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«Mettiamoci intorno ad un tavolo, prendiamoci il tempo necessario, ed elaboriamo una riforma che dia finalmente risposte efficaci ai problemi della giustizia. Non capisco il perché di questa fretta: da mesi si discute solo di prescrizione quando invece gli aspetti da considerare nel processo penale sono tanti e tutti importanti», afferma Cristina Ornano, giudice penale al Tribunale di Cagliari e presidente nazionale di Areadg, il raggruppamento della magistratura progressista.
Un tavolo con avvocatura e accademia?
Certo. Il confronto fra tutti gli attori del processo è imprescindibile. Bisogna evitare dannose e controproducenti fughe in avanti.
In alcune interviste, dei suoi colleghi hanno prospettato riforme che stanno suscitando aspre critiche da parte dell’avvocatura, come quella di prevedere una fideiussione fino a 6000 euro da parte dell’avvocato che vuole proporre appello.
La sensazione è che ci sia una ricerca continua di ribalta mediatica, anche a costo di fare affermazioni provocatorie, quando non offensive contro gli avvocati, o di fare ricorso a paradossi inaccettabili sul femminicidio. Chiunque rivesta un ruolo delicato come il magistrato non dovrebbe lasciarsi andare a proposte “fantasiose”, ma dare al cittadino risposte serie che migliorino la qualità del servizio giustizia.
Facciamo alcuni esempi.
Patteggiamento fino a dieci anni, forte depenalizzazione, ritorno dell’abbreviato per i reati punti con l’ergastolo, meno formalismi.
Lei ha ricoperto il ruolo di giudice dell’udienza preliminare: un istituto sempre meno centrale nel processo.
L’udienza preliminare deve tornare ad essere, come era stato previsto, il “filtro’”: non è concepibile che tutto vada a processo. Il dibattimento, anche per la citazione diretta, regge se viene celebrato per un numero limitato di casi, altrimenti il sistema collassa. Come è avvenuto.
Qual è stato l’atteggiamento del governo in questi anni?
Ho visto molta demagogia. Pensi, tornando all’abolizione dell’abbreviato per i reati puniti con l'ergastolo, a quante corti d’assise, costose, sono state e saranno istituite per processi dove c’è il reo confesso e si deve solo determinare la sua pena.
Le sanzioni per i magistrati “pigri”?
Abbiamo lanciato una campagna con uno slogan ritengo efficace: “Giudici con il timer”. Il giudice che ha necessità di approfondire, giunto al 365esimo giorno cosa dovrebbe fare? Lanciare una moneta o rischiare un disciplinare? Si tutelano così le vittime e gli imputati? Per paradosso, si può stabilire in anticipo quando il paziente dovrà uscire dalla sala operatoria? Se il medico non fa guarire entro l’anno lo si sanziona? E poi? Chi curerà il malato?
Molto chiaro.
I processi, ripeto, non durano tanto perché sono lunghi, ma perché sono troppi.
Il tema delle risorse è stato ricorrente nei discorsi di inaugurazione dell’anno giudiziario.
I magistrati, oltre ad essere pochi, sono maldistribuiti sul territorio. E’ fondamentale procedere ad una approfondita riforma della geografia giudiziaria. E poi manca personale amministrativo.
La Repubblica ha scritto che l'apertura dell'anno giudiziario è stata all’insegna del “fantasma di Palamara”, riferendosi allo scandalo che ha toccato il Csm. Concorda?
Non del tutto. Credo che, anche grazie alla guida sicura del presidente Mattarella, il corpo sano della magistratura abbia saputo reagire e trovare la capacità di guardare avanti.
La magistratura va verso un bipolarismo?
Mi sembra una semplificazione su cui sta puntando una parte della magistratura associata. Ma di certo non quella progressista, perché per noi le correnti dell’Anm rappresentano diverse sensibilità. Non credo sia possibile fare confronti con quanto accade nella politica nazionale.
Il Pd è sempre il partito di “riferimento” di una parte della magistratura progressista, quella maggiormente attenta ai diritti ed alle garanzie?
Guardi, il Pd sui temi dei diritti e delle garanzie in questi anni è stato molto debole.
Ad esempio?
Penso alla mancata approvazione dello Ius soli. Ma anche alla riforma dell’ordinamento penitenziario. E’ stato un vero peccato non averla approvata. Le pene alternative al carcere sono importantissime. Secondo tutte le statistiche, infatti, chi ha svolto un percorso del genere ha un tasso di recidiva bassissimo rispetto a chi espiato la pena interamente in una cella.
Da dove ripartire?
Dalla messa alla prova e dalla giustizia ripartiva. Il governo gialloverde ha cavacato l’insicurezza percepita puntando su una visione esclusivamente carcerocentrica.
Cosa aggiungere?
Il sistema giudiziario richiede interventi sinergici, attenti, condivisi e meditati, non operazioni di propaganda e leggi manifesto.