Stamattina a Roma l’Unione delle Camere Penali italiane ha organizzato una manifestazione nazionale alla quale parteciperanno membri dell’Avvocatura e dell’Accademia per un confronto sul ddl sicurezza, approvato alla Camera e ora in discussione al Senato, al fine di sollecitare il Parlamento ad adottare tutte le opportune modifiche alle norme del pacchetto in senso conforme alla Costituzione. Ne parliamo con il presidente Francesco Petrelli.

Avvocato partiamo prima però dalla più stretta attualità: come giudica gli attacchi ai magistrati che hanno assunto decisioni non gradite al Governo?

I conflitti fra poteri dello Stato sono fisiologici e si verificano in tutte le democrazie liberali. Il problema è che nel nostro Paese quelli fra politica e magistratura sembrano essere solo inutili scontri di natura muscolare che non producono alcun serio confronto. Il problema è che questi scontri finiscono con il lasciare sullo sfondo quelli che sono i veri problemi della giustizia e, nel caso dell’Albania, i diritti e le garanzie dei più deboli, dei migranti richiedenti asilo. Si tratta di diritti, come quello di libertà e di difesa, che hanno diretta tutela costituzionale, assieme al diritto alla protezione internazionale.

La magistratura sta facendo opposizione politica o sta esercitando le sue funzioni per garantire i diritti di tutti?

La magistratura subisce da troppo tempo la tentazione di svolgere un ruolo che va oltre quello dell’esercizio della giurisdizione e di ricercare un indebito consenso a legittimazione dell’esercizio del suo potere. Chi esercita tuttavia un potere così straordinario, capace di incidere profondamente sulla vita stessa di tutti i cittadini, deve aver cura nelle sue esternazioni e nelle sue posture pubbliche di essere e di apparire imparziale e non mosso da finalità politiche. Non basta che i provvedimenti di un magistrato siano corretti, perché nessuna decisione si pone come un risultato scientifico inoppugnabile al riparo dall’arbitrio, ma è sempre inevitabilmente intrisa di valori metagiuridici. È per questo motivo che una decisione deve anche apparire imparziale e per esserlo deve soprattutto apparire tale chi ne è l’autore.

A proposito di diritti, molti osservatori stanno evidenziando che il ddl sicurezza va a punire le fasce più deboli - migranti, detenuti, meno abbienti - . Condivide?

Abbiamo svolto da subito questa critica al “pacchetto sicurezza” perché molte norme sembrano ispirate al “diritto penale del nemico”, volte a colpire determinate categorie di persone: il manifestante, l’imbrattatore, l’occupante, l’irregolare. Si tratta di norme che finiscono con il criminalizzare l’emarginazione, il disagio sociale e lo stesso dissenso, colpendo con lo strumento penale situazioni di marginalità che trovano origine altrove e che dovrebbero trovare soluzione nella rimozione delle sue cause e nella prevenzione. Il rimedio penale si rivela in questi casi sproporzionato e sostanzialmente inutile.

Qual è l'obiettivo di questa tre giorni di astensione e dell'incontro di martedì?

Questo disegno di legge confligge radicalmente con quelli che sono i fondamenti costituzionali del diritto penale liberale. Con la nostra astensione e con la manifestazione nazionale indetta a Roma per il 5 novembre, vogliamo indurre il Senato ad una riflessione sui limiti di costituzionalità delle singole norme e sulla loro inutilità rispetto al presunto fine della maggior sicurezza dei cittadini. Gli aumenti di pena sono storicamente e statisticamente incapaci

di agire quale deterrente. In sede di audizione, gli stessi sindacati di Polizia hanno espresso tale opinione. L’introduzione di nuovi reati e di nuove aggravanti finisce con il rendere il nostro sistema ancor più farraginoso e privo di logica. Si pensi all’aggravante comune introdotta per tutti i reati indistintamente se commessi all’interno di stazioni o metropolitane. Non è dato comprendere per quale ragione una omissione di atti d’ufficio commessa sotto la pensilina di una stazione, anziché in un Ministero, dovrebbe essere punita più gravemente. Che dire, infine, della regola umiliante e puramente vessatoria che impedisce a chi non sia in regola con il permesso di soggiorno di poter fruire del fondamentale diritto alla comunicazione. Verificheremo con il contributo della migliore Accademia la tenuta di queste norme e la loro compatibilità con i principi della nostra Costituzione.

Sotto quali profili rileva possibili elementi di incostituzionalità delle norme in discussione?

Le norme entrano in rotta di collisione con i principi fondamentali della ragionevolezza, della determinatezza, della offensività, della proporzionalità e dell’eguaglianza. Alcune norme riescono a confliggere con tutti questi principi insieme. Si pensi alla norma che punisce, come atto di rivolta, con pene del tutto sproporzionate, la semplice resistenza passiva del tutto inoffensiva, posta in essere da un detenuto, in base alla valutazione di un non meglio definito “contesto”, in contrasto con il principio di determinatezza. Il fatto che la pena si applichi solo a coloro che sono detenuti in carcere e, peggio ancora, a coloro, che senza colpa e senza reato, sono detenuti in un centro di rimpatrio, viola manifestamente anche il principi di eguaglianza e di ragionevolezza.

Anche diversi magistrati auditi nelle Commissioni competente hanno espresso perplessità, a partire dall'Anm. Avete invitato anche una loro rappresentanza per rafforzare un messaggio unitario?

All’esito della nostra manifestazione faremo circolare un documento da inviare al Parlamento che potrà essere sottoscritto da chiunque si ritroverà nei valori e nelle idee che ci hanno sostenuto in questa importante iniziativa. Ne faremo poi invio anche al Presidente della Repubblica.

Secondo lei ci saranno margini di modifica da parte della maggioranza dopo tutte le criticità evidenziate?

Le critiche emerse nel corso delle stesse audizioni sono state così estese e tanto condivise che non vedo come non se ne possa tenere conto. Ma al centro del messaggio che intendiamo mandare all’intera opinione pubblica ed anche al mondo dell’informazione è la nostra convinzione che, al di là di tutte le critiche di natura tecnica che possono essere elevate nei confronti di questa legge, si tratti di norme del tutto inutili che non aumenteranno in alcun modo la sicurezza dei cittadini, di una vera e propria “truffa delle etichette” che deve essere svelata.