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L’accordo franco tedesco del 18 maggio costituisce un importante risultato e anche un chiaro messaggio per la politica europea. Dopo la pronuncia della Corte di Karlsruhe, con l’affermazione dei limiti della Costituzione tedesca alle precedenti iniziative della BCE ( quantitative easing), la notizia dell’accordo induce a maggiore ottimismo. E infatti i mercati hanno subito reagito in molto positivo. Lo spread tra titoli di Stato tedeschi e italiani si è di molto ridotto. Il nostro debito pubblico ha un sostegno determinante dall’Europa, anche grazie alla decisione della BCE di acquistare titoli di Stato in misura massiccia. La proposta franco- tedesca è particolarmente significativa perché, da sempre, la Germania si era dimostrata contraria a strumenti volti a mettere in comune il debito di altri paesi. La grande novità sta nel prevedere uno strumento di indebitamento delle istituzioni europee, per la concessione di sussidi agli Stati maggiormente colpiti dalla pandemia e, questa volta, non per le spese rivolte esclusivamente alle necessità sanitarie, come previsto invece nella modifica al Mes. Il debito è a carico dell’Unione europea, che si indebita a tassi molto meno onerosi. L’Unione destina poi, le risorse raccolte sul mercato agli Stati più colpiti. Il disegno è chiaro: solo un’economia europea vitale può giovare a tutti gli Stati membri, vista la interconnessione delle nostre economie. Tale prospettiva è certamente innovativa e va decisamente nel senso di un rafforzamento dell’Unione Europea e della sua immagine. E sarà di aiuto alla proposta della Commissione europea sul recovery fund, atteso nei prossimi giorni. Certo, si sono già sentite le obiezioni dei paesi nordici, a cominciare da Olanda, Danimarca e Austria. Il cancelliere di quest’ultima ha subito chiarito di essere d’accordo a concedere prestiti agli Stati membri che ne hanno bisogno, ma non a sussidi a fondo perduto. Nel sistema proposto da Francia e Germania, invece, gli Stati destinatari degli aiuti sarebbero gravati non direttamente e proporzionalmente dagli aiuti ricevuti dall’Unione Europea, bensì indirettamente, quale al bilancio comunitario. Ecco perché può, a buon titolo, parlarsi di messa in comune del debito. Ciò costituisce una rilevante novità nella disciplina degli strumenti finanziari europei, se si considera che la stessa unione bancaria ha sempre trovato resistenze proprio per la contrarietà di molti Stati membri a condividere il rischio della “risoluzione“ nelle crisi bancarie. Certamente la notizia va letta anche con le implicazioni che ne derivano. Innanzitutto, si è detto nella conferenza che senza accordo franco- tedesco accordo non esiste accordo tra i 27 Stati membri. E ciò conferma il ruolo di leadership che Francia e Germania continuano a svolgere. Francia e Germania, ancora prima della crisi pandemica, con gli accordi di Aquisgrana e di Aachen, avevano ridisegnato la governance europea, puntando su una politica economica comune: un ministro delle finanze, un bilancio europeo più consistente, una strategia globale con la creazione di European Champions. Se, come auspicabile, la proposta franco- tedesca avrà successo, è probabile che anche l’iniziativa sugli altri settori avrà vita più facile. Non a caso nella conferenza stampa di annuncio dell’accordo si sottolinea come obiettivo “il miglioramento del quadro europeo per raggiungere una fiscalità equa…, in particolare con introduzione di una tassazione minima effettiva di una tassazione equa delle economia digitale in seno all’Unione”. Va ancora salutato con favore il fatto che l’unione europea e, nonostante tutte le difficoltà, in brevissimo tempo ha “sfornato” misure importanti anche se temporanee: maggiore elasticità del patto di stabilità, deroga agli aiuti di Stato e alla normativa in materia di appalti pubblici. Ha introdotto strumenti come la modifica al meccanismo europeo di stabilità ( MES) e il fondo SURE. Venendo al nostro Paese, quello che si nota e la mancanza di capacità di negoziazione a livello europeo e la mancanza di leadership. Insomma, ci si può lamentare della trazione franco- tedesca, ma poi si deve riconoscere che l’Italia fa nulla per accrescere il suo ruolo in Europa e per essere presente nelle trattative che contano sul futuro assetto europeo e sui nostri interessi nazionali. Ci si deve anzi domandare: stiamo utilizzando al meglio le opportunità che ci vengono offerte dall’Unione Europea? * Ordinario di diritto dell’Unione europea