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La vice presidente dell'Anm Alessandra Maddalena dice no al referendum perché «nella maggior parte degli ordinamenti giuridici democratici è esclusa la responsabilità civile diretta dei magistrati». È d'accordo con il quesito referendario sulla responsabilità civile dei magistrati? Il quesito non mi trova affatto d’accordo. La disciplina della responsabilità civile dei magistrati è stata modificata solo pochi anni fa, in senso molto più rigoroso rispetto al passato. Gli effetti della nuova legge vanno certamente monitorati ma l’istituto non può essere trasformato in uno strumento di indebita pressione o di rivalsa per provvedimenti non graditi, con il rischio di produrre un abbassamento del controllo di legalità. Per i magistrati esiste una responsabilità diretta penale, disciplinare e contabile. Quella civile, se modificata nel senso voluto dai proponenti, renderebbe il processo civile e penale un “campo di battaglia”, che vedrebbe coinvolto anche il giudice, facendogli perdere terzietà. In quest’ottica, il principio è stato affermato anche dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nella raccomandazione n. 12 del 2010, in cui si legge che “soltanto lo Stato, ove abbia dovuto concedere una riparazione, possa chiedere l’accertamento di una responsabilità civile del giudice attraverso un’azione dinanzi a un Tribunale”. I proponenti sostengono che contrariamente a quanto previsto dall'art. 28 della Costituzione per i magistrati vige un regime di responsabilità esclusivamente indiretta, tranne che il caso di responsabilità da reato. Cosa ne pensa di questa obiezione? Non c’è dubbio che l’art. 28 della Costituzione riguardi anche i magistrati ma il principio di responsabilità del magistrato deve necessariamente coniugarsi con quello della sua indipendenza e ciò impone implicitamente la presenza del filtro rappresentato dall’azione contro lo Stato. Del resto, nella maggior parte degli ordinamenti giuridici democratici è esclusa la responsabilità civile diretta dei magistrati. Negli ordinamenti di common law il giudice gode di immunità assoluta. In Francia, Belgio, Germania e Svizzera vigono forme di responsabilità indiretta, con limitata possibilità di rivalsa dello Stato. In Spagna la responsabilità dello Stato concorre invece con quella civile diretta del magistrato, ma è comunque previsto il filtro di un apposito tribunale per verificare la sussistenza dei presupposti soggettivi del dolo o della colpa grave. La ragione della disciplina vigente in Italia è stata chiaramente ricordata dai giudici costituzionali nella sentenza n. 164 del 2017, evidenziando come l’esigenza di bilanciare il diritto del soggetto ingiustamente danneggiato da un provvedimento giudiziario ad ottenere il ristoro del pregiudizio subìto, con la tutela delle funzioni giudiziarie da possibili condizionamenti, sia stata salvaguardata dalla legge di riforma n. 18 del 2015 - che ha eliminato la valutazione di ammissibilità della domanda risarcitoria – tra l’altro, proprio attraverso il mantenimento del divieto dell’azione diretta contro il magistrato. La giurisprudenza comunitaria, poi, non si è mai pronunciata in senso contrario al principio di responsabilità indiretta. Nella sentenza Kobler del 2003, richiamata da pronunce successive, si è anzi precisato che il riconoscimento della responsabilità dello Stato per decisioni giurisdizionali incompatibili con il diritto comunitario non comporta rischi per l'indipendenza degli organi giurisdizionali proprio perché non investe la responsabilità personale del magistrato, ma soltanto quella dello Stato. Mi perdoni per questi riferimenti tecnici, ma le ragioni connesse alla vigente disciplina non sono frutto di un ingiustificato privilegio e questo va spiegato ai cittadini in modo serio. Ritiene che questo quesito sia, insieme all'intero pacchetto referendario, uno strumento da utilizzare contro la magistratura e per ostacolare le riforme in Parlamento? Non immagino che questa proposta possa essere uno strumento per “regolare i conti” col potere giudiziario o per ostacolare le riforme in Parlamento. È un tema che ritorna periodicamente ed è comprensibile in un momento come questo, in cui il rapporto di fiducia tra magistratura e collettività si è fortemente incrinato per i recenti scandali. Noi siamo i primi ad avvertire l’esigenza di ripristinare questo rapporto di fiducia, con adeguate riforme in Parlamento ma anche con un forte recupero della tensione etica, senza dimenticare, però, che la maggior parte dei magistrati è quotidianamente impegnata con serietà e diligenza nel proprio lavoro, pur fra mille difficoltà, carenza di mezzi e di strutture. Diversi studiosi del diritto, una parte dell'avvocatura e alcune forze politiche ritengono che la magistratura sia poco responsabilizzata e quindi sono favorevoli al quesito ma anche a valutazioni di professionalità più rigorose e di merito. Come replica? Sono convinta che la tutela del cittadino – senza puntare a forme di responsabilità civile diretta del magistrato, che comunque produrrebbero l’effetto opposto a quello sperato - debba essere orientata proprio al rafforzamento di aspetti come la serietà nelle valutazioni di professionalità e la continua formazione dei magistrati, non solo tecnica ma anche professionale e culturale.