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Qualcuno ha osservato che più e prima ancora che di globalizzazione economica, i nostri sono i tempi della globalizzazione delle informazioni e della comunicazione. La radio e la televisione prima, la Rete a portata di smartphone poi, ci hanno permesso di superare le frontiere spaziali, annullando in qualche modo il tempo più dei più veloci aerei supersonici. Viviamo ormai in tempo reale i fatti, o quelli che vengono costruiti e presentati come tali, che accadono in ogni parte del mondo. Tutto questo sta rappresentando uno stress test rilevante non solo per la politica, ma anche e soprattutto per la democrazia.
Di questi temi si discute in questi giorni al Festival della Politica di Santa Margherita Ligure, organizzato per il secondo anno successivo da Dino Cofrancesco, professore emerito all’Università di Genova, e dall’associazione da lui presieduta, che porta il nome del grande pensatore liberale novecentesco Isaiah Berlin ( il quale nella cittadina ligure amava soggiornare d’estate).
Alla tre giorni partecipano intellettuali e giornalisti del calibro di Carlo Fusi, direttore de Il Dubbio, Zeffiro Ciuffoletti, Diego Fusaro, Alessandro Gnocchi, Gianni Marongiu e Francesco Perfetti ( a cui verrà assegnato stasera il “Premio Ansaldo”). Al centro dei dibattiti ci sono da qualche anno a questa parte le cosiddette fake news, vale a dire le notizie false, in parte o integralmente, che vengono immesse in rete e che finiscono per diventare “virali” e orientare ( o manipolare) l’opinione pubblica e quindi lo stesso dibattito e voto democratico.
Secondo molti commentatori, il dibattito pubblico in democrazia dovrebbe essere “informato” e “informato correttamente”. Da qui alcune idee, maturate soprattutto in ambito anglosassone, relative alla cosiddetta “democrazia deliberativa”. Si tratterebbe, secondo studiosi come Fisher e Ackerman, di far votare i cittadini solo dopo che si siano creati, sotto l’egida di esperti imparziali, dei gruppi di cittadini che sanno le cose veramente e non per sentito dire. Che cioè siano forati e educati.
Un meccanismo, per quanto già sperimentato, non solo di difficile realizzazione ma neanche, secondo chi scrive, propriamente democratico. Che si ricongiunge ad altre utopie di stampo illuministico tipo quella della “comunicazione non distorta” di cui ha parlato nei suoi libri, come ideale, il filosofo tedesco Jurgen Habermas, un altro autore il cui nome è risuonato più volte nelle serate levantine.
A parte che il rischio sempre latente è, in prospettive di questo genere, che vengano considerate “distorte” solo le notizie che non ci aggradano e le opinioni non “politicamente corrette”, e che quindi vengano messe in pratica azioni delegittimanti ed escludenti presso i diversamente senzienti e opinanti; a parte ciò, tutto questo sembra presupporre un’idea non conflittualista e “purista” della democrazia. La democrazia, che è l’essenza dei nostri tempi, e che come tale è essa sì un fatto di cui prendere atto ( Tocqueville docet), è invece composta per natura di materiali sporchi, non “puri”, prosaici. Ai quali va dato semplicemente campo cercando di far sì che essi si incanalino verso fini imperfetti ma accettabili.
Il perfezionismo non è di questo mondo, e la politica e la democrazia riflettono in fondo la finitezza umana. La politica, in verità, non è altro che la capacità di “manipolare” le coscienze e convincerle delle proprie buone ragioni. L’unica salvezza è che si diffonda sempre più uno spirito critico e che le “manipolazioni” siano così tante e di così diverso tipo che, in qualche modo, si elidano a vicenda.
Con la rete ovviamente la diffusione delle “bufale” è aumentata esponenzialmente, perché tutti hanno diritto di parola e di diffusione delle proprie opinioni coi nuovi mezzi. Ma di un movimento quantitativo e non qualitativo si tratta: senza togliere a nessun la libertà di dirle, le fregnacce si possono smontare. Più in generale, quello che si avverte è una crisi non della democrazia, ma della democrazia rappresentativa, liberale e costituzionale.
In un tempo in cui un politico sonda l’opinione pubblica in ogni momento, e si vede costretto a rifletterne gli umori, le forme lente e compassate del parlamentarismo fanno fatica a tenere il passo, come stiamo vedendo in questi giorni in Italia. La sfida è quella di garantire in altri modi, che ora non riusciamo nemmeno a vedere e a immaginare, quella “libertà dei moderni”, come la chiamava Benjamin Constant, che ha fatto grande l’Occidente.
Nei dibattiti di Santa Margherite Ligure, tutti sapientemente moderati da Giuseppe Di Leo di Radio Radicale, che li ha trasmessi, si è parlato molto anche di “fiducia” e “credibilità”, che è quella che sembrano aver perso gli organi di informazione tradizionali, a cominciare dalla carta stampata. Prima di pensare a contrastare, casomai con leggi illiberali, le fake news, sarebbe opportuno che i giornalisti e le classi dirigenti facessero un bell’esame di coscienza autocritica. Più che a una ribellione delle masse contro le élites, a me sembra che in questi tempi sia all’opera soprattutto il fallimento di queste ultime. E da qui occorrerebbe ripartire. Per rifondare e rinnovare davvero la politica e la stessa democrazia.