PHOTO
Nino La Lumia, presidente del Coa di Milano
«Mi permetta innanzitutto di ringraziare il Consiglio per la fiducia che ha voluto accordarmi. Sono ben consapevole che questa responsabilità rappresenta un privilegio da mettere a frutto, nei prossimi quattro anni, nell'interesse dell'Avvocatura ambrosiana», afferma Nino La Lumia, neo presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano. Palermitano d'origine, 44 anni, La Lumia ha vinto la scorsa settimana con la lista “Fare Avvocatura” le elezioni per il rinnovo del Consiglio e prende il posto di Vinicio Nardo.
Presidente, quali saranno gli obiettivi del nuovo Consiglio?
Premesso che servirà il contributo di tutti, perché gli obiettivi comuni si conseguono soltanto con progetti condivisi, lavoreremo cercando il rapporto costante con gli iscritti del Foro. Dovrà essere il cuore della nostra azione istituzionale, affinché nessuno resti indietro. E poi vogliano essere concreti e lungimiranti.
Ci descriva l'Ordine di Milano.
Siamo l’unico che ha aumentato nell’ultimo periodo i propri iscritti. Mi pare un grande risultato. Milano è da tempo molto attrattiva per l'avvocatura.
Perché?
Esiste un tessuto sociale particolarmente attivo e ci sono molte imprese che, a prescindere della natura sociale, hanno bisogno di consulenza e pareri per un contratto o attività similari. Sono tutte opportunità di lavoro in questo momento difficile per la professione.
Come vede l'avvocato del futuro?
Io credo che sia necessario un cambio di passo da parte di noi avvocati. Ad esempio dobbiamo riuscire ad intercettare i bisogni e le esigenze della società. L’avvocato non deve essere solo colui che assiste il proprio cliente in un'aula di giustizia. Ci sono tante altre attività che possano essere svolte anche al di fuori.
Il tema della formazione?
La formazione dovrà essere sempre più specialistica. Dobbiamo uscire dall’attuale meccanismo che è una sorta di “creditificio”. Le ore devono essere destinate ad un vero arricchimento professionale.
Lei è da sempre un fautore della specializzazione forense.
Certamente. Sono assolutamente convinto che ogni avvocato debba specializzarsi in una determinata materia. La società è profondamente cambiata e le norme sono in continua e costante evoluzione. Non è pensabile poter fare al giorno d'oggi tutto. La specializzazione dovrà essere verticale e non orizzontale.
Quali sono oggi i principali problemi della giustizia?
Il discorso è ovviamente complesso. Un aspetto riguarda certamente le infrastrutture di rete. Oggi il civile è tutto telematico e non è possibile che puntualmente, ogni venerdì, l'infrastruttura si blocchi e non consenta di effettuare qualsiasi tipo di operazione, come procedere con i depositi degli atti. Il processo civile telematico deve consentire che l’avvocato possa depositare, sempre nel rispetto dei termini che non sono in discussione, quando vuole. Anche la sera o la domenica. Purtroppo, invece, ciò non è possibile.
Altro?
Le carenze di personale amministrativo e di magistrati.
L’ufficio del processo è una soluzione?
Si tratta di personale che, al momento, è stato assunto a tempo determinato con i fondi del Pnrr. Bisognerà vedere cosa succederà quando i fondi saranno terminati. Poi c’è il tema della formazione che è stata demandata ai vari capi degli uffici. Anche questo crea delle sperequazioni.
Come giudica le riforme della giustizia volute dal precedente governo? Si riusciranno a tagliare i tempi?
Una vera giustizia non è necessariamente una giustizia veloce, ma una giustizia che garantisca la difesa dei diritti dei cittadini. Insieme a tutti gli operatori del diritto dobbiamo mettere in campo qualsiasi risorsa professionale e organizzativa per fare in modo che la giustizia funzioni. L’avvocatura è baluardo nella difesa dei diritti e come sempre ci faremo trovare pronti, ma dovremo essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio delle nostre possibilità la professione. Le riforme che sono state approvate, comunque, incidono pesantemente. Vedremo.