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Mario Scialla, coordinatore dell’Ocf, ritiene che il 2024 possa essere un anno importante per l’avvocatura, grazie alle basi gettate nel congresso nazionale forense di pochi giorni fa. La compattezza emersa nella sessione ulteriore di Roma induce ad essere ottimisti in merito ad una serie di obiettivi che si intendono raggiungere nel breve periodo.
Avvocato Scialla, come valuta gli esiti dei lavori congressuali?
Dalla sessione ulteriore del congresso nazionale forense doveva verificarsi una sterzata rispetto alle conclusioni alle quali siamo giunti a Lecce lo scorso anno. C’è stata una risposta matura della avvocatura, rispetto al passato. Il congresso ha lavorato bene. Questo per me è motivo di soddisfazione. Sono state discusse e votate praticamente tutte le mozioni presentate. Cosa non facile, considerato il loro numero e la loro complessità. Il rischio di non portare a termine i lavori era grande e lo abbiamo superato grazie al senso di responsabilità di tutti i congressisti.
Adesso la fase più impegnativa: attuare una serie di interventi. Cosa ne pensa?
Bisognerà raccogliere le proposte, metterle “in prosa”, e portarle nel modo più appropriato alla attenzione della politica. A Roma c’è stata anche l’occasione per una chiara dimostrazione. Le cassandre, sicure del fatto che una volta approvata la mozione sul tavolo di lavoro sarebbe finito ogni momento per discutere e che il tutto fosse preordinato per non far votare le mozioni ordinamentali, sono state smentite. Abbiamo votato tutto nei lavori congressuali. Pertanto, adesso dobbiamo superare un altro luogo comune.
A cosa si riferisce?
Secondo qualcuno, Ocf ha, in qualche modo, delegato una parte della sua attività. Nulla di tutto ciò! Non cambia nulla a livello istituzionale, sfruttiamo il buon momento che abbiamo saputo costruire, mi riferisco all’unità dell’avvocatura, per arrivare presto a sistemare in maniera organica ciò che il congresso in passato ci ha lasciato spesso in maniera frammentaria, senza un coordinamento. Il tavolo di lavoro che verrà gestito, in primo luogo, da Ocf e dal Consiglio nazionale forense, prevede la partecipazione di tutte le rappresentanze dell’avvocatura. Il metodo di lavoro sarà chiaro: senza deleghe in bianco, rispettando le decisioni del congresso. Occorre lavorare insieme per una sistemazione organica. Fino ad oggi abbiamo lavorato tenendo conto del congresso ordinario. A tale situazione si è aggiunto un quid pluris, rappresentato dalla sfida che l’avvocatura unita raccoglie. Sono fiducioso per il momento di assoluta crescita. Dobbiamo dimostrare che siamo capaci di lavorare insieme. Ognuno di noi ci ha messo la faccia e il tavolo deve entrare in funzione presto e bene per consegnare un pacchetto alla politica con le soluzioni espressione del congresso. Così potremo essere efficaci.
La mozione n. 74 ha rappresentato una occasione di profonda riflessione?
L’Ocf non ha presentato mozioni. Va detto, però, che sono state presentate diverse mozioni che hanno ci hanno riguardato direttamente. La mozione numero 74, presentata dalle associazioni forensi, prevedeva essenzialmente il diritto di voto e non il semplice diritto di tribuna delle associazioni all’interno dell’Organismo congressuale forense, nonché un allineamento dello stesso Ocf a quattro anni come il Cnf e gli Ordini. Questa mozione non è passata, forse, perché si è temuta una sorta di intrusione all’interno di Ocf. Al di là dell’esito di questo documento, sono emersi con chiarezza il rapporto ottimo con le associazioni e la proficua collaborazione che continuerà, così come abbiamo intenzione di far crescere gli organismi neofiti, che devono fare rete e dedicarsi al loro importantissimo compito.
Uno dei temi più importanti affrontati è stato quello della fuga dall’avvocatura. Come si potrebbe intervenire?
Partiamo da quanto abbiamo assistito una settimana fa. Il calo del numero dei candidati all’esame di abilitazione professionale è un segno dei tempi. Secondo me, c’è stata una sorta di “bolla speculativa”, nel senso che la facoltà di giurisprudenza prima e l’avvocatura poi sono state destinatarie di iscrizione da parte di persone non compiutamente interessate alla professione forense. L’apertura di una serie di concorsi ha riportato il tutto in una sorta di equilibrio. È anche vero che la professione è diventata meno interessante, meno attraente. Bisogna fare in modo che questa tendenza venga invertita, senza dimenticare di lanciare ai giovani un messaggio: fare l’avvocato significa vivere da protagonista. Tutelare i diritti dei propri assistiti significa in ogni momento essere impegnato nelle sedi del giudizio, al centro di questioni fondamentali. Non mi allarmerei, starei però attento ai segnali che abbiamo ricevuto. Sarebbe utile una campagna informativa sul ruolo del professionista. Snodo centrale è il miglioramento delle condizioni economiche. Ai giovani al congresso nazionale forense ho chiesto di resistere e di scommettere su una vita professionale da protagonisti. Il ruolo dell’avvocato, in questo mondo in evoluzione, continua ad essere centrale e c’è bisogno di persone molto determinate.
Con quali speranze si aprirà il 2024 per l’Ocf?
Partiamo da un lavoro gratificante di tutta la dirigenza sui territori. Lo abbiamo constatato anche al congresso. Le prospettive sono quelle di affrontare le nuove sfide con nuovi strumenti. L’unità dell’avvocatura non va solo predicata, ma anche praticata. Dobbiamo far comprendere a coloro che ci seguono che la crescita sta nel mantenere le proprie prerogative, nell’ottica non di Ocf, non del Cnf, non delle associazioni, ma di tutta l’avvocatura con la “a” maiuscola.