Paese c’è un non detto: un’idea dell’imprenditore come prenditore, quando invece senza imprese non ci sarebbe lavoro.
Da via Arenula è arrivata la proposta di spostare i detenuti tossicodipendenti dal carcere alle comunità: il terzo polo appoggia questo progetto?
Sono molto d’accordo: il carcere acuisce il problema della tossicodipendenza e al contempo il sovraffollamento è un problema drammatico. Il carcere deve essere un luogo di dignità e deve essere garantito per tutti il diritto alla salute.