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La cosa più giusta l’ha detta il procuratore di Milano, Francesco Greco: «Stiamo facendo accertamenti per capire se ci siano reati o meno». Il riferimento è alla vicenda dei presunti fondi russi alla Lega sulla quale peraltro la Procura indaga da mesi sulla base di inchieste dell’Espresso. Non può che essere così perché il garantismo - che mai va confuso con l’innocentismo forzato - vale sempre e comunque e riguarda tutti, dai ministri ai semplici cittadini.
Ma sarebbe cervellotico non vedere che la questione ha un risvolto politico enorme. Perché mette nel mirino e costringe alla difensiva il leader politico più importante e potente d’Italia, nonché capo del partito- guida dello schieramento sovranista europeo. Non c’è nulla di sorprendente. Al contrario è uno dei teoremi più solidi della politica: più si cresce in consenso e capacità di manovra, più proliferano gli avversari pronti a usare tutte le occasioni possibili per sgretolare il Moloch dell’egemonia.
Basta dare un’occhiata agli ultimi sondaggi che pongono la Lega sul versante del 37,7 per cento, con il Pd distanziato di 14 punti e l’M5S lontanissimo al 17,2, per capire quanto l’esercito degli avversari di Salvini si ingrossi e giochi con qualunque sponda per depotenziarne il dominio.
Tutto già visto, dunque. Ed è proprio questo il punto. Ci sono state stagioni in cui l’insorgere di una leadership in apparenza fortissima e dotata di grande appoggio popolare ha scatenato reazioni parossistiche e la voglia di usare anche l’arma giudiziaria pur di abbattere non più l’avversario che in politica ci sta - bensì il Nemico diventato vessillifero di una assoluta negatività. Alcune di quelle iniziative giudiziarie sono state suffragate da riscontri oggettivi con annesse condanne, e altre no. Ma non sono servite a scalfire neppure un pò il potere del demiurgo del momento: al contrario talvolta l’hanno paradossalmente rafforzato, lasciandolo sulla breccia per decenni.
La lezione è semplice: è la politica e nient’altro che può ( e deve) prefigurare l’ascesa e il tramonto dell’influenza di un personaggio. Vale costruendo una “narrazione” opposta e convincente sull’immigrazione e sulla sicurezza. Vale gareggiando sulle autonomie e sul fisco con proposte e iniziative in grado di strappare consensi al Carroccio. Chi non ama Salvini sbaglierebbe vagheggiando di strumentalizzare vicende “altre” per azzopparlo. Col rischio, appunto, di ottenere l’effetto opposto.