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La parola guerra fa paura. Serpeggia tra le cancellerie di tutta Europa, in Medio Oriente e, naturalmente, negli Stati Uniti. Dopo l’uccisione a Bagdad del generale iraniano Qassem Soleimani, sono in tanti a temere che la situazione possa precipitare in maniera irrimediabile. Abbiamo parlato della crisi Stati Uniti- Iran con Giulio Terzi, già ministro degli Esteri del governo Monti ed ex ambasciatore d’Italia a Washington e Tel Aviv.
Da qualche anno Terzi è presidente del Global Committee for the Rule of Law, organizzazione internazionale che si batte per l’affermazione dello stato di diritto e dei diritti umani. Il nostro colloquio con l’ex ministro degli Esteri inizia con due domande provocatorie, ma non troppo. Se un drone iraniano avesse distrutto l'auto sulla quale viaggiava un generale dei marines, avremmo parlato di atto terroristico? Perché l'eliminazione di Soleimani è un atto legittimo?
«Soleimani – afferma Terzi – si è reso protagonista negli ultimi anni di crimini indicibili non solo in Iran. Era un soggetto considerato da più Stati un criminale per le atrocità commesse, oltre che in patria, in Siria e Yemen. Cosa che, ritornando alle sue domande, non si può affermare per gli ufficiali e alti ufficiali statunitensi. L’eliminazione di Soleimani e del suo vice, Abu Mahdi al- Mohandes, ha superato per importanza l’uccisione di Osama Bin Laden e Al- Baghdadi. È stato colpito uno dei principali rappresentanti del regime iraniano, che incarna una potenza ben più che regionale. Con la creazione del Corpo delle guardie della rivoluzione ( Irgc) l’Ayatollah Khameini non solo ha messo a disposizione del proprio sistema di potere una sorta di moderna Gestapo, ma ha ottenuto un vasto controllo sulle risorse e l’economia del Paese. Soleimani ne aveva preso le redini potenziandone rapidamente le capacità di colpire attraverso il terrorismo, il sostegno a milizie “proxy” all’estero, la repressione nel sangue di ogni opposizione interna».
Il generale Soleimani è stato il protagonista di un progetto chiaro: ampliare l’influenza internazionale dell’Iran con l’ausilio di una forza militare e paramilitare ( si pensi ai basiji) poderosa, schierata pure all’estero. Il tutto affiancato da grandi disponibilità finanziarie, che hanno fatto le fortune politiche dei vertici del regime. «Il raid di Bagdad – prosegue Giulio Terzi - ha provocato reazioni contrastanti. Non sono mancate manifestazioni di esultanza nei Paesi sotto la diretta influenza iraniana, vale a dire Siria, Libano e Iraq.
Ma non sono neppure mancate fibrillazioni dall’altra parte del mondo, in Venezuela, dove troviamo una folta comunità sciita. Proprio in Venezuela l’ex vice di Maduro, Tareck El Aissami di origini siriano- libanesi, ha rappresentato un punto di contatto molto importante tra Caracas e Teheran. Due capitali in affari solo apparentemente legali. Ciò a riprova dell’influenza internazionale che l’Iran ha esercitato ed esercita». L’ex ministro è preoccupato degli esiti derivanti dall’uccisione di Soleimani.
Al tempo stesso, però, è cauto in merito alle reazioni a catena che potrebbero interessare potenze vicine all’Iran, a partire dalla Russia. «L’attacco americano di Bagdad – commenta Terzi– potrebbe essere avvenuto con il beneplacito di Putin o perlomeno senza che lo stesso Putin si mettesse di traverso. Dobbiamo entrare nell’ottica che siamo passati dalla “pace fredda” degli ultimi anni alla “conflittualità dichiarata”, che viene professata da Stati con forte matrice illiberale. È loro interesse alimentare l’instabilità internazionale. La sistematica eliminazione di punti di arrivo è per alcuni Stati un metodo perseguito in continuazione. Alcune potenze economiche e militari puntano sull’instabilità. Di qui le numerose crisi internazionali aperte».
Un’ultima riflessione l’ambasciatore Terzi la dedica alla politica estera italiana.
«Occorre avere - evidenzia - una visione di politica estera pro- attiva attenta e sensibile ai valori fondanti della Costituzione e dei Trattati Europei. Soprattutto per quanto riguarda il rispetto e la tutela dei diritti umani, della libertà, della dignità umana, dello Stato di diritto, della prevenzione e sanzione dei crimini di guerra e contro l’umanità. L’Italia deve avere una visione della sicurezza internazionale basata sulla legalità e sull’affermazione dell’interesse europeo e atlantico».