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Gran parte di questo giornale oggi è dedicata al rapporto politica- media e a come i social (ma anche la tv) possano influenzare, al punto di condizionarle, le scelte dei cittadini. Anche e soprattutto in politica. Una scelta “post- pasquale” del Dubbio, voluta e ponderata, con l’occhio rivolto alla tutela di alcuni diritti fondamentali dei cittadini. Perché il vero problema delle democrazie sta qui. Può apparire azzardato trovare un filo che lega l’elezione a presidente dell’Ucraina di un attore che ha interpretato quel medesimo ruolo in una serie tv, e la foto col mitra del ministro dell’Interno postata sui social da Luca Morisi, “amplificatore” digitale dei messaggi e della figura politica di Matteo Salvini. Azzardato, ma affatto inverosimile. Infatti l ’ elemento vero - e il più inquietante su cui riflettere non risiede nella richiesta di dimissioni di Morisi o, peggio, nel demonizzare le serie tv: se non altro perché l’Italia ha già avuto a che fare con l’uso dei media televisivi che diventa viatico per il grande successo politico.
Piuttosto il nodo sta nell’ormai avvenuta cancellazione del confine tra realtà e finzione, tra messaggio politico con contenuto proprio e la trasfigurazione tecnologica del significato che arriva agli elettori. Quanto Volodymyr Zelensky esulta dicendo «tutto è possibile», esprime lo stesso concetto della foto di vicepremier italiano, dove è ritenuto potabile mostrare un’arma da combattimento come rassicurazione della “tenuta” di una forza politica contro gli attacchi degli avversari. E’ lo stesso, perverso, meccanismo che consente di trascendere dalle nude e crude cifre del bilancio pubblico per tranquillizzare gli italiani sul fatto che vedranno le tasse abbassate e contemporaneamente l’Iva sterilizzata. Oppure il reddito di cittadinanza assicurato e i conti dello Stato riequilibrati. O le grandi opere bloccate e la crescita garantita. O mezzo milione di nuovi pensionati e il raddoppio ( o la triplicazione?) dei posti di lavoro lasciati vacanti. Ovviamente l’iconografia in politica ha un preciso ruolo e basta ricordare i manifesti del 1948 sui “forchettoni” o i cosacchi in piazza San Pietro per capirlo. Ma confondere finzione e realtà, scambiare la propaganda con la concretezza e viceversa, è un sentiero horror. Una tela spezzata senza filo per ricucire.