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Ieri mattina ho dato un’occhiata a due giornali importanti nel panorama editoriale italiano, i quali, tra l’altro, sono nati tutti e due, a breve distanza, nei primi anni settanta. Lontanissimi tra loro per impostazione e idee politiche e culturali: il manifesto, fondato da Luigi Pintor e Rossana Rossanda nel 1971, e Il Giornale fondato da Indro Montanelli nel 1974, e successivamente vent’anni dopo - ristrutturato da Berlusconi. Il manifesto nacque per rompere il conformismo di sinistra, soprattutto quello comunista. Il Giornale per rompere il conformismo borghese.
Mi ha colpito una cosa: pur restando distanti sul piano delle idee, sono molto vicini quando si tratta di titillare gli istinti giustizialisti dei lettori. Il manifesto lo fa mettendo sotto accusa il libertinismo di Berlusconi e poi esprimendo indignazione contro il diritto alla difesa dei fascisti. Il Giornale, viceversa, si indigna per il fatto che un nigeriano ( diciamo pure: un “negro”...) la fa franca.
Lasciamo stare per questa volta il tema dell’antiberlusconismo che spinge il manifesto a una posizione moralista e molto antica sulla prostituzione. Parliamo solo del giustizialismo da tribunale.
Il titolo del manifesto è questo: « L’onda nera non molla Macerata. Forza Nuova pagherà le spese legali di Luca Traini ». Il titolo del Giornale, a tutta prima pagina, è questo: « Stai a vedere che alla fine il nigeriano la fa franca ». Occhiello: «follie giudiziarie ». Sottotitolo: « Ha fatto a pezzi Pamela ma per i giudici non l’ha uccisa ».
Partiamo dal manifesto. ( Solo tra parentesi osservando che la notizia che in Germania i lavoratori hanno ottenuto la settimana da 28 ore è appena un richiamino, mentre l’urlo contro Berlusconi puttaniere è il titolo principale con una foto grandissima: a dimostrare che la vecchia lotta di classe è stata interamente sostituita dal moralismo). Il manifesto si indigna perché qualcuno pagherà le spese legali a Luca Traini. Io francamente, con tutto l’orrore che provo per le idee di fondo di Forza Nuova, non riesco a capire cosa ci sia di male nell’adoperarsi per garantire una difesa forte e giusta a un imputato. Non so come spiegare agli amici del manifesto ( che peraltro, negli anni, hanno avuto tra i loro collaboratori dei giganti del garantismo, e persino tra i propri fondatori) che il diritto alla difesa è un diritto, appunto, ed è essenziale nella vita di una democrazia, e che il diritto alla difesa esiste solo se è per tutti, e non può essere considerato un diritto per i più buoni, o per i meno colpevoli, o per quelli che ci sono più amici o hanno idee vicine alle nostre. Garantire un’ottima difesa a Luca Traini dovrebbe essere un’aspirazione di tutti noi. E indignarsi perché Forza Nuova, per una volta, fa una cosa intelligente, è assurdo.
La posizione del Giornale è speculare. Così come il manifesto, furioso giustamente per l’azione di Traini, vede non di buon occhio la sua difesa, così il Giornale, furioso giustamente per l’uccisione di Pamela, non ammette che sia scarcerato il nigeriano. Perché il giudice lo scarcera? Perché si è convinto che non ha ucciso Pamela. Il problema non è che la fa franca, il problema è che non l’ha uccisa, e non è un male che si sia scoperto che non l’ha uccisa anche se nelle prime ore sembrava accertato che l’avesse uccisa lui, e nessun giornale, proprio nessuno, ha messo in dubbio questa verità. Hanno sbagliato i giornali a dar per certa la notizia che lui era l’assassino, non il giudice che ha scoperto che non lo è.
Scrive il Giornale: «L’ha fatta a pezzi ma per il giudice non l’ha uccisa». Lasciando capire che il giudice è un pazzo, perché ritiene che si possa fare a pezzi una persona senza ucciderla. Invece il giudice ha accertato che la ragazza è stata fatta a pezzi dopo che era morta, e che l’imputato non è in nessun modo responsabile di omicidio. Ora bisognerà accertare se è responsabile di vilipendio di cadavere, reato orrendo, ma evidentemente diverso dall’omicidio.
Voi direte. Vabbè, ma sono due casi di giustizialismo veniale. Può darsi. Mi ha colpito la coincidenza. La volontà di colpire con la mannaia l’imputato che ci è nemico politicamente per qualche ragione. Mi ha colpito la stessa furia, identica, a destra e a sinistra: colpite Caino, puntitelo, impiccatelo, spogliatelo dei suoi diritti. Così noi ci sentiremo tutti più Abele, sempre più Abele.