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Montecitorio
Prosegue, anche se comincia a prendere colpi come fosse già stanco, il dibattito sulla richiesta d’istituire di una Commissione parlamentare d’indagine sulla magistratura per uscire dal caos crescente in cui s’è ficcata. Caos esaltato dal doppio pugno in faccia dei casi Palamara e Amara, ma già evidente da molto tempo con tendenza al peggioramento. A sostegno della Commissione sono intervenuti giuristi prestigiosissimi come Cassese (sul Corsera) e politici con lunga esperienza parlamentare come l’avvocato Giuseppe Gargani (sul Dubbio). Ma non sfugge a nessuno che la proposta, apparsa ormai su molti giornali, sia mescolata a una stanchezza che nasconde male la convinzione che anche questa volta, pur di fronte a una crisi verticale e inquietante, potrebbe non farsene nulla. Sia chiaro, una Commissione parlamentare è sempre legittima. Ma, purtroppo è altrettanto noto e storicamente verificato che quasi sempre è inutile. Sulle circa novanta Commissioni, di Camera, Senato e/o Bicamerali, che abbiamo conosciuto dalla nascita della Repubblica pochissime hanno lasciato tracce decisive sui temi affrontati se si escludono montagne di documenti, spesso preziosi per storici e studiosi ma mai utilizzati per risolvere i problemi in discussione. Ogni Commissione si è conclusa (quando si è conclusa: il fine legislatura, talvolta improvviso, ne decreta comunque la fine e l’automatico scioglimento) con un documento di maggioranza e uno di minoranza dove gli estensori consegnano ai posteri (che difficilmente andranno a leggerle), le proprie posizioni politiche e culturali sull’argomento trattato. E se è vero che ci sono stati casi di Commissioni utilissime che hanno inciso sulla storia del paese facilitando soluzioni e strategie politiche di ampio respiro, come le Commissioni “Sulla disoccupazione”, “Sulla miseria”, “Sulle condizioni dei lavoratori” (rispettivamente di Camera, Senato e Bicamerale) tutte tra il 51 e il 52 del secolo scorso) non si ricordano molti altri analoghi casi positivi. Le Commissioni su P2, disastro del Vajont, terrorismo e stragi, delitto Moro e altre decine ancora hanno lasciato tracce interessanti, ma non hanno mai offerto soluzioni. Un caso a parte è poi quello della Commissione parlamentare antimafia che viene ininterrottamente rieletta a ogni inizio di legislatura diventata appannaggio di politici sul viale del tramonto. Giuseppe Pisanu non può far più il ministro dell’Interno di Fi? Diventerà Presidente della Commissione dell’Antimafia sostituendo Francesco Forgione, Bertinottiano doc eletto per uno strapuntino a Rifondazione comunista. Dopo, avendole giurato guerra Matteo Renzi che pose un veto a qualsiasi suo ingresso al governo, l’Antimafia verrà rifilata a Rosy Bindi. Avrà come successore l’on. Morra del M5s, lì spedito per bloccargli l’aspirazione a ministro dell’istruzione. Diego Gambetta, uno dei più autorevoli studiosi di mafia del Novecento, firmando da Oxford la prefazione a una sua ristampa della Mafia Siciliana (Einaudi) già nel ’93, dopo aver salvato la presidenza di Violante, avvertiva: “Si ha l’impressione che questo istituto, di cui pure fecero parte Cesare Terranova e Pio La Torre, che hanno pagato con la vita la lotta alla mafia, sia servito come una palestra in cui le forze al governo permettevano all’opposizione di sinistra di menare pugni antimafia purché rigorosamente nel vuoto”. Insomma, pare sbagliato pensare che una commissione d’inchiesta sulla magistratura, possa risolvere il problema. O interviene direttamente il legittimo potere della politica o la questione continuerà ad aggrovigliarsi sempre più.