«Conte che si era convinto che la super lauta consulenza per Grillo gli consentisse di governare il M5S in maniera tranquilla ma così non è stato», spiega Massimiliano Panarari, sociologo dell’università di Modena e Reggio Emilia, secondo il quale Grillo ora «potrebbe fare una scissione e tornare con un suo movimento che recuperi le radici del passato spaccando il M5S attuale».

Professor Panarari, che idea si è fatto della guerra tra Conte e Grillo?

In termini generali possiamo dire che arrivano al pettine alcuni nodi che erano in qualche modo strutturali nella seppur breve storia del M5S. Se volessimo usare uno slogan cinematografico potremmo dire che alla fine ne rimarrà uno solo. Il punto è che il M5S ha una natura di partito personale da sempre. È stato bipersonale alle origini, con i due fondatori che trovarono un’intesa personale all’insegna di una divisione di ruoli. Dopodiché il comando è sempre stato nelle mani di Grillo, il quale oggi non trova più spazio perché l’attuale leader intende svolgere il suo ruolo in maniera ben più diretta.

Con conseguenti lettere del Garante e minacce vicendevoli.

La reazione è stata molto dura, all’interno di una dimensione pubblica di polemica fortissima tra i due che fa emergere come non siano i nodi politici la vera questione ma sia innanzitutto un tema di assetti di potere. I quali prendono, e anche questo appare paradossale, una forma legale. Grillo si era cautelato rispetto al controllo del Movimento dal punto di vista giuridico ma Conte ha cambiato lo statuto con il risultato che quello che era considerato un movimento rivoluzionario e che ha ancora una componente antisistemica, oggi procede a suon di lettere e carte bollate.

Come è cambiato il M5S in tutti questi anni, da quando si è affacciato nel panorama politico italiano?

Il M5S ha attraversato diverse fasi. Nella fase di Di Maio il M5S ha cercato in maniera complicata e confusa di dotarsi di un’organizzazione ben definita, simile a quella di un vero partito, del tutto contraria alla visione di Grillo. La caduta di Di Maio, che era stato preferito da Grillo a Di Battista, e da qui la rottura tra i due, è infatti legata al tentativo di istituzionalizzazione che Di Maio ha provato a fare per consolidare la presa sul Movimento.

Poi è arrivato l’avvocato Conte…

Successivamente il M5S ha vissuto le due esperienze di governo di Giuseppe Conte, antitetiche tra loro, prima con la Lega poi con il Pd. Anche in questa fase la direzione di marcia del M5S è andata verso un partito personale che sarebbe scaturita, l’indomani di quella esperienza di governo, in partito personale di Giuseppe Conte, il cosiddetto PdC. Nel corso del Conte bis non si poteva che andare in quella direzione, visto anche l’evento esogeno della pandemia e alla luce del consenso certificato dai sondaggi.

Fino allo scontro con Grillo: come si è arrivati alle polemiche di queste settimane?

Il nodo del contendere è il potere, con Conte che si era convinto che la super lauta consulenza per Grillo gli consentisse di governare il M5S in maniera tranquilla. Così non è stato, perché nel frattempo questa lotta per il potere ha avuto una coloritura politica nel senso che per saldare la sua presa nel M5S Conte si è convinto che non ci sia alternativa al collocarsi nel cosiddetto campo largo. Pur controvoglia. Grillo, al contrario, è convinto che l’ideologia antisistema oltre destra e sinistra sia invece l’unica soluzione per riportare il M5S sul mercato elettorale in maniera più solida.

Per farlo mette dei paletti: nome, simbolo e regola dei due mandati devono rimanere tali. Perché Conte non ne vuole sapere?

Diciamo che Grillo ha una visione piuttosto padronale del Movimento, essendone il creatore. Ma intanto si è anche consumato il rapporto personale con Conte. In politica la psicologia è centrale e i rapporti personali sono anch’essi fondamentali. In questo periodo c’è stata la convinzione che Conte non fosse più controllabile e questo ha portato al precipitare delle loro relazioni private.

Si arriverà a un partito saldamente nelle mani di Giuseppe Conte e diverso dal M5S antisistema delle origini?

Diciamo che la versione partito personale di Conte, che è sempre stato molto flessibile e adattabile, basta pensare ai decreti Sicurezza che lui ha sconfessato pur avendoli firmati, ha trasformato il Movimento nella direzione di un attore via via sempre meno antisistemico nel panorama politico. D’altronde, è difficile per un partito che ha come presidente l’ex primo ministro dichiararsi antisistema. Conte sapeva di poter spendere la sua fiche in maniera più efficiente nel campo del sinistra- centro. Questa è una dinamica molto interna al sistema in completa contraddizione rispetto al grillismo, che è strutturalmente antisistemico.

Vede una scissione all’orizzonte?

Non c’è dubbio che mai come in precedenza la situazione interna è prossima a una deflagrazione. Conte ha via via rimosso le figure più vicine a Grillo e pensava di convincere i dubbiosi rimuovendo la regola dei due mandati che però per Grillo è un punto irrinunciabile della sua idea anti casta. Potrebbe esserci una scissione con la quale Grillo ritornerebbe con un suo movimento che recupera le radici del passato e che spacca il M5S attuale. Sarebbe la soluzione più logica e consentirebbe a Conte di dare vita a un altro partito, certo smagrito ma bisogna vedere fino a che punto.

Con la fine del grillismo finisce anche una certa idea populista del Movimento, ad esempio sulla giustizia?

L’Italia è un laboratorio populista e non c’è dubbio che già il berlusconismo abbia avuto una componente populista, ispirata tuttavia all’ottimismo e contrapposta alle paura fomentate dal populismo di oggi. Il M5S di Conte, ancor più se privato della componente grillina, potrebbe declinare una forma di soft populismo orientato a sinistra ma sarebbe qualcosa di significativamente diverso dal populismo radicale delle origini. Si tratta di vedere che tipologia di mercato elettorale ci sarà per questa nuova versione del M5S.