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I record sono fatti per essere battuti. Nello sport, ogni nuovo record segna un piccolo- grande progresso. Al contrario, nella decretazione d’urgenza, ogni nuovo record, in genere, segna un piccolo- grande regresso. Nello sport ci sono record longevi e altri effimeri. Il record di Pietro Mennea sui 200 metri piani ( 19 secondi e 72 centesimi il 12 settembre 1979) ha resistito fino al 1996, quando Michael Johnson fermò il cronometro a 19 secondi e 66 centesimi: ci sono voluti quasi 17 anni per limare 6 centesimi e il nuovo record ha resistito per 12 anni. Il tempo di Mennea è tuttora il record europeo, a 41 anni di distanza. Nella decretazione ( prendo i dati – per lo più – dall’Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati), le dimensioni del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112 ( Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) sono rimaste ineguagliate per quasi 12 anni. La sua mole di 85 articoli e 491 commi ( cui vanno aggiunti alcuni corposi allegati) è lievitata in fase di conversione fino a raggiungere 95 articoli e 718 commi. Il Governo Monti si presenta col decreto- legge n. 201/ 2011, di “appena” 50 articoli ma di ben 418 commi, diventati 58 e 514 dopo la conversione. Il Governo Letta, con il decreto- legge 21 giugno 2013, n. 69 ( Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), l’ha battuto in termini di articoli ( 86) ma non è andato oltre i 302 commi: all’esito della conversione, il decreto- legge, con le modifiche introdotte in Parlamento, ha raggiunto i 122 articoli e “appena” 471 commi ( 20 di meno del testo originario del decreto- legge n. 112 del 2008). In questi ultimi mesi, l’epidemia è stata virale anche nella normazione: il decreto- legge 17 marzo 2020, n. 18 ( Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID- 19) è nato con 127 articoli e ha sfondato il muro dei 500 commi ( arrivando a 507); con le modifiche apportate dal Parlamento, gli articoli sono diventati 171 e i commi 734. Il record di 718 commi è stato battuto, dopo 12 anni. Il supplemento ordinario alla “Gazzetta ufficiale” del 29 aprile, in cui sono pubblicati la legge di conversione e il testo coordinato del decreto- legge n. 18 con le modifiche apportate in Parlamento, è un volume di 120 pagine, dalla trama contorta e di improba lettura, sia per la varietà degli argomenti, sia per lo stile di scrittura. Un testo così ampio in temi e in commi ( talora di articolata struttura) è pressoché inconoscibile e ingestibile anche dagli stessi autori, coristi senza direttore: ognuno conosce la tessera del puzzle che ha inserito; qualcuno ha una generale cognizione delle immagini rappresentate nel puzzle; nessuno, temo, è in grado di acquisirne completa conoscenza; dubito che qualcuno l’abbia letto nella sua interezza ( salvo che nei servizi preposti alla redazione dei testi normativi della Camera e del Senato, dove il testo arriva già confezionato e vigente). E così le tessere vengono inserite senza troppa attenzione all’incastro. Ne risultano immagini difficili da decifrare, scomposte e disorganiche. È inimmaginabile condurre un qualsiasi abbozzo di analisi di impatto: troppe le misure previste, spesso troppo indeterminate. È inimmaginabile che il cittadino, il medico, l’infermiere e l’imprenditore che cercano risposte ai loro mille affanni possano trovare da soli risposta in queste 120 pagine scritte in linguaggio iniziatico, con catene infinite di richiami normativi: per ogni tessera o gruppo di tessere del puzzle occorre un interprete, magari una circolare esplicativa, la cui aderenza al dato legislativo non sempre è semplice cogliere. È inimmaginabile, infine, che un testo del genere possa essere gestito durante l’esame parlamentare e quindi si producono due effetti, tra loro connessi. Primo effetto: i tempi del Parlamento si comprimono anche rispetto ai 60 giorni previsti dalla Carta costituzionale per la conversione: il decreto- legge n. 112 del 2008 è stato convertito in una quarantina di giorni, con tre letture parlamentari; il decreto n. 201 del 2011 in soli 17 giorni ( nell’epoca dello spread impazzito); il decreto n. 69 del 2013 in meno di 50 giorni ( sempre tre letture); il decreto n. 18 del 2020 in 37 giorni ( due letture). Secondo effetto: la posizione della questione di fiducia su un testo troppo articolato per ottenere senza forzature il pieno, compatto consenso delle maggioranze governative. Costituisce una parziale eccezione il decreto- legge n. 69, sul quale la fiducia è stata posta soltanto in prima lettura alla Camera. Il fresco record, al contrario del precedente, è stato frantumato in meno di due mesi da un nuovo decreto- legge, battezzato prima “aprile”, poi “maggio” e infine “rilancio”. È stato un parto dei più travagliati, per la ingestibile mole del pargolo e l’eterogeneità dei temi trattati, oggetto di serrati negoziati endogovernativi, in parte risolti anche alla luce delle reazioni rispetto ad anticipazioni diffuse ad arte. Il nuovo decreto nasce con 266 articoli e sfonda il numero dei 1000 commi, doppiando l’effimero record del decreto- legge n. 18: i commi sono 1049, cui si aggiungono 7 allegati ( di cui 2 chiamati “allegato 1” ma con riferimento ad articoli diversi: forse, arrivati all’articolo 120, ci si era dimenticati che già l’articolo 1 richiamava un allegato 1). A questa massa di disposizioni sono legate, in buona parte, le speranze di rilancio di noi italiani, sempre che troviamo quella di nostro interesse.