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Il tuffo collettivo a Sousse degli avvocati tunisini, italiani e di altri Paesi del Mediterraneo: il gesto simbolico è stato compiuto stamattina, davanti all'Hotel Imperial, nella località tunisina attaccata nel 2015 dai terroristi [Foto: Loredana Bruno]
Le “Colonne d’Ercole”, confine, occidentale del mondo antico, limes invalicabile, pena il precipitare in un gorgo senza fine, come l’Ulisse dantesco. Delimitavano un preciso spazio geopolitico. Quello che fu, a lungo, dominato da Roma.
Sempre, nella storia, vi sono state delle Colonne a delimitare lo spazio, a segnare confini ed equilibri.
Ma oggi esistono, o possono esistere ancora delle Colonne d’Ercole? Il nostro mondo sembra essere arrivato al punto finale del globalismo, ovvero di quella visione iper ideologica senza se e senza ma della fase di globalizzazione, iniziata con il crollo del Muro di Berlino. Solo che questo punto d'arrivo è tutt’altro che il migliore dei mondi possibili. Anzi, in un mondo “distratto” dalla pandemia globale sono oramai in corso scontri di civiltà, conflitti religiosi, scombussolamenti finanziari camuffati da crisi economiche, processi migratori e dispute asimmetriche attorno la Rete.
Gli Stati sembrano aver perduto identità e forza, gli enti sovranazionali appaiono aleatori , astratti. L’Unione Europea sembra entrata in un tunnel senza uscita, sul punto di infrangersi lasciando dietro di sé il vuoto. O, peggio, il caos.
Eppure, un ordine è necessario per fissare dei nuovi pilastri: erigere nuove Colonne d’ Ercole.
Ma come? Su questo si interroga e ci interroga il ventunesimo numero de Il Nodo di Gordio dal titolo Colonne d’Ercole Voci dal Mediterraneo, quadrimestrale dell’omonimo think tank ( nododigordio. org).
La rivista estremamente curata nell'editing e polifonica perché capace di offrire al lettore visioni approfondite attraverso punti di vista differenti di analisti e studiosi, economisti e diplomatici, militari. Tra i diversi contributi si segnala un’intervista a Giulio Tremonti che riflette sulle prospettive dell’Italia in questo scenario fluido e vengono approfondite le motivazioni dell’attuale crisi globale. Il processo di globalizzazione, gli eccessi del turbocapitalismo e l’avvento di una nuova ideologia, quella “mercatista”, sono tutti fattori che hanno messo in crisi il modello di sviluppo globale. “È in questi termini – dice Tremonti – che nasce il Meccanismo Europeo di Stabilità la base per emettere eurobond ma quanto è stato dopo è stato un errore tragico: al posto della solidarietà europea è venuta la Troika: FMI, Commissione europea, BCE.
Nel numero del Nodo di Gordio, c'è un saggio scritto a quattro mani da Stephen Bryen, già sottosegretario alla Difesa nell’Amministrazione Reagan, e Michael Ledeen, noto in Italia per la controversa traduzione della telefonata tra Craxi ed il presidente americano durante la crisi di Sigonella nel 1985.
Per gli autori gli Stati Uniti hanno vinto la Guerra Fredda perché, nonostante un numero inferiore di armi, gli equipaggiamenti erano di gran lunga migliori. Oggi rispetto alla Cina, gli Stati Uniti stanno perdendo terreno in settori critici come l’informatica quantistica e la crittografia quantistica. In un mondo in cui il cyber è la nuova terza dimensione della sicurezza nazionale.
Nell’editoriale Daniele Lazzeri, chairman del Nodo di Gordio sottolinea come il progressivo allargamento degli spazi sta provocando come effetto una spinta uguale e contraria dalla periferia verso il centro che riporta le relazioni commerciali e politiche ad una dimensione più locale. Una tendenza che induce a ripensare le dinamiche dei rapporti con i paesi geograficamente più prossimi, ad avvicinare nuovamente realtà che per decenni hanno evitato di colloquiare perché maggiormente interessate a stringere affari ed intessere amicizie politiche all’altro capo del mondo, perdendo di vista gli interessi strategici tradizionali.
Il Nodo di Gordio è uno dei pochi think tank italiani di geopolitica e di economia internazionale con l’obiettivo di analizzare gli scenari contemporanei, in particolare il Mediterraneo allargato, scenario attori regionali e globali che aspirano a ridisegnarne le reti di influenza.
Se non si fronteggiamo alcuni “nodi”, intervenire per cosa, con chi e favore di chi, perseverando nel minimo sforzo politico e diplomatico, i danni collaterali non cesseranno di marginalizzare il ruolo dell'Italia nel difendere e promuovere l'interesse nazionale nel Mediterraneo, che le colonne d'ercole odierne non salvaguardano più.