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«Qualcuno usava ancora l'appellativo di “archiatra” rivolgendosi a Gregorio, ma solo per una sorta di benevola ironia che, in fondo, a lui non dispiaceva affatto». Gregorio Cesi, archiatra – “primo dei medici”, di Papa Ignazio, personaggio fittizio che tuttavia ricorda da vicino Papa Francesco –, è uno dei protagonisti del nuovo romanzo di Lucetta Scaraffia, “La donna cardinale” ( Marsilio), giallo incentrato sulle rivalità e le invidie della curia vaticana, intenzionata a osteggiare il disegno riformista del Santo Padre e la sua intenzione di nominare una donna Segretario di Stato, elevandola al soglio cardinalizio.
Storica e giornalista, a lungo editorialista de L’Osservatore Romano - di cui ha fondato e diretto, dal 2012 al 2019, il mensile Donne Chiesa Mondo, Scaraffia è autrice di numerosi libri, fra cui “Dall'ultimo banco. La Chiesa, le donne, il sinodo” ( 2016), “Tra terra e cielo. Vita di Francesca Cabrini” ( 2017) e “Storia della liberazione sessuale. Il corpo delle donne tra eros e pudore” ( 2019), editi da Marsilio.
Scaraffia, tema centrale di questo suo nuovo romanzo è la figura della donna nella Chiesa.
Papa Francesco dichiarò: «Dobbiamo promuovere l'integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti». Pensa che i tempi siano maturi per un progresso in tal senso?
I tempi sono maturi da decenni, il problema sono le forti resistenze di chi detiene il potere e ha paura di perderlo. Per ora i passi fatti sono pochi e più che altro di immagine. Mettere qualche donna nelle commissioni – sempre in minoranza e comunque scelta dalle gerarchie per la sua obbedienza – non significa cambiare le cose. Per cambiarle veramente bisognerebbe affrontare finalmente, con giustizia e severità, il problema delle molestie sessuali del clero sulle religiose, e dello sfruttamento servile delle stesse. Finché nella Chiesa rimarrà una massa di donne sfruttate e violate, senza diritto ad essere ascoltate e difese, la condizione femminile nel mondo cattolico non cambierà mai.
Lei è docente di Storia contemporanea presso l'Università La Sapienza di Roma. Per la prima volta, dopo sette secoli, una donna, Antonella Polimeni, è stata eletta alla guida della più grande università d'Europa. Lo considera un buon segnale?
Certo è arrivata un po’ in ritardo: all’università di Roma 3 un rettore donna c’è stato per anni, così in altre università italiane e, perfino, in una pontificia, l’Antonianum.
Come giudica l'apertura di Papa Francesco verso temi delicati, come le unioni civili?
Ritiene possa avviare una riflessione incisiva e di lungo respiro all'interno della Chiesa, nonostante l'opposizione interna di alcuni ambienti del Vaticano?
Penso che grazie a papa Francesco nel mondo cattolico si sia riaperta la discussione su temi bioetici importanti, sui quali la voce dei laici deve essere ascoltata. Non si tratta solo di problemi teologici, bisogna discutere cosa comportano questi cambiamenti da ogni punto di vista, e in base a questo prendere decisioni prudenti e condivise.
Speriamo che questo allargamento si realizzi e che finalmente si cominci a riflettere sulla società contemporanea, evitando il doppio pericolo di rifiutare tutto o di abbandonarsi ad una passiva deriva “progressista”.
Nel suo libro ritornano a più riprese, come un sottofondo costante e inquietante, lo Ior e altre questioni poco trasparenti legate al Vaticano.
Come valuta, durante il presente pontificato, l'azione di contrasto alla corruzione e agli illeciti finanziari?
Sono ormai alcuni anni – a cominciare dal pontificato di Benedetto XVI – che in vaticano si cerca di fare chiarezza sulla gestione delle finanze e sugli usi poco ortodossi della banca vaticana, ma non è facile, anche perché significa scontrarsi con forze potenti, disposte a tutto pur di non perdere privilegi acquisiti.
Forze che possono anche far sentire la Chiesa sotto ricatto perché hanno molto da rivelare, e l’effetto di queste rivelazioni può essere devastante per i fedeli di tutto il mondo. Non è facile parlarne apertamente: come vede, io ho cercato di farlo capire attraverso la formula di un libro giallo.
Parlando di politica estera, ritiene che, dopo i rapporti non idilliaci di Papa Francesco con il presidente Trump, il confronto con il nuovo presidente eletto Biden possa essere caratterizzato da maggiore distensione e condivisione di vedute?
Certamente su molte questioni, e soprattutto sulla politica nei confronti dei migranti, papa Francesco può trovare con Biden punti di intesa. Ma rimarrà aperto un problema spinoso: quello delle questioni bioetiche come l’aborto, che divide fortemente i cattolici statunitensi, ed è anche una questione politica, ovviamente.
Francesco incontra molte difficoltà fra i cattolici statunitensi e rischia di allargare una spaccatura già in atto.
Il pontificato di Bergoglio
«PENSO CHE GRAZIE A PAPA FRANCESCO NEL MONDO CATTOLICO SI SIA RIAPERTA LA DISCUSSIONE SU TEMI BIOETICI IMPORTANTI, SUI QUALI LA VOCE DEI LAICI DEVE ESSERE ASCOLTATA. NON SI TRATTA SOLO DI PROBLEMI TEOLOGICI, BISOGNA DISCUTERE COSA COMPORTANO QUESTI CAMBIAMENTI DA OGNI PUNTO DI VISTA, E IN BASE A QUESTO PRENDERE DECISIONI PRUDENTI E CONDIVISE. EVITANDO DI ABBANDONARSI AD UNA PASSIVA DERIVA “PROGRESSISTA”»