Gli onori riservati a Vladimir Putin, accolto in Mongolia con il tappeto rosso, fanno riflettere per due motivi. Il primo: la Mongolia riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale. Il secondo motivo: Putin è stato riconosciuto dall’Aia un criminale di guerra. «Essere destinatari di un mandato di arresto emesso dalla Cpi – dice al Dubbio Silvana Arbia, già Prosecutor del Tribunale penale internazionale per il Ruanda -, alla quale sono tenuti a cooperare 124 Stati del globo, crea una condizione di estrema difficoltà politica, limita le relazioni internazionali che leader di Stati influenti e potenti devono mantenere e sviluppare, ne mina l’autorità e, in definitiva, colpisce al cuore, di fatto, la legittimazione a rimanere in carica».

Dottoressa Arbia, la Mongolia ha aderito alla Corte penale internazionale e Putin è in visita in quel Paese. Teoricamente, cosa rischia il capo del Cremlino?

La Mongolia è uno Stato parte, in quanto ha firmato lo Statuto di Roma, del Trattato costitutivo della Corte penale internazionale, ratificandolo con strumento depositato l’11 aprile 2002. Tale qualifica implica l’obbligo di osservare le disposizioni della Parte IX dello Statuto, che attiene alla necessaria cooperazione degli Stati con la Corte per il corretto, effettivo ed efficiente svolgimento delle funzioni della Corte medesima, con particolare importanza per quanto attiene alla esecuzione dell’arresto e della consegna delle persone contro le quali pendono le relative richieste. Non vi è alcuna possibilità perle autorità nazionali di considerare il merito delle richieste della Cpi, non trattandosi di estradizione. L’apprensione degli imputati è essenziale anche perché non è consentito lo svolgimento delle procedure innanzi alla Cpi, nelle fasi di pre-trial e di trial, in assenza dell’imputato.

Nel caso in cui la Mongolia non dovesse provvedere all’arresto, pur riconoscendo la giurisdizione della Cpi, quali conseguenze potrebbero esserci per questo Stato?

Come per ogni Stato parte che non ottemperi agli obblighi di cooperazione, qualora la Mongolia non dovesse eseguire l’arresto e la consegna di Putin, se presente nel suo territorio, in base a quanto disposto nell’articolo 87, paragrafo 5 b) dello Statuto di Roma, la Corte può prenderne atto e rimettere la questione all’Assemblea degli Stati parte. Spetta all’Assemblea, come stabilito nell’articolo 112 dello Statuto di Roma, di considerare questioni di non cooperazione che costituiscono vere e proprie violazioni di obblighi internazionali di fonte pattizia. L’Assemblea degli Stati parte, Asp, è stata da tempo investita della grave questione della non cooperazione, tema costante nelle discussioni in seno al Bureau e nelle sessioni plenarie dell’Assemblea. Se ne discusse particolarmente a Kampala nel 2010, in occasione della prima Conferenza di revisione dello Statuto di Roma, essendo già allora lunga la lista di casi di non cooperazione, illustrati nel rapporto presentato dalla Corte, ma non fu presa alcuna decisione su possibili azioni. L’Asp si limitò a emanare una dichiarazione in cui si confermava l’essenziale necessità di garantire alla Corte penale internazionale la cooperazione, tale da consentirle il corretto ed efficace svolgimento delle sue funzioni e, indefinitiva, di assolvere al suo mandato di porre fine all’impunità di crimini gravissimi di sua competenza, quali il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra, e l’aggressione, crimine quest’ultimo oggetto di un emendamento allo Statuto di Roma a Kampala quello stesso anno. Venne inoltre dedicata particolare attenzione ad un altro tema.

Quale?

La non cooperazione involontaria, dipendente da incapacità e o inabilità degli Stati di dare esecuzione alle decisioni della Cpi rispetto alla quale gli Stati si impegnarono ad una più stretta collaborazione e ad aiutarsi tra loro per eliminare simili difficoltà. Soltanto recentemente l’Asp è riuscita a delineare azioni concrete che riguardano il rafforzamento di reti di informazioni adeguate ad anticipare i trasferimenti di persone sulle quali pendono mandati di arresto, con un sistema di sorveglianza attraverso la rete diplomatica e Google Alerts, potendo così anticipare la non cooperazione attivando misure a livello politico, diplomatico a di altro genere in grado di ottenere la cooperazione degli Stati interessati. Sono stati designati Stati “guardiani”, “focal points”, distribuiti su base geografica. Nella XVII sessione l’Asp ha approvato un tool kit per fronteggiare prospettive di non cooperazione per spostamenti potenziali e/o confermati degli individui sui quali pende un mandato di arresto. Altre decisioni sono auspicabili: l’Assemblea degli Stati parte dovrà definire meccanismi idonei ad evitare il grave rischio che le attività della Cpi, che implicano un tremendo impegno di persone e di mezzi, siano vanificate a causa della non cooperazione.

La visita di Stato da parte di un soggetto, in questo caso Vladimir Putin, considerato un criminale di guerra, dimostra disinvoltura e disprezzo verso la giustizia internazionale?

Chiunque riveste posizioni di potere si sente garantito da una inerente impunità e, diconseguenza, considera irrilevante e a volte forse irrisorio un mandato di arresto o altro provvedimento, specialmente se emananti da un’istituzione che lo Stato di appartenenza non riconosce. Ma si tratta di situazioni temporanee, mentre i mandati di arresto emessi dalla Cpi sono efficaci fino a quando la stessa autorità che li ha emessi non decida di revocarli e/o di annullarli.

Prima o poi la guerra in Ucraina finirà. Putin potrebbe comparire davanti alla Cpi?

Dipende dalla situazione interna alla Federazione Russa, poiché un’altra condizione che limita lo svolgimento delle funzioni della Cpi è la complementarietà, ben potendo lo Stato di appartenenza, qualora se ne ravvisassero le condizioni, esercitare la giurisdizione a livello nazionale, per crimini di guerra contro Putin o altri individui responsabili di tali crimini e/o di altri crimini internazionali di competenza della Cpi. Sarebbe, comunque, richiesta una reale volontà di procedere non una fittizia azione atta a eludere la giurisdizione penale internazionale.