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IMAGOECONOMICA
Cesare Parodi, nuovo presidente dell’Anm, in una intervista al Giornale in merito alla riforma costituzionale ha detto: «Non penso ci sia il rischio dell’asservimento del pm all’Esecutivo». Quindi lei sta ribaltando la narrazione che fino ad ora hanno fatto tutti i suoi colleghi lanciando questo allarme.
La ringrazio per la possibilità di spiegare meglio quello che intendevo. La preoccupazione dell’assoggettamento del pm all’Esecutivo è assolutamente la principale preoccupazione dell’Anm e mia personale. Quello che intendevo dire è che, a fronte di alcune critiche ricevute per cui noi immaginiamo ipotesi non previste dalla riforma, ho solo ribadito, da giurista logico, che oggettivamente quella previsione nella legge non esiste. Detto ciò, anche senza l’assoggettamento, a me questa legge non convince. Sostenere questo non vuol dire cambiare idea.
Anche un’altra sua frase mi ha sorpresa: «Non possiamo fare il processo alle intenzioni» verso chi scrive le leggi. Ha usato le stesse parole del Ministro Nordio. Forse i suoi colleghi non saranno stati felicissimi.
Mi sono espresso male io. Ribadisco che ritengo l’assoggettamento del pm al Governo il maggiore pericolo potenziale, perché potenziale va considerato adesso.
Lei ha subito chiesto un incontro alla premier Meloni che ha accettato per avere un confronto. Ma questo non è in contraddizione con la mozione approvata a Palermo lo scorso maggio da migliaia di suoi colleghi dove leggiamo: «L’unicità della magistratura è valore fondante del nostro associazionismo: tale sua caratteristica ontologica è incompatibile con ogni possibilità di mediazione e trattativa sugli specifici contenuti delle riforme»? In pratica qui si diceva che non si poteva dialogare su nulla.
Qui la risposta è molto semplice. Nella mozione si dice che non ci può essere nessuna trattativa e io ho infatti, in due interventi fatti prima di essere eletto, ho proprio specificato che non ci può essere nessuna trattativa per il motivo che noi non abbiamo nulla da offrire. Questo punto è stato ben compreso dai miei colleghi.
E allora perché chiedere un incontro?
Come Giunta unitaria vorremmo essere ascoltati per esprimere le nostre effettive ragioni di contrarietà alla riforma, e non invece magari opinioni che vengono rappresentate sull’immagine della magistratura che secondo me non corrispondono a quella effettiva. L’altro giorno il senatore Gasparri ha detto che sono “eversivo”, che ho minacciato il Parlamento. Io non minaccio nessuno. Sono mica così sciocco da minacciare il Parlamento! Io ho detto soltanto che mi piacerebbe che qualunque decisione prenderà il governo la prendesse dopo aver audito l’Anm che è portatrice di valori importanti, espressiva della maggioranza dei magistrati.
Nel momento in cui lei dice che non ci può essere alcuna trattativa, vuol dire che rimane saldo il concetto che nulla di questa riforma per voi si può modificare?
Le modifiche le può fare il potere legislativo. Siccome noi abbiamo un dissenso globale su questa riforma, vorrei soltanto spiegare quali sono le ragioni di questo dissenso, come magistrato e come cittadino. Immagino che non cambieranno idea, però perché non tentare?
Non voglio metterla nella posizione di parlare per tutta la Giunta ma in astratto le chiedo: se il governo vi proponesse il sorteggio temperato secondo lei la magistratura sarebbe pronta ad accettare questa modifica?
Se rispondessi alla sua domanda mi metterebbe in grande difficoltà perché ogni decisione spetta alla giunta. Noi ovviamente ribadiamo che abbiamo osservazioni critiche su ogni singolo punto della riforma. La mia impressione personale è che probabilmente nulla verrà cambiato e quindi il problema che solleva lei non si porrà. Comunque mi preme sottolineare che la giunta è sovrana per qualunque decisione che verrà presa.
Anche questa sua non risposta lascia aperta comunque la possibilità di dialogo su alcuni punti, altrimenti avrebbe detto già “no”, ribadendo quello già espresso dalla giunta precedente.
La nuova Giunta valuterà con estrema attenzione quello che ci sarà detto nell’incontro: sarà comunque un momento significativo, quantomeno se riusciremo almeno a distendere i rapporti tra le parti. Sui contenuti, non voglio essere evasivo, però è talmente complessa e delicata la situazione che non posso aggiungere altro.
Secondo Lei con la sua presidenza il Governo sarebbe pronto a rimettere mano all’intera riforma?
Non glielo so dire. Mi piacerebbe che fosse così, però io non vivo di illusioni. Dopodiché ascolteremo tutti con attenzione e faremo le nostre valutazioni.
A proposito di correnti, lei ha detto «non siamo la banda Bassotti». Però sabato chi era presente al Cdc non ha assistito a uno spettacolo edificante. Più che gruppi di pensiero, sembravate partiti politici pronti a scannarvi per una poltrona.
Quando ho usato il termine Banda Bassotti non mi riferivo tanto a quello che stava accadendo in quella giornata dove si decidevano degli incarichi, momenti in cui ci possano esserci delle tensioni: credo che questo sia assolutamente normale. Mi riferivo al fatto che da molto tempo ormai si è formata l’idea che le correnti siano sostanzialmente soltanto un luogo di aggregazione per la trasmissione del potere: io questo francamente non l’accetto, non è il mondo che conosco io, non è il mondo del mio gruppo e penso nemmeno di quello degli altri. Poi ci sono delle persone che vivono la vita di corrente per interessi personali, ma questo si verifica in tutte le associazioni.
Però Giuseppe Tango della sua corrente arriva primo e proprio Mi non lo vuole alla presidenza. Lo giudica opportuno?
Quattro anni fa Giuseppe Santalucia, che è stato uno splendido presidente dell’Anm, non era certamente il candidato più votato.
Però se è stato eletto presidente è perché proprio Mi ha posto il veto su Luca Poniz. Addirittura ora lo avete messo su uno dei vostri.
Come sa, io non ero candidato alla presidenza. Io sono iscritto a Mi dal 1990, mi ritengono una persona affidabile e quindi se i colleghi di Mi in un momento particolare mi hanno chiesto di fare qualcosa mi sono reso disponibile.
È pronto a riaprire un dialogo con l’avvocatura?
Certamente. Un dialogo è necessario con tutti: avvocatura, politici, giornalisti.
I suoi colleghi milanesi hanno rifiutato di prendere parte all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Ucpi. Lei sarebbe andato?
Non mi hanno invitato e comunque avrei sicuramente sottoposto la questione alla Giunta.
Le pongo la domanda immaginando di mettersi nei panni dei vertici giudiziari degli uffici milanesi.
Si tratta di rapporti personali che potrebbero esserci con determinati soggetti. Posso dirle che a fronte di inviti di alcuni avvocati magari non sarei andato. È anche una questione di persone, nel senso che ci sono molti avvocati con cui io sono in buoni rapporti e a fronte di un loro invito sarei invece andato.
Sarebbe d’accordo con l’inserimento dell’Avvocato in Costituzione?
A titolo personale le rispondo di sì. Non so cosa pensi la Giunta su questo.
L’onorevole Calderone di Forza Italia ha detto: “Se i magistrati dovessero andare in un'udienza con la coccarda, sono pronto a chiedere procedimenti disciplinari”.
È un suo diritto chiedere il procedimento disciplinare e qualcuno poi deciderà se c’è un illecito oppure no.