Eletto al vertice della Giunta per le Autorizzazioni della Camera, il cui presidente in questa legislatura presiede anche il comitato bicamerale per la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica, Devis Dori, deputato di Avs, spiega di voler «continuare il lavoro» del suo predecessore Enrico Costa «con l’obiettivo di adempiere all’articolo 68 della Costituzione che garantisce la funzione parlamentare».

Presidente Dori, finalmente è arrivata la fumata bianca per la sua elezione alla Giunta per le Autorizzazioni, dopo quattro tentativi andati a vuoto. Perché tutta questa incertezza? Ci sono state quattro votazioni senza il numero legale perché la maggioranza non ha partecipato al voto, ma specifico che tali votazioni non andate a buon fine non hanno motivazioni da cercare all’interno della giunta stessa né relativamente alle dinamiche tra i gruppi e nemmeno rispetto al nome del presidente. Sul tavolo erano state messe tutta una serie di dinamiche che riguardavano anche altre votazioni. Parallelamente ad esempio avevamo quelle sulla vigilanza Rai e anche quella sulla Corte costituzionale, con veti incrociati tra maggioranza e opposizione.

Poi si è arrivati alla sua elezione, con la maggioranza che ha votato scheda bianca e il M5S che non ha partecipato. Se l’aspettava?

Innanzitutto sottolineo che nel frattempo ci siamo sempre scambiati opinioni anche con membri della maggioranza all’interno della Giunta, i quali mi hanno confermato che non era un problema interno. Per quanto riguarda la non partecipazione al voto del M5S nella votazione decisiva, anche in questo caso ha pesato quanto sta accadendo ed è accaduto in giunta per le Elezioni. Rispetto a un certo tipo di orientamento in quella sede hanno deciso che non avrebbero partecipato nemmeno ad altri voti e la sovrapposizione di date ha fatto sì che mancassero proprio al voto con il quale sono stato eletto.

Elezione che si è resa necessaria dopo il passo indietro di Enrico Costa: come giudica il lavoro del suo predecessore?

Abbiamo apprezzato molto il gesto di Costa, non dovuto, anche perché come ho detto subito dopo la mia elezione devo riconoscere che in questi due anni abbiamo lavorato molto bene in uno spirito di collaborazione tra maggioranza e opposizione. Mi auguro che all’interno della giunta si continui a lavorare con questo spirito, senza schieramenti di parte ma con un orientamento che vada verso l’adempimento dell’articolo 68 della Costituzione, cioè verso la garanzia della funzione parlamentare.

Dunque porterà avanti il lavoro sulla stessa lunghezza d’onda di Costa?

Ritengo che sia utile, anzi forse necessario, nel lavoro della Giunta e che nel rapporto tra i gruppi portare avanti la linea di lavoro del presidente Costa. Oggettivamente è stato un lavoro leale e di collaborazione con l’obiettivo di adempiere a quell’articolo 68 che richiamavo sopra. Senza faziosità di partito o di schieramento. Il mio scopo è proprio questo. Se c’è una caratteristica per impostare il lavoro dopo le dimissioni del presidente Costa è quella di andare in continuità rispetto al suo operato.

In passato in seno alla giunta per le Autorizzazioni si è assistito anche a momenti di particolare e accesa conflittualità: come si pone rispetto a ciò? Riconosco che ci sono stati momenti di tensione ma essi hanno riguardato passate legislature, mentre in questa, per quanto siano passati in Giunta alcuni casi di rilievo, anche mediatico, devo dire che non c’è stata conflittualità. Per fare in modo che tale sistema continui occorre non forzare i tempi, ad esempio gestendo il calendario all’insegna della non conflittualità. Servono regole precise sull’urgenza dei casi guardando anche al calendario delle udienze, nel caso ne siano già state fissate. L’obiettivo è quello di cercare l’unanimità laddove è possibile.

Quindi cercherà dialogo tra le parti?

Guardi, da vicepresidente mi è capitato in una situazione specifica di cercare e poi trovare le condizioni per arrivare a una remissione di querela. Occorre dialogo tra le parti per soluzioni il più condivise possibile. Oltre al suo nome si faceva anche quello di alcuni esponenti dem: c’è stato dibattito nelle opposizioni per la scelta del presidente? Devo dire che nel dialogo all’interno dell’opposizione non c’è mai stata la pretesa di dover forzare su un nome piuttosto che l’altro. Sul mio nome c’è sempre stata disponibilità da Pd e M5S. Non che questo significasse un automatismo, ma fin dall’inizio si sono detti tutti d’accordo. Noi eravamo già pronti per la prima votazione, così come nella seconda e nella terza nelle quali ci sarebbe stato anche il M5S.