«Ci sono disordini nel carcere di Reggio Calabria, dobbiamo risentirci». Gennarino De Fazio, segretario generale della UilPa penitenziaria, come tutti i giorni è impegnato a monitorare la situazione, spesso esplosiva, nelle carceri italiane. Dopo qualche ora ci risentiamo e la situazione nel penitenziario calabrese, per fortuna, è rientrata, non si sono registrati feriti né tra i detenuti né tra gli agenti, mentre ci sarebbero danni alla struttura.

Segretario, il sovraffollamento, i suicidi e le proteste dei detenuti sono i sintomi di una situazione davvero preoccupante. Lei, però, ci teneva a evidenziare un aspetto relativo alla liberazione anticipata che tanto fa discutere.

Proprio così. Per quanto si tratti di un aspetto “tecnico” penso che sia abbastanza semplice da spiegare.

Proviamo a farlo.

Attualmente l’articolo 35 ter dell’Ordinamento penitenziario, introdotto dopo le censure della Cedu per la sentenza Torreggiani, prevede che il detenuto possa fare reclamo se le condizioni di detenzione non rispondono ai criteri previsti per gli spazi vitali all’interno della cella. Oggi abbiamo questa situazione di illegalità diffusa nelle carceri con 14.500 detenuti in più e con tutta la disfunzionalità che ne consegue.

Cioè?

Non si tratta solo dello spazio in cella, ma tutto è proporzionato ai numeri. Quindi se i detenuti in più sono 14.500 viene razionata l’acqua, si riducono gli spazi di socialità, sono insufficienti docce e servizi igienici con i relativi sovraccarichi ai sistemi fognari e così via. Per non parlare della penuria di agenti di Polizia penitenziaria, oltre 18mila unità, che non solo non riescono a garantire i servizi, ma sono anche in difficoltà dal punto vista psicologico nel loro lavoro.

Torniamo alla richiesta di liberazione anticipata.

Il detenuto che ha, non solo la capacità di comprenderne il meccanismo, ma anche le possibilità economiche di pagare un avvocato propone il reclamo al magistrato di sorveglianza per ottenere la liberazione anticipata, in virtù dell’articolo 35 ter O. p., indipendentemente dal comportamento tenuto in carcere. In questo modo possono avere accesso alla liberazione anticipata, che non è di 15 giorni in più a semestre, come prevede la proposta di legge Giachetti a regime, ma di 18 giorni. Infatti con i rimedi risarcitori ci sarebbe 1 giorno di sconto ogni 10 di detenzione, quindi 3 al mese, che per un semestre sommano a 18. Nel solo 2023 sono state presentate 9.574 istanze di risarcimento per queste violazioni e di queste, 8.234 sono state esaminate e ben 4.731 ( il 57,5%) sono state accolte. Va anche chiarito che la possibilità di proporre il reclamo, in base all’articolo 35 ter O. p., è consentita anche autonomamente ai detenuti, ma in questo caso viene sempre respinta, perché non c’è una competenza tecnica nel momento in cui si va a discutere il caso. Ci potremmo trovare, volendo ragionare per paradosso, davanti a situazioni molto particolari.

Ci faccia qualche esempio.

Potrebbe accadere. Ma ripeto è un’iperbole, che un detenuto riesca, volutamente, a farsi destinare in un carcere o in una sezione dove il sovraffollamento è molto alto. In questo modo, potendosi consentire di pagare un avvocato, potrebbe richiedere i giorni di liberazione anticipata come risarcimento.

A chi ha affossato la proposta di legge Giachetti è sfuggito l’articolo 35 ter dell’Ordinamento?

Sembra proprio di sì. Tutti concentrati a lanciare slogan del tipo: “non liberiamo i delinquenti”, “non vogliamo dare sconti di pena” e non si sono accorti che esiste già questo meccanismo, ancora più premiale e che penalizza quelli che non hanno possibilità economiche, indipendentemente dal comportamento carcerario.

Il decreto carceri, a poco più di 20 giorni dal via libera definitivo in Senato, quali effetti ha prodotto?

Non ha prodotto e non produrrà nulla di positivo, se non a lungo termine. Proprio l’automatismo della liberazione anticipata crea un problema, perché prima il detenuto faceva domanda ogni sei mesi e, quindi, si valutava il suo comportamento e gli si ricordava di avere una buona condotta. Ora si dovrà fare a fine detenzione, ma non sarà facile. Sono stati, poi, ridotti i corsi di formazione per la Polizia penitenziaria. Non ci sono misure in grado di migliorare il sistema penitenziario: né sul sovraffollamento, né sulla sanità.