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«Il governo dovrebbe chiedere al ministro della Giustizia di rimettere mano alla riforma dell’ordinamento giudiziario. Il termine è stato prorogato fino a dicembre. Ci sono ancora alcuni mesi davanti per intervenire seriamente». Il presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco, non usa giri di parole per esprimere le proprie perplessità sulla bozza di decreto legislativo messa a punto dalla Commissione nominata dal guardasigilli per dare attuazione alla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm.
Presidente Greco, come valuta gli interventi che dovrebbero portare a compimento la tanto sospirata riforma dell’ordinamento giudiziario?
Siamo di fronte a un’occasione perduta. La riforma della giustizia, ormai è chiaro, deve passare attraverso la riforma dell’ordinamento giudiziario. Abbiamo invece assistito a interventi sugli organici delle cancellerie, con una serie di concorsi fatti nel passato, quando ormai le cancellerie stesse si sono svuotate. Si è fatto l’Ufficio del processo, abbiamo assistito a numerosi interventi, negli ultimi vent’anni, sui codici di rito, senza riuscire a ottenere alcun miglioramento. Anzi, le cose addirittura sono peggiorate. Si è intervenuto sull’avvocatura. Ci hanno tolto le tariffe ed è stato detto che sarebbe migliorato tutto il sistema. Adesso, sono stati imposti i limiti che riguardano la lunghezza degli atti giudiziari, come se la crisi della giustizia derivasse da quanto scrivono gli avvocati. Insomma, abbiamo assistito a una miriade di interventi, ma non su quello che è l’oggetto vero e che richiede massima attenzione, vale a dire l’ordinamento giudiziario.
Il “motore” dell’organizzazione giudiziaria è stato, dunque, tralasciato?
È così. È nella organizzazione della macchina giudiziaria, gestita dal magistrato, che si annidano i problemi maggiori della giustizia. Voglio fare a tal proposito un esempio, che credo sia molto calzante. Se una partita di calcio si svolge in modo non regolare, va individuata nell’arbitro una responsabilità perché non è in grado di dirigerla al meglio. È chiaro che alla base di tutto ci sarebbe dovuta essere, già tanti anni fa, la riforma dell’ordinamento giudiziario. Voglio però essere chiaro su questo punto. Mi consenta di sottolineare un aspetto che considero molto importante.
Dica pure.
Io non parlo e non mi riferisco ai singoli magistrati. I nostri magistrati sono eccellenti, non hanno nulla da invidiare alla media dei magistrati europei, sono operosi e capaci. Sia i giudici che i pubblici ministeri sono un fiore all’occhiello del nostro Stato di diritto. Il problema riguarda invece la corporazione della magistratura, che è autocelebrativa ed è organizzata in correnti. Abbiamo visto tutti nel recente passato a cosa hanno portato le correnti. Bisognava, quindi, intervenire sulla corporazione della magistratura. Questa riforma non interviene affatto sugli aspetti più importanti. Ecco perché, lo ribadisco, ci troviamo di fronte a un’occasione perduta e sono d’accordo con le posizioni espresse dall’onorevole Enrico Costa.
Un tema significativo, contenuto nella bozza della delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario, riguarda i magistrati fuori ruolo. Non si incide più di tanto, a quanto pare.
Per quanto riguarda il numero dei magistrati fuori ruolo, noi avevamo proposto di ridurli a 100 con un meccanismo progressivo che nell’arco di cinque anni li portasse poi a 50, in modo da far ritornare gli altri a fare i magistrati nelle aule di giustizia, a scrivere le sentenze e a gestire i processi. La linea che, invece, è passata in una Commissione composta nella stragrande maggioranza da magistrati è che si passa da 200 a 180 magistrati. Un risultato del genere era prevedibile, se si pensa appunto alla composizione della Commissione.
Altro tema rilevante è quello delle valutazioni di professionalità. In riferimento al fascicolo personale del magistrato, si prende in considerazione la “sussistenza di gravi anomalie in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle fasi o nei gradi successivi del procedimento e del giudizio”. L’avvocatura ha fatto proposte sul punto?
Il tema delle “gravi anomalie” è significativo. Se il legislatore ha fatto un riferimento generico alla “gravi anomalie” è perché non si voleva identificarle in un comportamento specifico. Si voleva far sì che, in sede di valutazione del magistrato, si tenesse conto di “gravi anomalie” indefinite che in un determinato momento si dovevano andare a considerare. La Commissione alla fine ha tirato fuori un altro principio. Ha previsto una forma di salvaguardia secondo cui non sussistono “gravi anomalie” se il magistrato, nel distaccarsi dall’orientamento della Sezione, subendo la riforma delle sue decisioni, specifica che lo fa perché non condivide l’orientamento della Sezione stessa. Il meccanismo delle “gravi anomalie”, ai fini della valutazione della carriera del magistrato, è stato di fatto svuotato di significato. La riforma Cartabia mirava a riformare l’ordinamento giudiziario. Temo, però, che non si raggiungeranno i risultati prefissati. Anche il ministro Nordio, d’altronde, ha riconosciuto che gli obiettivi di riduzione dell’arretrato nel civile e nel penale non saranno raggiunti. Sarebbe stato opportuno prevedere degli indici di valutazione di ogni singolo processo, cui ogni magistrato nella gestione del procedimento deve attenersi, al fine di introdurre nel nostro sistema giudiziario principi oggettivi rivolti a perseguire sia l’efficienza che la qualità della giurisdizione. Invece, facendosi scudo dell’autonomia e della indipendenza, che nulla hanno a che vedere con i principi di efficienza e qualità della giurisdizione, la magistratura associata rifiuta ogni sistema oggettivo di controllo della sua attività.
Cosa cambia in tema di partecipazione degli avvocati nei Consigli giudiziari per le valutazioni di professionalità dei magistrati?
La riforma prevede l’attribuzione di un voto unitario. Se in un Consiglio giudiziario ci sono, per esempio, tre o quattro avvocati, questi esprimono un voto solo. Davvero una cosa singolare. E se questi colleghi non sono d’accordo tra di loro, che voto verrà espresso? L’avvocatura, nell’apposita Commissione, ha spiegato che occorreva oggettivizzare il voto che gli avvocati avrebbero espresso per i magistrati in sede di valutazione. Va precisato però che è stata la legge delega a prevedere il voto unitario. Si tratta, secondo me, di un aspetto sintomatico della paura di far partecipare l’avvocatura alla valutazione dei magistrati. Fino a quando i magistrati, con il meccanismo corporativo, con le correnti che questo esprime, potrà procedere alla auto-valutazione per gli avanzamenti di carriera, non ci sarà alcun rimedio rispetto all’attuale stato delle cose.