Sono state dette, e scritte, tante cose giuste e vere, a proposito del presidente Carlo Azeglio Ciampi; è vero, è stato un grande europeista (di quell'Europa, bisogna aggiungere, che non c'è, e contro la quale molti lavorano); ci mancherà, non c'è dubbio, e per tante ragioni, che in tanti hanno descritto. Un coro, un po' ovvio, un po' di maniera; e scontate anche le volgarità che non sa trattenersi dal dire qualcuno che del resto conferma d'essere quello che è. C'è però qualche ulteriore "tassello" che è utile aggiungere al ritratto di questo Presidente, non a torto definito dell'orgoglio e della consapevolezza di come questo Paese può essere grande, e a volte sa perfino esserlo.Procedo per flash, piccole "tessere" di un più vasto mosaico. Immaginate un pomeriggio di sei anni fa. Tanto per non smentirsi, Marco Pannella è impegnato nell'iniziativa che maggiormente lo "prende", quella per la "giustizia giusta", e a partire dalla condizione delle carceri. Pannella "lancia" l'ennesimo sciopero della fame e della sete, di "dialogo" con le istituzioni per l'amnistia. Si sta preparando per un'intervista televisiva. Ecco che arriva una lettera, busta e carta del Senato; la firma è quella di Ciampi. Pannella scorre veloce il messaggio, sorride compiaciuto. Cosa c'è scritto?Ecco il testo della lettera: «Caro Pannella, come ti ho anticipato nel corso della nostra conversazione, l'età mi "impone" regole severe, che non posso trasgredire. Un'obbedienza che questa volta, molto più che in altre circostanze, mi pesa.  Considerami presente, insieme con tutti quei cittadini - numerosi mi auguro - che hanno raccolto il tuo disperato appello, che con la loro presenza intendono rappresentare alle Istituzioni, ai mezzi di informazione, all'opinione pubblica la reale natura di quello che pudicamente continuiamo a chiamare "problema carcerario", ma il cui vero nome è "dramma". Il dramma che si consuma nelle nostre carceri è nel numero dei suicidi, ma lo è anche nelle condizioni in cui vivono i detenuti. I numeri che contano le "vittime" e quelli che misurano gli indici di affollamento sono dati che turbano la nostra coscienza di uomini, di cittadini di uno stato di diritto. Nelle nostre carceri viene annientata la dignità di migliaia di uomini e di donne, regredisce la civiltà di una società. Le condizioni prevalenti nelle nostre carceri sono l'ostacolo principale alla messa in opera di trattamenti di riabilitazione.  Quei luoghi offendono la nostra stessa dignità di uomini liberi, sollevando dubbi sul nostro grado di civiltà. Con questi sentimenti, rinnovo il mio incondizionato sostegno alla tua iniziativa e ti invio un cordiale saluto.  Carlo Azeglio Ciampi».La data è del 2010. Potrebbe valere per l'oggi: per quell'"oggi" che vede il Partito Radicale mobilitato per una marcia, per il 6 novembre prossimo, da Regina Coeli al Vaticano, in nome di Pannella e papa Francesco, per l'amnistia, per un carcere diverso, per la giustizia giusta.Un altro flash. Ciampi è presidente della Repubblica. Vuole concedere la grazia ad Adriano Sofri, che sta scontando una lunga pena detentiva, condannato definitivamente in relazione alla vicenda dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi. Non discutiamo qui, se condanna e processi siano giusti o meno; altra è la posta in gioco. Sofri rivendica la sua innocenza, e pazientemente sconta la condanna inflitta; non chiede grazia o speciali trattamenti. Tutto si può dire su quel caso, ma non che Sofri non l'abbia vissuto con grande dignità. Ciampi è combattuto, quella grazia vuole poterla concedere come le sue prerogative presidenziali prevedono, ma viene ostacolato in ogni modo. Gli si fa intendere che la grazia è un qualcosa che deve essere concessa di concerto con il ministro della Giustizia, all'epoca il leghista Roberto Castelli, che, tetragono, oppone il suo no, e nega la firma. Ci vuole del buono, e, in particolare, tutto il buono di cui Pannella è capace, per far capire quello che appare chiaro a prima vista: e cioè che la grazia è una facoltà presidenziale che non è sottoposta ad alcun vincolo o autorizzazione: se il presidente vuole, può; e nessuno può e deve interferire. Ci vuole del buono, e tutto il buono di cui Pannella mette in essere, sciopero della fame e della sete compresi, perché questo diritto-facoltà sia riconosciuto, dalla dottrina e dal buon senso. E' utile qui recuperare alcuni documenti dell'epoca. Cominciamo con una nota ufficiale del Quirinale: «Il presidente della Repubblica ha sempre avuto a cuore, come Marco Pannella, l'attuazione integrale del dettato costituzionale. In merito all'istituto della Grazia, il presidente Ciampi, come già pubblicamente noto, ha avviato una procedura con l'intento di proseguirla fino al chiarimento definitivo».Pannella a stretto giro di posta, corrisponde: «Continuerò nella mia azione non violenta fin quando non acquisirò la certezza che l'esercizio del potere di grazia del presidente della Repubblica sia ormai nuovamente assicurata. Al Presidente rispondo innanzitutto chiedendogli di nuovo di volermi perdonare: anch'io come tutti, non compresi la gravità di quel che a due riprese egli volle che ci fosse comunicato, cioè sul suo esser impedito a procedere nell'esercitare il potere impostogli dalla Costituzione. Inoltre lo ringrazio di cuore e per il contenuto e per l'invio di questa sua dichiarazione. Ma lo strapotere in Italia di poteri di fatto, di traditori della Costituzione in nome di una pretesa Costituzione e di pretese leggi di fatto fondate su prassi anticostituzionali, questo strapotere è mobilitato come non mai in questi giorni, per opporgli i selvaggi colpi di coda e le insidie del tempo e dei tempi. Quanto al "caso Sofri" in quanto tale continua a non riguardare la nostra e la mia lotta di radicali. Prima della grazia, infatti, esso riguarda la giustizia. Il proseguirsi della sua detenzione riguarda in primo luogo non lui, ma la giustizia stessa che, ne sono ormai sicuro gli è scandalosamente negata. Auguri e grazie, caro Presidente! ».Alla fine (ma davvero alla fine, che il mandato presidenziale di Ciampi scade), viene riconosciuto. Una "piccola" grande battaglia per l'affermazione di un diritto negato.Terzo flash. Maurizio Costanzo conduce su Canale 5 il suo "Buona domenica". Si parla, in quella puntata, di Pannella e del suo sciopero della sete, in corso da sei giorni, assieme a Roberto Giachetti. Anche questa volta di "dialogo", e per chiedere il rispetto del diritto, della "legge". Le Camere devono eleggere due giudici costituzionali di loro competenza. Piccola cosa, direte voi. Proprio no: la Corte Costituzionale ha il compito di stabilire se una legge sia o no compatibile con la Costituzione, compito prezioso e delicato; che su quindici componenti ne manchino un paio è un grave vulnus, Pannella e Giachetti chiedono che sia sanato; che il Parlamento faccia il suo lavoro, anche a costo di ricorrere alla seduta continua. Per questo la "sollecitazione" sotto forma di sciopero della fame e della sete.Sono due scheletri che camminano, Pannella e Giachetti; e Costanzo squarcia il pesante muro di silenzio che grava sulla loro iniziativa. E' in corso la trasmissione, e arriva in diretta una telefonata, il Quirinale. «Vorrei dire», sillaba Ciampi, «in relazione a quanto hanno detto ora l'onorevole Pannella e l'onorevole Giachetti che le loro preoccupazioni per il vuoto creatosi in una istituzione fondamentale, quale è per il nostro Stato la Corte Costituzionale, vengano coperti,  sono da me pienamente condivise.  E sono state da me espresse preoccupazioni più volte?».Ciampi poi si rivolge direttamente a Pannella e a Giachetti: «Voglio ricordar loro che il principio fondamentale della nostra civiltà è il rispetto per la vita, anche per la propria. E di tutto cuore rivolgo un caldo appello: caro Pannella, caro Giachetti, sospendete subito questo sciopero della sete e della fame».  Mentre Ciampi parla, la telecamera inquadra un carrello, fatto entrare da Costanzo, con sopra due bicchieri colmi d'acqua: «Approfittatene subito», esorta Ciampi. Appello che i due accolgono.