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Quando venne pubblicato uno degli album fondamentali della ditta Mogol- Battisti, “Il mio canto libero”, correva l’anno 1972. Un tempo che sta al nostro presente lontano come un’era glaciale. Per capirci: mancava ancora un anno alla nascita del futuro leader di tutte le Leghe Matteo Salvini e, probabilmente, i genitori di Luigi Di Maio non si erano ancora incontrati per coltivare progetti coniugali in quel di Pomigliano d’Arco. Infatti il futuro capo dei pentastellati nacque solo nel 1986. Dunque di “discese ardite e di risalite” i diarchi della terza repubblica non hanno sicuramente nozione diretta. E, tuttavia, in queste settimane di slalom sulle montagne russe delle trattative per il governo, hanno praticamente scritto la sceneggiatura di quel brano - si chiamava “io vorrei, non vorrei, ma se vuoi ( sic!) - che conteneva il refrain che a qualche sessantenne provoca ancora qualche leggero friccicore: “le discese ardite e le risalite.... ” Friccicori al cuore, ma di altra e non romantica natura, infatti, questo andirivieni di contratti sottoscritti e poi rimessi in discussione, l’ha provocato eccome. Friccicori e anche qualcosa di più hanno percorso la schie- na dei mercati finanziari e degli italiani alla ricerca di qualche base sicura su cui tenere appoggiati i piedi, dopo la lettura del cosiddetto contratto di governo, altra rimarchevole innovazione della nuova stagione. Beninteso: non è che i programmi di governo nel nostro paese abbiamo mai avuto destino diverso da quello di un adempimento quasi burocratico, necessario per salvare la decenza istituzionale e destinato ad impegnare qualche dibattito nei circoli accademici, tanto poi strada facendo si vede. Ma, europeismo, immigrazione, redditi di cittadinanza a parte, basterebbe dare un occhiata al capitolo “riforme istituzionali” per avere un certo spaesamento. Non sappiamo a quale modello costituzionale i contraenti intendano fare riferimento, ma leggiamo, tuttavia, epifanie di cose alquanto incoerenti con l’essenza nostro ordinamento costituzionale, come l’abolizione del divieto di vincolo di mandato, pilastro delle democrazie parlamentari figlie dei principi della rivoluzione francese, e il referendum istitutivo. Tanto per fare un paio di citazioni en passant ( e senza considerare alcune bislacche citazioni della costituzione portoghese..). Si dice che nel giro di un week end il primo governo diarchico della repubblica italiana finalmente potrà avere il crisma previsto dal canone laico della religione costituzionale. C’è da scommetterci. Anche perché se così non fosse sarebbe il seppellimento per omnia secula seculorum del bipolarismo pop di cui i fondatori della “terza repubblica” si fanno protagonisti. In attesa del nome del designato ( perché, stringi stringi, si tratta solo di questo, come ai bei tempi andati della staffetta Craxi- De Mita, altro che clausole contrattuali..) e senza fare troppo gli schizzinosi su “ dettagli” come il plebiscito on line e on gazebo per la ratifica dell’accordo, ci prepariamo dopo tutte le discese ardite all’ultima risalita. Problemi sul nome ( per favore non si dica più “ esecutore dell’accordo”)? Non può essere un tecnico? Ma neanche un politico dell’una o dell’altra parte contraente? Nessun problema: il Capo dello Stato aveva dichiarato che in mancanza di soluzioni avrebbe provveduto lui con una indicazione. Si prenda quella indicazione e si vada a incominciare. Che è tardi e fuori fa quasi freddo. Cosa che non si addice ad un maggio italiano.