Dopo la morte di Yahya Sinwar, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha voluto subito precisare che l’uccisione del leader di Hamas, non modifica minimamente i piani sulla Striscia di Gaza: «La guerra non è finita e Hamas non governerà mai più a Gaza».

Sarà davvero così? Lo abbiamo chiesto a Marco Di Liddo, direttore del Cesi (Centro studi internazionali). «Israele – spiega Di Liddo - è pronto ad affrontare nuove situazioni. Inconsciamente sa che qualcosa dopo Hamas tornerà e ciò avverrà con una forza altrettanto pesante, con un odio altrettanto profondo. Questo non è però un problema che Israele si pone adesso, perché dal 7 ottobre 2023 in poi non c’è più spazio per alcun tipo di compromesso».

Direttore di Liddo, Netanyahu dopo l’uccisione di Yahya Sinwar ha detto che Hamas non detterà più legge a Gaza. Quale futuro si può prevedere per la Striscia di Gaza?

Credo che la considerazione di Benjamin Netanyahu sia prematura, perché ci sarà sempre qualcuno pronto a prendere il posto del capo che viene eliminato. È troppo presto dire che Hamas è stata neutralizzata e che non detterà più legge. Va aggiunto, però, che quanto dichiarato dal premier israeliano va contestualizzato all’interno della propaganda politica tipica di un clima di guerra. Il ripristino del controllo sulla Striscia richiede ancora tempo e, soprattutto, latitano le soluzioni politiche. Per questo motivo il futuro per i palestinesi a Gaza io lo vedo ancora molto duro e molto cupo.

L’ala oltranzista del governo di Netanyahu suggerisce con insistenza il ritorno alla colonizzazione. È una prospettiva politica per Israele?

È una prospettiva concreta perché alcune idee non provengono solo dalla parte più oltranzista del governo. Si tratta di un modo di pensare che riguarda una parte dell’elettorato e della società civile che vogliono tornare a colonizzare la Striscia di Gaza e che vogliono prendere il controllo di parte dei territori sulla Striscia. Questa, dunque, è una ipotesi che non va scartata e sarà un tema che emergerà in futuro.

In merito alle operazioni militari, Netanyahu ha detto anche che sulla Striscia di Gaza la guerra andrà avanti. Non lo ferma più nessuno?

Proprio così, nessuno è più in grado di fermare il premier israeliano Gli unici che possono fermare Benjamin Netanyahu sono gli americani, ma al di là di qualche reprimenda non si possono impegnare più di tanto perché sono alle prese con la campagna elettorale. Gli Stati Uniti non conoscono l’impatto che potrebbe avere una decisione troppo netta nei confronti di Israele in questo momento. Quindi, nel dubbio, continuano a sostenere militarmente Israele. D’altronde, non hanno alternative nellaregione.

Gaza verrà bombardata fino a quando non verranno rilasciati gli ultimi ostaggi a questo punto?

Credo di sì. Gaza verrà colpita fino al rilascio di tutti gli ostaggi, ma, secondo me, anche dopo. La questione degli ostaggi è importante. Vorrei aggiungere che è altrettanto importante l’obiettivo di neutralizzare Hamas. A tal riguardo Israele si fermerà soltanto quando ci sarà la certezza che l’ultimo miliziano di Hamas è stato neutralizzato o quando Hamas non rappresenterà più una minaccia.

L’odio viscerale tra israeliani e palestinesi non si arresterà con la fine delle operazioni militari? Il metodo adottato da Tel Aviv non guarda al futuro e alle prossime generazioni?

Il ragionamento che fa Israele non si basa pensando alle giovani generazioni di palestinesi, che vivono nelle privazioni e nella rabbia, o a quelle che verranno. Israele è pronto ad affrontare nuove situazioni, inconsciamente sa che qualcosa dopo Hamas tornerà, e tornerà con una forza altrettanto pesante, con un odio altrettanto profondo. Questo non è però un problema che Israele si pone adesso, perché dal 7 ottobre 2023 in poi non c’è più spazio per alcun tipo di compromesso.

Gaza è stata quasi ridotta ad un cumulo di macerie e le operazioni militari si sono spostate in Libano con bombardamenti incessanti. Qualcuno ha osservato che la Striscia di Gaza e il “Paese dei cedri” sono facili da sottomettere, mentre Israele sta tentennando con l’Iran. Cosa ne pensa?

Israele non sta tentennando. È importante precisare che stiamo parlando di due teatri operativi diversi. Il sud del Libano e la Striscia di Gaza sono due pezzi di terra, mi consenta l’espressione, piccoli, dove il nemico non è convenzionale, non è uno Stato, con tutti gli impatti politici e operativi che ne conseguono. L'Iran è, invece, un Paese gigantesco con un sistema di difesa articolato. Qualsiasi iniziativa militare contro l’Iran va ponderata e calcolata in maniera equilibrata e precisa. Colpire gli obiettivi, a prescindere dalla loro importanza o grandezza, non è qualcosa che si programma o avviene in un giorno, ha bisogno di una campagna più lunga. La decisione di Israele di colpire l’Iran è stata comunque presa anche se non sappiamo ancora i dettagli sul “quando” e sul “come”. L'unica cosa che sappiamo è che l’operazione militare non si esaurirà in poche ore.