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Il processo digitale è stato affinato durante l'emergenza ma non può diventare la normalità
Volendo avere uno sguardo ottimista sul presente, si può dire che la crisi pandemica, tra i molti negativi e devastanti effetti, ha avuto perlomeno il merito di porre in risalto il tema della digitalizzazione, ambito in cui l’Italia è storicamente in ritardo rispetto ad altri Paesi della zona euro. C’è dunque una seria possibilità che dall’emergenza sanitaria derivi un processo di miglioramento delle infrastrutture digitali e informatiche, in particolare all’interno della Pubblica amministrazione, che potrebbe giovarsi enormemente dell’emancipazione dalla lenta e vetusta burocrazia cartolare che ancora la attanaglia. Anche il sistema giustizia non è rimasto immune da simili cambiamenti, al punto che dal primo lockdown del marzo dello scorso anno i procedimenti hanno iniziato a svolgersi (anche) tramite collegamenti telematici su piattaforme di comunicazione video, sia in ambito civile che penale. Simili modalità sarebbero state adottate in modo particolarmente esteso anche in ambito penale, se non fosse intervenuta la corretta ferma opposizione delle parti processuali, private e pubbliche. Non solo: ancora oggi gli uffici giudiziari sono impegnati nel tentativo non sempre efficace di digitalizzare i processi, da una parte per evitare il proliferare di occasioni di contagio e, dall’altra, anche per motivi di semplice economicità e celerità delle procedure, le quali, grazie all’aiuto di nuovi sistemi informatici, risultano meno gravose per le cancellerie. Il procedimento di digitalizzazione degli uffici giudiziari, per quanto risulti, a parere di chi scrive, negativo e non consono alle attività difensive, presenta comunque aspetti positivi che sarà bene mantenere e migliorare anche nel periodo post-Covid. In particolare, assolutamente apprezzabili sono le recenti direttive ministeriali che, nel tentativo di rendere più sicure dal punto di vista sanitario le attività giudiziarie, hanno stabilito tutta una serie di nuove modalità per lo svolgimento delle udienze e il deposito atti. Ma procediamo con ordine. Innanzitutto, risulta necessario porre in risalto le differenze tra i procedimenti civili e penali. Infatti, mentre i primi risultano oramai quasi del tutto digitalizzati, il processo penale da poco sta iniziando ad adeguarsi al mezzo informatico. Riguardo al civile, assolutamente apprezzabili sono le modalità di deposito degli atti tramite il sistema telematico. Non solo alleggeriscono enormemente le cancellerie da tutto il lavoro che comporta la gestione dell’immensa mole di carta portata alla loro attenzione, ma rendono il procedimento anche più “sicuro”. Tutto quanto rimane registrato su un sistema informatico, ministeriale, entro il quale le parti possono adeguatamente e facilmente mantenerne traccia, senza tutti quelli che sono i rischi legati alla conservazione di una copiosa mole cartolare. Pertanto, non può che essere di segno positivo la valutazione in ordine alla gestione dei fascicoli e deposito atti con il sistema telematico. Tuttavia, assai meno apprezzabile è la recente tendenza dei giudici nel civile di mutare lo svolgimento delle udienze dalla forma fisica a quella figurata. Sempre nel nome dell’emergenza Covid, si sta riducendo l’attività difensiva a un mero scambio cedolare, ove le parti non hanno modo di vedersi, capirsi, parlarsi, se non tramite semplici file depositati su un sistema telematico. Siffatte udienze figurate, purtroppo, vanno inevitabilmente a sacrificare tutta la parte umana che comporta un procedimento, parte che non può e non deve essere così nettamente compressa. Se si sceglie di operare in tal modo, riducendo la discussione a un semplice scambio di memorie, si finisce per ridurre il contraddittorio in un asettico scambio di opinioni scritte, con evidente sacrificio delle garanzie costituzionali così come previste dall’articolo 111. Per quanto concerne il settore penale, questo è accaduto con lo svolgimento delle udienze in telematico. Il processo penale, tendenzialmente tra i più delicati del sistema giudiziario per come è strutturato e per quelle che sono le sue finalità, non può in alcun modo rimpiazzare il contraddittorio fisico con quello telematico e, tanto meno, con una versione cartolare.X Tuttavia, al momento, le disposizioni ministeriali, consapevoli di quanto detto poc’anzi, si sono limitate a prevedere il processo penale telematico solo durante il periodo della pandemia, allorquando la necessità di tutelare la salute pubblica a fronte di un male sconosciuto poteva giustificare il sacrificio del contraddittorio, nonché disporre tutta una nuova disciplina per il deposito in via telematica degli atti. È ottima l’iniziativa di creare un portale telematico penale, sulla falsa riga di quello civile, presso il quale depositare atti indirizzati alla Procura, come atti di nomina o denunce-querele. Lo è a condizione che, diversamente da quanto denunciato negli ultimi giorni, quell’infrastruttura funzioni. C’è da augurarsi che si mantenga e migliori tutta la disciplina relativa al deposito degli atti, civili e penali, nel segno della celerità, snellezza, imparzialità ed uniformità. Non altrettanto può dirsi, invece, per quanto concerne la salvaguardia del contraddittorio, il quale non potrà mai essere sostituito da modalità telematiche, recidendo di netto la necessaria componente umana. Fortunatamente la stessa neo guardasigilli aveva esordito ad inizio mandato con l’apprezzabile affermazione per la quale la giustizia dovrebbe sempre avere un volto umano. L’uomo, dunque, prima di ogni altro adempimento. *Avvocato, direttore Ispeg - Istituto per gli studi politici, economici e giuridici