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Avevano promesso una battaglia legale all’ultimo sangue e così è stato. I senatori grillini espulsi per non aver votato la fiducia a Mario Draghi ricorrono per essere reintegrati nel Movimento 5 Stelle.
«Annullare, previa sospensione, i provvedimenti impugnati» recita l’istanza presentata da alcuni parlamentari alla Commissione Contenziosa del Senato secondo cui i cartellini rossi violano non solo il regolamento dell’Aula d’appartenenza ma anche la Costituzione. Perché «quando il parlamentare si trova al cospetto di una questione di coscienza (come potrebbe essere, ad esempio, il votare a favore o contro un nuovo esecutivo chiedendosi se lo stesso rispecchia la volontà dei propri elettori...) dovrà sempre ricercare un punto di equilibrio (o di mediazione) tra la propria coscienza (ergo le proprie decisioni) e il volere dei cittadini che rappresenta». Giusto, sacrosanto.
Peccato che il ricorso presenti più di una contraddizione. La prima riguarda semplicemente la coerenza di chi ha sempre contestato la libertà di coscienza riconosciuta dalla Carta a vantaggio del vincolo di mandato. Viene dunque da chiedersi in che partito abbiano militato fino a ieri questi grillini espulsi. E la seconda afferisce invece a una sfera squisitamente politica: perché, dopo aver negato la fiducia a Draghi, fare di tutto per rientrare in un’organizzazione pienamente inserita nella maggioranza di governo? Sono venute meno le motivazioni dell’opposizione all’ex presidente della Bce o è solo una questione di principio?
E infine, perché chiedere di essere riammessi per vie legali all’interno di una comunità che comunque non vuole più condividere con te un percorso politico? La frustrazione di chi, dopo anni di militanza, si è trovato fuori dalla porta è comprensibile, ma un partito non è un’azienda, non è un posto di lavoro come gli altri, per essere reintegrati bisogna condividere un orizzonte, un progetto. E chi ha scelto legittimamente di non abbracciare Draghi, Berlusconi, Renzi e Salvini in nome dell’emergenza nazionale, come può desiderare di convivere con chi quell’abbraccio lo ha voluto?