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L’inchiesta giudiziaria su Open è partita e, tra gli oggetti sequestrati nelle venti perquisizioni avvenute su tutto il territorio nazionale ai finanziatori della fondazione renziana, alcuni fanno più paura di tutti: i telefoni. Bombe a orologeria da taschino, se ciò che contengono finisse nelle mani sbagliate: non certamente quelle dei magistrati ma quelle della stampa, che mai si ferma dal pubblicare atti coperti da segreto istruttorio ( magari per nulla inerenti la vicenda giudiziaria in sè, ghiotti però sul versante del retroscena politico).
Del resto sono stati in molti, ieri, a scrivere come Matteo Renzi sia preoccupato non tanto per i risvolti penali dell’inchiesta ( che lui considera quasi nulli), quanto per il danno politico che potrebbe derivargli proprio dalla rivelazione di cosa è conservato dentro a quei telefoni.
Non le prove di eventuali reati, ma le evidenze di trame politiche, antipatie personali, giudizi espressi via chat o messaggi vocali agli amici, proprietari degli apparecchi sequestrati.
Basterebbe la pubblicazione anche solo di una manciata di questi contenuti per mettere più che in difficoltà non solo Matteo Renzi, ma anche la sua nuova creatura Italia Viva e, di riflesso, lo stesso governo.
Del resto ben potrebbe succedere che qualcuna di queste conversazioni finisca allegata nero su bianco agli atti dell’indagine, considerando che al vaglio della magistratura c’è proprio l’ipotesi che «la fondazione Open abbia agito come articolazione di partito politico».
L’auspicio, allora, non può essere che il seguente: che i pm ( come non fu per l’altro processo che investì Renzi) scelgano in tutto e per tutto la strada delle garanzie processuali. La prima, quella della segretezza degli atti d’indagine e soprattutto la distruzione delle risultanze non rilevanti sotto il profilo penale.
Sarebbe, questo, il modo per dare applicazione alle disposizioni del codice penale e di procedura penale, ma anche per riappacificare non tanto le parti in causa - Matteo Renzi che li ha sgradevolmente inseriti in un post rabbioso e i magistrati che su di lui stanno indagando quanto i soggetti costituzionalmente rilevanti che essi rappresentano: la politica e la magistratura.