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«Non faccio alcun passo indietro: io non ho fatto niente, se non il mio lavoro, l’avvocato». Alessia Pontenani, difensore di Alessia Pifferi, accusata di aver fatto morire di stenti la figlia di soli 18 mesi, è una tipa combattiva. E non la spaventa l’indagine che, da qualche ora, le è piombata tra capo e collo. Assieme a due psicologhe del carcere di San Vittore, dove Pifferi si trova reclusa, è infatti accusata di falso per una relazione che certifica un deficit mentale a carico della sua assistita. Deficit che, secondo l’accusa, non esisterebbe. Sarebbe bastato, forse, aspettare l’esito della perizia disposta dal Tribunale per risolvere la questione. Invece la procura ha iscritto le tre professioniste sul registro degli indagati (le psicologhe sono accusate anche di favoreggiamento), di fatto rischiando di estromettere Pontenani dal processo. «Così Alessia, ancora una volta, si ritroverebbe completamente da sola. Ma io ne sono sicura: ha un deficit cognitivo importante».
Avvocato, com’è stato scoprire di essere indagata per falso?
Intanto l’ho saputo dai giornali. Ho riso, perché mi sembra assurdo. Poi ho ricevuto molte telefonate. Soprattutto di insulti: mi sono sentita dire che Alessia Pifferi sicuramente mi ricopre d’oro, mentre sono io a portarle da mangiare e dei vestiti, a volte anche 50 euro, perché non ha nessuno. Ci sono quelli che mi dicono che sono un mostro. E ho ricevuto anche una lettera minatoria. Ma anche Alessia, in carcere, ne riceve.
Quindi non è vero che il processo mediatico non esiste e non fa danni…
Ma va. Sa qual è stato, forse, il mio unico errore? Essere andata in televisione. Se in questo processo non ci fossero state le telecamere non sarebbe successo nulla. E mi dispiace aver letto alcune dichiarazioni degli ex difensori di Pifferi, che sostengono di non aver mai chiesto una perizia: a meno che io non abbia problemi di memoria, credo fosse su tutti i giornali.
Perché contestarle il reato di falso?
Intanto la relazione, che accerta un Qi pari a 40, è stata redatta prima della mia nomina, che è arrivata il 23 marzo dello scorso anno. E non conoscevo le psicologhe, le ho conosciute solo successivamente. In ogni caso, non esiste alcuna legge che vieta ad un avvocato di sentire parti che non sono nel processo, di parlare con una psicologa che assiste la mia assistita. Avrei chiesto io stessa una perizia: con quel reato è difficile ipotizzare che non ci sia un problema.
Ci sono delle telefonate in cui le psicologhe si complimentano per la sua bravura, stando a quanto apparso sui giornali.
Ed io che posso farci? Magari dicono questo, magari ci sono degli altri estratti in cui dicono che sono una cretina, non ne ho idea. Per quanto riguarda me, c’è un’unica telefonata, risalente a due sabati fa. Io ero davanti a San Vittore perché, tra l’altro, dovevo portare del cibo a Pifferi, e una delle psicologhe mi ha chiamata, a seguito di una mia mail. Non avevo neanche il numero di telefono, tra l'altro a novembre mi hanno scippata quindi ho perso tutti i contatti.
Cosa scrisse in quella mail?
Le tranquillizzavo, perché dopo l'udienza in cui il pm si scagliò contro la loro relazione, dicendo che doveva sentirle in modalità diversa, si erano spaventate e questo me lo disse Pifferi. Dissi loro: guardate che i test effettuati dalla mia consulente confermano i problemi di Alessia. Ma adesso anche loro potrebbero temere di essere indagati e decidere di mollare tutto. Ed io potrei rimanere senza consulenti. Si rende conto del danno? A questo punto non so, tutti sono autorizzati a spaventarsi. Ma poi quale sarebbe lo scopo ultimo di questo reato? Vincere il processo?
Nel caso delle psicologhe sarebbe stato quello di “scardinare il sistema”, stando a quanto scrive il pm. Si parla addirittura di discorsi di natura “eversiva”.
Ma per favore! Si può esprimere un parere o un’opinione senza per questo mettere in pratica una qualche azione. Oppure dobbiamo dire che esiste il reato d’opinione? Se io, parlando con lei, dicessi che voglio salvare ogni vittima della malagiustizia commetterei un reato? Se parlassi di salvare innocenti ingiustamente in carcere, sarebbe una cosa sbagliata? Mi sembra che nel caso della psicologa si parlasse di scardinare il sistema per salvare delle vittime della giustizia: cosa c’è di scandaloso?
Cosa vi siete dette in quella telefonata?
Non ci complimentiamo per il test, come è stato scritto sui giornali. La psicologa mi ha detto che sono stata bravissima ad ottenere la perizia, ed io ho risposto che non è questione di bravura, ma che il merito era della Corte che me l’ha concessa. E quindi cosa c’è di male? E poi abbiamo anche parlato del fatto che un giorno si porrà il problema di dove far stare Pifferi. Lei mi ha risposto che è vero, perché siamo tutti consapevoli che una persona così non può stare in carcere, ma nemmeno in una Rems. Ed ho fatto una battuta: va a finire che me la porto a casa mia, in Toscana.
Tra le contestazioni mosse c’è anche l’affetto dimostrato a Pifferi dalle psicologhe. È una cosa penalmente rilevante?
La psicologa l’abbraccia e la bacia. E allora? Si chiama calore umano, anche le persone in carcere ne hanno diritto. Anche io lo faccio, le porto pure i cioccolatini, in udienza le tengo anche la mano, a volte. Anche i carcerati hanno bisogno di affetto. O vogliamo fare i processi senza avvocati e senza psicologi? Non funziona così. Mi stupisco, perché finché una cosa del genere la dice mia madre, che non è mai stata in carcere e non sa cosa significa, allora è normale. Ma chi fa certi lavori dovrebbe sapere cosa significa stare lì dentro. È normale, per un difensore, creare un rapporto con il proprio assistito. Dimostriamo sempre affetto e vicinanza e a maggior ragione lo faranno le psicologhe con una come Pifferi.
Ma è possibile per un pm entrare nel merito del metodo scientifico?
È una domanda corretta. Esiste un metodo per fare delle domande, ci sono dei manuali per interrogare le persone con deficit, io li ho trovati su internet, quindi sono facilmente reperibili. Magari il pm non ha capito che Pifferi ha dei problemi, ma non si può pensare davvero che questa donna sia una lucida criminale. A meno che non abbia ingannato tutti. Ma perché ammazzare così quella bimba, lasciandola morire? Avrebbe potuto farlo in mille altri modi.
Crede che anche in questo caso ci sia un’assimilazione del difensore con il proprio assistito?
Sì. Che poi voglio dire, non è che mi danno un premio, se vinco. Pifferi è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, tra tre o quattro anni prenderò dei soldi. Se devo rovinarmi la vita e la carriera pensa che lo farei per questo? La giustizia non è una gara, non è una battaglia per vedere chi vince o chi perde. Forse il problema è che da quando è iniziato il processo l’opinione pubblica ha cambiato idea su Pifferi. Prima veniva considerata un mostro, una pazza, una criminale. Poi però la gente ha iniziato a dire: forse questa poverina non sta bene. E magari questo ha dato fastidio.
Lei ha sottolineato che non ha intenzione di fare alcun passo indietro. Pensa che ci sia la volontà di estrometterla dal processo?
Magari il pm non ha nemmeno pensato a questo tipo di conseguenze, ma sembra quasi un tentativo di togliermi la difesa di Pifferi. Io mi sono rivolta subito alla Camera penale e al Consiglio dell'Ordine, ma anche noi abbiamo dovuto guardare le carte, perché una cosa così non era mai successa. In teoria rischio di diventare incompatibile e in quel caso dovrei fare un passo indietro. Ma deve essere il giudice a stabilirlo.
Ne ha parlato con Pifferi?
Ieri (giovedì, ndr) l’ho vista ed era spaventatissima. Era convinta che non la potessi più difendere: aveva provato a chiamarmi tutto il giorno ma non avevo potuto risponderle. Pensava mi avessero arrestato e le ho detto: guarda, se mi arrestano mi faccio mettere in cella con te. Ha riso. L’ho tranquillizzata, ma se ci pensa il punto è che si ritroverebbe di nuovo da sola. Si ritroverebbe, di nuovo, con un uomo che le fa terra bruciata intorno. Senza psicologhe, che ovviamente non lavorano più lì, e senza me non avrebbe più nessuno.
Perché non aspettare la fine del processo e trasmettere gli atti?
Ah, non lo so.
Ma adesso qualcuno sta seguendo la sua assistita?
Teoricamente no. Lei già non vedeva più le psicologhe, dopo che il pm, in aula, ha messo in dubbio la loro relazione le avevo consigliato di non incontrarle, proprio per evitare che si pensasse che fosse stata influenzata. Erano le uniche persone con cui parlava. Ma adesso chi avrebbe voglia di mettersi lì e parlare con lei? Tra l’altro, dopo quell’udienza le hanno bloccato la pensione di invalidità.
Percepiva una pensione?
No, ne aveva fatto richiesta dopo i risultati di quel test che accertavano un deficit cognitivo. Ma da allora tutto si è interrotto. Le sembra una cosa corretta?
Ma Pifferi come sopravvive? La aiuta qualcuno?
Io. Sopravvive con quello che le mando e devo dire che una volta una signora anziana mi ha mandato 50 euro, che le ho bonificato. Altre persone le hanno mandato delle scarpe, vestiti… in aula usa le mie scarpe, perché le piacciono tanto, le ho dato la giacca bianca che indossa in udienza, le ho comprato un maglione… Ecco il favoreggiamento. Pensi, mi sono fatta fare un’autorizzazione permanente, che ho qui di fronte, per portare cibo e vestiario alla signora.
Che rapporto ha con con le altre detenute?
Nessuno. Quando mi ha nominato era in cella con una mia ex assistita, la cosiddetta “mantide della Brianza”. Per questo mi ha scelto, non mi conosceva nessuno. Tantomeno le psicologhe: ero solo uno dei tanti.