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«Condivido pienamente l’intervento del presidente della Repubblica: la magistratura sta attraversando un momento molto triste, con il rischio di una perdita irreparabile del prestigio di cui invece dovrebbe godere l’Autorità giudiziaria», afferma il professore milanese Alessio Lanzi, consigliere del Csm eletto nel 2018 su indicazione di Forza Italia, circa il duro monito di Sergio Mattarella alle toghe pronunciato giovedì scorso.
Professor Lanzi, è tutta colpa delle chat dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara? Un tormentone che alcuni giornali, come nei romanzi d’appendice, hanno deciso di pubblicare a puntate.
Quello che viene svelato e che appare sui media, un orrido spettacolo, è il picco più appariscente di una grande crisi di sistema che coinvolge l’ordine giudiziario.
Da dove iniziamo?
La magistratura è un potere dello Stato che è uscito, per una serie di motivi che qui non possono essere esaminati, dal proprio perimetro costituzionale, e che con una reiterata attività di supplenza e di interventi oltre i propri limiti si è reso un soggetto politico, attribuendosi prerogative che non gli possono essere concesse.
Ad esempio?
Le anomalie sono numerose.
Possiamo elencarne qualcuna?
Probabilmente, la principale è lo strapotere delle Procure, che condiziona la politica, detta l’agenda della gestione della cosa pubblica, comporta intrighi e manovre per assicurarsene il controllo. In Csm quando si tratta di nominare un procuratore ci sono quasi sempre tensioni. Qualche volta la componente laica cerca di porvi rimedio.
Credo che nessuno oggi possa più avere alcun dubbio sul fatto che il procuratore della Repubblica sia una figura molto potente...
Oltre tutti gli orpelli che si vorranno trovare con le riforme, il punto centrale rimane l’indispensabile separazione delle carriere tra giudice e pm.
Detto da lei ha un peso non indifferente...
Si, è aggiungo anche che è necessario creare un Csm ad hoc per i pm, nominato anche a seguito di sorteggio, come dovrebbe essere per quello attuale.
Sul fronte dei giudici, invece?
Anche la categoria dei giudici non sempre è immune da anomalie, specie quando si vuole sostituire al legislatore, lo esautora, superando volutamente la lettera della legge e agendo quale giudice di scopo. In altre parole rendendosi un soggetto politico, travalicando la regola imposta dall’articolo 101 secondo comma della Costituzione.
Se per il potere dei procuratori dobbiamo “ringraziare” la riforma Castelli che ha gerarchizzato le Procure, per quanto concerne i giudici di chi è la “colpa”?
Il ruolo che il potere giudicante è riuscito a farsi assegnare da un pavido e miope legislatore, specie con l’introduzione della nomofilachia - istituto di per sé accettabile, ma dalle conseguenze devastanti se calato nel contesto del nostro sistema confuso -, ha determinato il compito essenziale, per ogni equilibrio di rilievo costituzionale, della Corte di Cassazione.
Si torna allora all’appello di Mattarela: “Il cittadino ha diritto a poter contare sulla certezza del diritto e sulla sua prevedibilità”.
Non si può non osservare con apprensione, a tal proposito, la deriva che sta prendendo la nostra giurisprudenza. Precedenti che sviliscono la chiara lettera della legge, che integrano a loro piacimento il precetto penale e la sua rilevanza. Non è un caso che addirittura gli incidenti di costituzionalità investano non solo e non tanto la disposizione di legge ma l’interpretazione che ne danno e l’applicazione che ne fanno i giudici.
Si parla di “diritto vivente”.
Diritto vivente è un termine ricorrente da parte di magistrati, giustamente stimati ed apprezzati, che tiene conto di un imprecisato e impalpabile “sentimento di giustizia” in alcun modo regolamentato.
Possibili rimedi?
Credo sia giunto il momento che la società civile tecnica intervenga seriamente nell’amministrazione della giustizia di legittimità, concreta e attuale. Vi sono ottimi magistrati i quali sono anche valenti giuristi e non devono però essere lasciati soli in questo ruolo che, realisticamente, allo stato loro compete.
Cosa può fare il Csm?
Mi auguro che il Csm, che deve gestire ma non deve rappresentare la magistratura, intervenga con un segnale forte e concreto nel cercare soluzioni in grado di superare l’attuale critico momento. Credo sia interesse di tutti.
Come dovrebbe esplicitarsi questo cambio di rotta?
Su due piani: una fase di novità e di progresso, per coloro che si definiscono progressisti; per altri la valorizzazione dell’indipedenza altrui per consentire la compiuta attuazione della propria. Scopo ultimo deve essere la ricerca di una giustizia liberale e democratica per coloro che credono in tali valori.
Gli accessi in Cassazione?
Il tema degli accessi in Cassazione è importantissimo. Urge valorizzare il contributo, voluto dalla Costituzione ( articolo 106 terzo comma), di avvocati e accademici di spessore ( i cosiddetti meriti insigni). Tale categoria è stata fino ad oggi poco considerata e probabilmente svilita da accessi anche modesti che si sono verificati.
Un cambiamento nei fatti e non solo a parole?
Sì.