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C‘è una faccia nascosta e perniciosa della demagogia. Non riguarda lo spargimento di promesse elettorali bensì la ritirata sulle coperture finanziarie. Il gioco si fa duro? I duri rammolliscono. E’ accaduto in Parlamento sulla Finanziaria. L’altra faccia della demagogia: occultare i costi delle promesse
Speriamo che sia una campagna elettorale senza colpi bassi, è il mantra che ripetono leader ed esponenti politici, vecchi e nuovi. Sapendo di essere ipocriti perchè lo scontro per ottenere il massimo di consensi, soprattutto in un contesto proporzionale, sarà all’insegna del di tutto e di più. Il fatto che capipartito e improvvisati Masanielli si spendano in promesse e mirabilie sapendo che non potranno mai mantenere tutto quel che assicurano, è il piedistallo su cui poggia ogni esibizione di demagogia e populismo. Nulla di particolarmente nuovo, né tantomeno di eccitante: è la politica, direbbe qualcuno, e non ci si può fare nulla. Non è esattamente così, ma lasciamo perdere. Perchè questo è solamente, per così dire, il lato pubblico dell’affabulazione di capi e capetti. Cui peraltro l’opinione pubblica, specificamente in passaggi storici dominati dalla paura - e Censis alla mano - dal rancore come gli attuali, si affida volentieri. C’è, infatti, una faccia nascosta della demagogia che negli effetti che produce diventa assai più perniciosa di quella ufficiale; sostanziata non tanto dall’” annuncite” no limits quanto dall’opportunismo e dall’impudenza di ritrarsi nelle retrovie non appena si materializza la concreta possibilità di sobbarcarsi la responsabilità di quanto sbandierato. Si tratta dell’irresponsablità che della demagogia è il rovescio.
L’esempio più significativo arriva direttamente dall’esame parlamentare della legge di Stabilità. Riguarda due temi che verranno cavalcati alla grande nelle settimane che ci avvicinano al traguardo dell’appertura dei seggi, presumibilmente a metà marzo 2018: l’abolizione della legge Fornero, fortissimamente voluta e propagandata dalla Lega e l’introduzione del reddito di cittadinanza, vessillo identitario inalberato dai Cinquestelle. Si tratta di due colpi di maglio sottoscritti dai due schieramenti - Lega e Fi assieme; i grillini in solitaria - nelle note di aggiornamento al Documento di programmazione economico- finanziaria. Se li è trovati di fronte il sottosegretario all’Economia Enrico Morando, Pd, temendo il peggio per il già barcollante vascello della Finanziaria. Invece niente. Fortemente strombazzati, nel momento del combattimento, quando cioè dovevano essere sfoderate per finalmente colpire nel segno, quelle due teste d’ariete sono state strumentalmente e silenziosamente riposte nell’arsenale delle armi che mettere sotto sicura. Nei comizi si possono - meglio, si devono - esibire; in Parlamento evidentemente è un’altra cosa. Nel momento in cui è obbligatorio scrivere nero su bianco non solo le richieste ma anche e soprattutto le coperture finanziarie per far scendere le promesse dall’empireo del Bengodi sulla dura terra delle compatibilità economiche, quello è il momento in cui il gioco si fa duro. E i duri, stavolta, si squagliano. «Ciò è assai significativo - ha chiosato Morando - del credito che le stesse forze proponenti assegnano a simili proposte per il futuro del Paese: le fanno, le propongono durante la risoluzione del Def ma è patente che non ci credono. Se ci avessero creduto, le avrebbero presentate come proposte emendative alternative alle soluzioni indicate nella legge di Bilancio». Ovviamente considerazioni del tutto simili si potrebbero far riguardo l’estensione degli 80 euro ad una platea assai più vasta dell’originaria ( costata 10 miliardi) come ventilato nelle ultime esternazioni da Matteo Renzi. Il fatto che quel tipo di impegno finanziario non sia stato ancora formalizzato e contabilizzato né abbia, pour cause, trovato posto nel passaggio parlamentare della legge di Stabilità, non muta il segno della questione. Solo che incamminandosi su questa strada si sa dove si parte ma non dove si arriva. E’ interessante rilevare che a far luce su quanto avvenuto in Parlamento sulla Finanziaria sia stato con un post su Facebook l’ex segretario del Ppi, Pierluigi Castagnetti. Che parlamentare non è più, ma che vanta una lunga e profonda consuetudine di rapporti con Sergio Mattarella. Forse non è solo un caso. Forse, ma si tratta di illazioni, è possibile che anche al Quirinale si viva con inquietudine e preoccupazione l’avvio di un confronto che getta benzina sul fuoco della aspettative popolari. Dovesse diventare l’infinito rogo post- elettorale del nostro scontento, sarebbero guai per tutti. E principalmente per il capo dello Stato, chiamato a gestire un quadro di possibile ingovernabilità politica avvinghiato ad una protesta sociale sconsideratamente fomentata dalla delusione di promesse non mantenute in quanto inverosimili e farlocche.