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MES. E’ un acronimo misterioso diventato famoso negli ultimi giorni: sta per ‘ Meccanismo europeo di stabilità’. In inglese è l’ESM, ‘ European Stability Mechanism’, ovvero il ‘ Fondo salva- stati’, il nome più volgare con il quale è noto all’opinione pubblica.In questi giorni è montata una enorme polemica attorno alla riforma del MES, all’esame da mesi delle istituzioni europee come uno dei pilastri della ‘ riforma dell’Unione economica e monetaria’. Lo scontro si è acceso perchè il MES, con l’approvazione della sua riforma, potrà esprimere in caso di crisi giudizi e valutazioni sulla ‘ sostenibilità del debito pubblico’ dei paesi dell’eurozona. Apriti cielo: ‘ alto tradimento’ per chi ha garantito l’appoggio a una tale riforma che svenderebbe la sovranità nazionale. Apriti cielo contro il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Apriti cielo contro l’Europa matrigna, contro la Germania e contro la Francia. ‘ Non passeranno’, è il grido che unisce tutti i contestatori della riforma del MES. La riforma non s’ha da fare, chiosano a gran voce Matteo Salvini e i No Euro. Ci spiega un ex alto funzionario della Banca d’Italia al tempo del governatorato di Mario Draghi: ‘ attenzione, se l’Italia non firma il trattato di modifica del MES, a causa o comunque dentro questo polverone sulla non sostenibilità del debito, praticamente ammette pubblicamente di fronte alla pubblica opinione della finanza mondiale, che ritiene non sostenibile il nostro debito pubblico’. Conclude: ’ Mi spiega - dice rivolto a me - i grandi investitori internazionali come potrebbero continuare a sottoscrivere i titoli del debito italiano se il governo che li emette lasciasse capire che ritiene il suo debito anche solo potenzialmente non sostenibile? Me lo spiega Lei?’ Ma che cosa prevede questa contestatissima ( in Italia: negli altri paesi dell’eurozona, il dibattito pare molto più sereno…) riforma del MES?La riforma introduce, o meglio codifica, due procedure di intervento di emergenza per paesi che richiedono ‘ aiuto’ in caso di gravi crisi economico- finanziarie. Leggiamo da un documento del servizio studi di Camera e Senato: ‘ Un primo strumento di intervento - spiega il servizio studi - si configurerebbe come la linea di credito condizionale precauzionale ( PCCL) e sarebbe limitato ai Paesi membri la cui situazione economica e finanziaria, pur fondamentalmente solida, potrebbe tuttavia essere influenzata da uno shock negativo al di fuori del loro controllo. Il Paese richiedente dovrebbe soddisfare una serie di criteri e firmare una lettera di intenti impegnandosi a continuare a soddisfare tali criteri. Gli Stati membri dovrebbero, tra l'altro, rispettare alcuni parametri quantitativi di bilancio nei due anni precedenti la richiesta di assistenza finanziaria ( tra cui un disavanzo inferiore al 3% del PIL e un rapporto debito/ PIL inferiore al 60% del PIL o una riduzione di questo rapporto di 1/ 20% all'anno), non essere soggetti alla procedura per disavanzi eccessivi, non avere squilibri eccessivi e il loro debito pubblico dovrebbe essere considerato sostenibile?Fin qui la prima procedura, che è del tutto innovativa e di fatto regola una forma di azione predisposta dal Presidente Draghi nell’autunno scorso ma non prevista formalmente fino ad ora. Grazie ad essa i paesi dell’eurozona possono essere ‘ tutelati’ in caso di grave crisi finanziaria ‘ esogena’, ad esempio un default di debito di un’altro paese molto indebitato e poco efficiente, o in caso di gravissime tensioni nel settore bancario. Gli esperti spiegano che in questo caso di intervento la ‘ capacità di fuoco’ del Meccanismo europeo di stabilità, già piuttosto consistente, verrebbe affiancata dal super- bazooka della Banca Centrale Europea, i programmi OMT (‘ Outright Monetary Transactions’). In tal modo l’ossigeno per il sistema economico dell’eurozona in caso di shock finanziari, sarebbe di fatto infinito. E’ quindi lo strumento principe anti- crisi finanziarie che legherà MES e BCE e offrirà un Super- Ombrello’ all’intera eurozona.C’è poi un secondo strumento ‘ precauzionale’ previsto nella riforma del MES che in realtà già esiste nell’attuale ordinamento del Fondo salva- stati. ‘ La seconda linea di credito soggetta a condizioni rafforzate ( ECCL), invece, - spiegano sempre i funzionari del servizio studi di Camera e Senato - sarebbe aperta ai membri del MES che non sono ammissibili alla PCCL, a causa della non conformità rispetto ai suddetti criteri di ammissibilità, ma la cui situazione economica e finanziaria rimanga comunque forte e il cui debito pubblico sia considerato sostenibile. Il Paese richiedente dovrebbe firmare un memorandum d'intesa ( MoU) impegnandosi a intervenire con le necessarie riforme nelle proprie aree di vulnerabilità. Pertanto, mentre la PCCL si baserebbe sulla definizione unilaterale degli interventi da porre in essere per la risoluzione della crisi alla base della richiesta di supporto, la ECCL si fonderebbe sulla negoziazione dellacondizionalità, da graduare in ragione dell'intensità dell'intervento, con una sostanziale partecipazione della Commissione, del MES e della BCE alla definizione degli interventi da realizzare ai fini della risoluzione della crisi’.Questo tipo di intervento in buona sostanza è quello ‘ classico’ della ex Troika ovvero del ‘ Memorandum’. Ovviamente ci sono memorandum e memorandum: c’è la crisi greca che ha previsto memorandum molto duri verso Atene. C’è l’intervento per sostenere le banche spagnole che è stata contraddistinto da una azione molto meno dura e cogente da parte del Fondo salva- stati.Fin qui tutto bene, anzi benone. Con questa codificazione degli strumenti di intervento, il MES diventa molto più importante. Assieme alla BCE di fatto diventa quasi un ‘ prestatore di ultima istanza’ o qualcosa di relativamente vicino. I ‘ memorandum’ se bene impostati, poi, possono essere strumenti di riforma economica per rendere più efficienti settore pubblico e regolazione dei mercati.L’eurozona ha dovuto mettere a punto i strumenti di intervento anti- crisi nel mezzo di crisi spesso drammatiche: la crisi greca, l’Irlanda, la Spagna, il Portogallo. Ha avuto un vero e proprio processo di apprendimento che ha portato spesso all’innovazione: il Meccanismo europeo di stabilità appunto e i programmi di intervento anti- crisi della Banca Centrale Europea di Mario Draghi. Programmi che hanno nomi un po’ esoterici ma che sono ormai diventati parte organica della vita economica europea: i QE, ovvero gli acquisti programmati e scadenzati di tutoli di stato dei paesi dell’eurozona; i programmi OMT, ovvero il super- bazooka nucleare finanziario; i programmi LTRO (‘ Long term refinancing operation’), ovvero il credito aperto a tutte le banche dell’eurosistema. Questi programmi e strumenti di emergenza sono stati messi a punto e implementati, tutti, grazie alla capacità tecnica di Mario Draghi e all’abilità politica della Cancelliera tedesca Angela Merkel. L’asse Merkel- Draghi ha di fatto salvato l’euro e permesso alle economie dell’eurozona di superare più o meno la drammatica vicenda del 2011.Non solo. Nella riforma del MES è prevista anche un’altra cosa importante. Riprendiamo a leggere dal documento del servizio studi di Camera e Senato: ‘ Agli strumenti già previsti dal trattato da utilizzare in accordo con i principi dettati dall'articolo 12 ( assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie di uno Stato membro ( articolo 15); prestito agli Stati membri su istanza del MES, previa sottoscrizione di un MoU ( articolo 16); sottoscrizione ( articolo 17) o acquisto ( articolo 18) di titoli di debito pubblico emessi da uno Stato membro), si aggiungerebbe quindi la garanzia comune ( backstop) al Fondo di risoluzione unico delle banche sotto forma di linea di credito rotativo ( articolo 18 A)’. Questa ‘ garanzia comune’ per il Fondo di risoluzione delle banche costituisce una questione alquanto tecnica: semplicemente in tal modo, si rafforza notevolmente la capacità di resistenza delle banche europee ad eventuali situazioni di grave crisi.Insomma le novità che saranno introdotte dalla riforma del MES sono molto importanti e possono contribuire ad affrontare meglio le crisi. Non solo: questa riforma costituisce un ulteriore innovazione nel quadro europeo che mostra la vitalità democratica dell’Unione economica e monetaria. Certamente essa ha moltissimi difetti: il trattato del MES è di carattere intergovernativo ad esempio, ma comunque da un altro introduce nuovi strumenti e dall’altro rafforza le istituzioni europee. In particolare il ruolo del board del MES a fianco della Commissione europea.La riforma del MES è ‘ solamente’ uno dei tre pilastri, come abbiamo accennato prima, della più complessiva riforma dell’Unione economica e monetaria europea, che prevede anche il completamento dell’Unione bancaria e la creazione di un nuovo strumento di politica economica europea, lo ‘ Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività delle economie dell’eurozona’. E’ o, per meglio dire, dovrebbe essere lo strumento di politica europea che affiancherà i programmi di emergenza finanziaria per sostenere riforme economiche e interventi strutturali nei paesi in crisi. Si tratta di un ottimo proposito, e in teoria si tratterebbe di un ottimo strumento: purtroppo almeno nei documenti approvati dalle istituzioni europee, almeno finora, c’è una dotazione finanziaria alla base di un tale strumento estremamente bassa anzi francamente ridicola per gli obbiettivi che esso dovrebbe avere: solamente 50 miliardi. E’ una elemosina che dovrebbe affrontare situazione di crisi sociale e industriale spesso drammatiche a livello addirittura continentale. Ma purtroppo, per ora, queste sono le somme preventivate per uno strumento che dovrebbe assumere un ruolo fondamentale per evitare che le crisi economiche precipitino. Un altro pilastro è il mitico completamento dell’Unione bancaria. All’unione bancaria di oggi mancano alcuni tasselli vitali: per dirla semplicemente, il completamento del meccanismo di risoluzione delle crisi e l’assicurazione comune europea per i depositi bancari.La Germania recentemente, con il suo ministro delle finanze socialdemocratico, ha messo nero su bianco le sue idee in proposito: va bene l’adozione di questo meccanismo dell’Unione bancaria ma ad alcune condizioni particolarmente stringenti. Come ad esempio, la graduazione del rischio dei titoli di stato dei diversi paesi in pancia alle banche stesse. Oggi i titoli di stato tedeschi o quelli italiani hanno la stessa valutazione di rischio nei bilanci delle banche. Berlino chiede che questa valutazione nei bilanci delle banche sia ‘ graduata’ a seconda del ‘ rischio’ dei titoli dei diversi paesi. La Germania chiede che le banche europee considerino i titoli tedeschi come meno rischiosi e più sicuri di quelli italiani. Ciò ovviamente avrebbe conseguenze rilevanti per il nostro paese: le banche italiane detengono direttamente un bel pezzo del debito pubblico nazionale. Se dovessero valutarne il rischio in modo più ‘ costoso’, le banche italiane avrebbero serissimi e nuovi problemi di capitalizzazione. Come si vede i temi sono complessi e variegati. Non è un caso che molti specialisti propongano di fatto uno scambio politico per l’Italia: il nostro paese potrebbe sottoscrivere la riforma del MES e chiedere, in cambio, una definizione di condizioni meno ‘ dure’ per il completamento dell’Unione bancaria. Questo discorso peraltro sembra essere quello del governo, o almeno del Ministero dell’Economia, quando parla di ‘ logica di pacchetto’. Dove il pacchetto è appunto l’insieme dei tre pilastri: riforma del MES, completamento dell’Unione bancaria e ‘ fondo competitività’. Non è facile arrivare a un tale scambio sia per questioni politiche, l’Italia abbisogna di alleati per portare avanti un tale negoziato; sia per questioni procedurali: la riforma del MES è pronta, le intese per l’Unione bancaria richiedono altro tempo e quindi i diversi pilastri sono sfasati temporalmente. L’Italia probabilmente si dovrebbe accontentare di ‘ impegni politici’: ma comunque Roma ha un bisogno disperato di alleati e se non firmasse la riforma del MES non avrebbe alcun alleato. Spagna e Portogallo sono in primissima fila per portare a casa subito il nuovo MES. Tutto ciò ci riporta a quella riforma. C’è infatti un tema che è diventato centrale nel recente dibattito italiano: quello della ristrutturazione del debito pubblico. Nella riforma infatti viene esplicitamente previsto quello che in altri ordinamenti di questi genere rimane implicito o ambiguo: viene previsto un giudizio del MES stesso sulla ‘ sostenibilità del debito pubblico’. E’ un argomento particolarmente delicato. C’è però un fatto incontestabile. Non firmare la riforma del MES perchè c’è questo giudizio possibile sulla sostenibilità del debito è estremamente pericoloso: significherebbe comunicare a tutto il mondo finanziario che noi italiani riteniamo poco sostenibile o meglio che non siamo sicuri della piena sostenibilità del nostro debito pubblico. Nella riforma del MES non è previsto alcun automatismo fra richieste di aiuto e ipotesi di ristrutturazione del debito, ma appare evidente che se l’Italia mostra poca fiducia essa stessa sulle sue capacità di riparare il suo debito, allora la crisi sarebbe imminente. Insomma i No Euro, con questa ( ultima) battaglia anti- euro contro la riforma del MES rischiano molto pericolosamente la ‘ profezia che si auto- avvera’. Dopo la ( mancata) riforma di Bankitalia, il No italiano alla riforma del MES potrebbe essere l’innesco della Grande crisi del debito italiano. E’ quello che vogliamo?