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Carlo Cottarelli è un uomo prudente. Per mesi ha evidenziato le difficoltà della maggioranza alle prese con una legge di bilancio difficilissimo senza mai affermare che passare indenni quelle rapide fosse impossibile.
Dopo i dati Istat che due giorni fa hanno certificato la crescita zero dell'economia italiana si è sbottonato: «Non ce la possono fare».
Governo fermo Sul fronte politico la situazione dovrebbe portare alla medesima conclusione. I fatti parlano da soli. La riforma della giustizia è ferma. Dieci ore di braccio di ferro sono serviti solo a lasciare il guardasigilli Bonafede visibilmente molto provato. Ma la resistenza della Lega, che ha affidato il compito di trattare alla coriacea e certamente preparata, Giulia Bongiorno, ministra e avvocatessa, è ferrea.
Autonomie La riforma delle autonomie è ferma. Il contenzioso non riguarda punti periferici ma il cuore stesso dell'autonomia differenziata, la destinazione dell'extragettito prodotto dalle regioni autonome.
Per Tria e i 5S deve essere devoluto a un Fondo di perequazione da adoperarsi per sanare i dislivelli delle regioni maggiormente in difficoltà. Per i governatori della Lombardia e del Veneto, per la ministra degli Affari regionali Stefàni e per la Lega deve restare nei territori che lo hanno prodotto.
Flat tax e salario minimo Muro contro muro e probabilità di raggiungere almeno una pre- intesa prima della pausa estiva vicine allo zero. a trattativa sulla legge di bilancio è ferma. Di Maio formalmente non boccia la Flat Tax, «purché la Lega trovi 30 mld». Un miraggio. Il salario minimo, cavallo di battaglia pentastellato, sembra uscito dall'agenda e il semaforo verde leghista sulla riduzione del cuneo fiscale senza un passo dei soci a favore della Flat Tax è fuori discussione.
Il ricorso al voto di fiducia La maggioranza non è ferma ma inesistente. Martedì prossimo, al Senato, la fiducia sul dl Sicurezza bis passerà certamente ma quasi sicuramente grazie alle assenze e non alle presenze. Dopo la riforma costituzionale passata solo grazie all'appoggio d FdI, il governo resterà in piedi in virtù della benevolenza della stessa FdI e di Fi. La maggioranza, al Senato, è già, di fatto, a geometria variabile.
Ma il governo non cadrà a breve A lume di logica un governo e una maggioranza ridotti in simili condizioni non dovrebbero essere in grado di procedere. Salvo incidenti alla fine di agosto, non impossibili, si trascineranno invece sino ai primi mesi del prossimo anno. Lo snodo è proprio la legge di bilancio.
Aprire una crisi con quell'appuntamento in sospeso vorrebbe dire esporsi alla nascita di un governo tecnico ' di salvezza nazionale', probabilmente presieduto dallo stesso tecnico. Per entrambi i soci della maggioranza sarebbe la certificazione di un fallimento.
Lo spauracchio della finanziaria Se anche la Lega riuscisse a evitare quell'esito imponendo elezioni orma quasi impossibili entro il 2019, Salvini si troverebbe poi a dover gestire in veste di timoniere, cioè di premier, quel difficilissimo passaggio. Si può capire che preferisca evitare di affrontare una prova che potrebbe rivelarsi facilmente esiziale.
La legge di bilancio più difficile e più costosa dai tempi del governo Amato nel 1992, uno scherzetto che probabilmente supererà i 40 mld con tanto di spettro di aumento dell'Iva incombente, è in realtà il cemento che impedisce alla maggioranza di ammettere la propria avvenuta dissoluzione.
In un certo senso, questo è ormai un governo, se non ' balenare', almeno ' ponte': deve traghettare il Paese oltre il gorgo della prossima manovra in modo che le forze politiche, soprattutto la Lega possano poi decidersi ad affrontare la crisi senza rischi di governo tecnico e le elezioni senza dover poi affrontare immediatamente una situazione di difficoltà massima.
Governo inadeguato Il problema è che questo è il governo meno adeguato che si possa immaginare per affrontare quella tempesta. Non solo è un governo politico e non tecnico, quindi esposto alla necessità di non perdere consensi, ma è anche un governo ostaggio della retorica di entrambe le sue anime, che non permette né all'una né all'altra ' ritirate strategiche' momentanee.
Infine è un governo in cui la divisione ha raggiunto livelli tali, anche in termini di livore e rancore personali, da rendere proibitivo il compito di allestire una tattica comune per affrontare il passaggio critico.
La crisi prima dell'estate dovrebbe a questo punto dirsi evitata. Se sia un bene o se la tregua ponga le basi per una tempesta anche più pericolosa subito dopo lapausa lo sapremo sin troppo presto.