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Con uno scarto improvviso ma almeno all’apparenza risolutivo, Giuseppe Conte, ha chiuso la vicenda del sottosegretario leghista Armando Siri annunciando la decisione di revocarlo dall’incarico alla prossima riunione del Consiglio dei ministri. Per farlo, ha dovuto prendere le distanze dai partiti della maggioranza, rivendicando il suo ruolo di arbitro e di decisore ultimo. Era una strada obbligata per sbrogliare una matassa che minacciava di diventare ogni giorno più aggrovigliata e dalla conseguenze politicamente esplosive. Trascinare infatti fino alla elezioni europee di fine maggio una vicenda che metteva in contro i rapporti tra politica, magistratura e media e perfino questioni etiche e di moralizzazione, avrebbe avuto un costo pesante non solo per le forze politiche della coalizione gialloverde ma per la credibilità dell’intero governo.
Tuttavia la strambata di palazzo Chigi non appare solo uno stratagemma per venir fuori da una situazione complicata. Segna anche - forse per la prima volta in modo così esplicito - una presa di distanza del capo del governo dai due dioscuri che finora ne avevano determinato l’azione. Una presa di distanza destinata a pesare, le cui conseguenze diventeranno più chiare dopo le elezioni. Conte come e di più Tria, insomma. Novità da non trascurare.