In un sistema che ha introdotto norme specifiche per garantire ai professionisti il diritto di ammalarsi o affrontare situazioni come la maternità, senza pregiudicare il diritto alla difesa dei cittadini, la vicenda dell’avvocata Federica Tartara suona particolarmente dissonante.

Nonostante fosse incinta al nono mese, con il parto previsto entro tre settimane, Tartara si è vista negare il rinvio di un’udienza dal giudice veneziana Ilaria Sichirollo. La richiesta, supportata da certificazione medica e conforme al Codice di procedura penale, non è stata accolta. Il caso, ora al vaglio del Consiglio superiore della magistratura, ha sollevato interrogativi su come vengono effettivamente tutelati i diritti delle professioniste, spesso ancora sottoposte a discriminazioni che si pensava superate.

L’avvocata Tartara aveva chiesto il rinvio per legittimo impedimento previsto dalla legge, che tutela le donne incinte da due mesi prima del parto fino a tre mesi dopo. Tuttavia, il giudice Sichirollo ha rigettato l’istanza, sostenendo che il procedimento aveva già subito troppi rinvii. Di conseguenza, l’udienza si è svolta regolarmente e il cliente di Tartara è stato condannato a due anni di reclusione. A rappresentarlo è stato un collega delegato, che ha avuto solo mezz’ora per familiarizzare con gli atti.

«Il legame con i clienti non è solo tecnico, ma umano e di fiducia», ha dichiarato Tartara. «Il mio cliente, dopo esperienze negative, ha scelto di affidarsi a me, pur sapendo della mia gravidanza, perché credeva nel rapporto che avevamo instaurato. Questo elemento umano viene speso ignorato dai magistrati».

L’avvocata ha sottolineato che i clienti, soprattutto in ambiti delicati come quello penale, spesso scelgono il proprio legale per la sintonia e la fiducia instaurata nel tempo. Privarli di questo diritto mina la loro serenità e alimenta un senso di sfiducia nel sistema. «Voglio ribadire che la mia denuncia non è mossa da interessi personali, ma ha lo scopo di evitare che altri professionisti e clienti debbano affrontare situazioni simili».

La decisione del giudice Sichirollo è stata difesa dal presidente del Tribunale di Venezia, Salvatore Laganà, che ha sottolineato come fosse «motivata e conforme alla giurisprudenza della Cassazione». Secondo questa interpretazione, il legittimo impedimento non si applica se l’avvocato accetta l’incarico già consapevole della propria impossibilità a seguirlo. Tartara aveva assunto il caso cinque giorni prima dell’udienza, un dettaglio che ha influito sul rigetto della richiesta.

Sichirollo avrebbe anche dichiarato che «un avvocato che sa di non poter portare avanti un incarico non dovrebbe accettarlo». Per Tartara, questa posizione trascura le difficoltà delle donne che cercano di conciliare carriera e maternità. «Se si ragiona così, allora nessun avvocato malato o in gravidanza potrebbe assumere incarichi per mesi», ha osservato l’avvocata. «Un simile approccio non fa altro che perpetuare la discriminazione». Inoltre, sottolinea che il rispetto delle norme sul legittimo impedimento non è un privilegio, ma un diritto fondamentale.

Il caso di Tartara evidenzia una questione più ampia: il rispetto dei diritti delle donne lavoratrici, in particolare nel settore forense, dove la pressione è costante e spesso mancano misure di supporto effettivo. «Nel 2024, pensavo che la compatibilità tra professione e gravidanza non fosse più un tema», ha aggiunto Tartara. La maternità non dovrebbe essere percepita come un ostacolo o una condizione che limita le opportunità professionali. Tuttavia, la vicenda di Tartara dimostra che interpretazioni restrittive possono svuotare questa tutela del suo significato, creando disparità di trattamento.

Il rischio è che le donne siano costrette a rinunciare ad assumere nuovi incarichi durante la gravidanza, vedendosi quindi penalizzate rispetto ai colleghi uomini. Questo approccio perpetua un sistema diseguale, che incoraggia le donne dal mantenere un ruolo attivo nelle loro professioni nei momenti cruciali della vita.

Tartara ha presentato un esposto al Csm per denunciare la mancata applicazione di una norma che tutela le avvocate in gravidanza. «Non è stata rispettata una legge che protegge i diritti delle lavoratrici. Questo non dovrebbe essere un tema ancora aperto oggi», ha affermato. La denuncia non vuole solo portare alla luce il caso specifico, ma innescare un dibattito più ampio sulla necessità di riformare alcune pratiche consolidate che non tutelano adeguatamente la parità di genere.

«Un avvocato deve poter continuare a lavorare anche durante la gravidanza - ha ribadito Tartara -. Sono i clienti a decidere se affidarsi a un avvocato incinta, non i giudici. Noi lavoriamo per i nostri clienti, e la loro fiducia dovrebbe essere rispettata. La maternità non può e non deve essere considerata un limite, né per i professionisti né per chi si affida a loro».