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I leader fanno gli ultrà. Intanto gli sbarchi continuano. Non soltanto a Lampedusa, ma anche in Puglia e in Sardegna.
Trecento migranti nelle ultime settimane. Lo dice il vicepremier senza felpa in polemica con l’alleato di governo.
A riprova che la realtà è altro dalla propaganda. Già la propaganda. Un’attività che da sempre affianca e si accompagna alla guerra e alla politica. Con le sue varie colorazioni.
La propaganda
C’è la propaganda “bianca”, che riguarda la diffusione di dati veri e verificabili, di fatti molto spesso inerenti l’azione di governo.
Poi c’è la propaganda che potremmo definire “grigia” e che solitamente si occupa di diffondere ( sia da un versante che dall’altro) notizie parzialmente false mescolate alle mezze verità.
Infine, c’è la propaganda “nera”, quella completamente falsa, che in questa nostra epoca di comunicazioni via social è quella che molto spesso crea e/ o rilancia le cosiddette fake news.
Un esempio? Quelle costruite intorno alla “sbruffoncella” Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3 che la settimana scorsa è stata prima arrestata poi rimessa in libertà per aver forzato il blocco navale imposto dal ministro Salvini intorno a Lampedusa.
Carola non è stata soltanto dipinta come “una ricca e viziata comunista”, ma anche come l’artefice di un attentato alla sicurezza dello Stato “soltanto per combattere la noia”.
Così, su di lei. si è riversato tutto l’odio di una parte di quella pancia profonda del Paese, che è arrivata ad augurarle le peggiori cose ( vi risparmiamo i particolari, tanto sono largamente conosciuti).
Allora c’è venuta voglia di riflettere anche su un altro aspetta che pare caratterizzare questi nostri tempi: l’odio e la cattiveria che esondano dalle tastiere delle nostre varie “curve sud” della politica.
Una tifoseria che - dietro adeguate sollecitazioni - s’è poi subito dopo scagliata anche contro la giudice Alessandra Vella, di Agrigento, colpevole di aver scarcerato la giovane ragazza tedesca con le treccine rasta.
I leader che aizzano l'odio
Anche qui, la rabbia di una fazione politica contro un’altra è sempre esistita. Ma, mentre un tempo i leader si facevano carico di contenerla e veicolarla, oggi pare che siano proprio i capi partito con le dirette Facebook - ad organizzare ed aizzare la canea.
Non sapremmo dire se si tratta soltanto una modalità tutta nostra o se pure travalichi i confini.
Certi tweet di Donald Trump farebbero propendere per una fenomenologia che si va affermando su scala mondiale. Del resto è tipico del populismo puntare sulle emozioni.
Ed è dimostrato dalle neuro scienze che giocare su rabbia, paura, ansia produca nel cervello una maggiore presa rispetto al ragionamento sui temi economici o sulle condizioni ambientali e sociali.
Talvolta, persino i media non schierati sono inclini a solleticare gli umori e gli istinti più beceri dei propri lettori.
Anche se alle bufale, in fondo, “crede soltanto chi ci vuol credere” come sostiene Davide Simone, uno studioso di scienza della comunicazione. Ovvero, se ad un elettore di sinistra parli male di Berlinguer questi, prima di abboccare all’amo, farà un fact- checking ( ovvero una verifica dei fatti) o un debunking ( smontare, disvelare le bugie), mentre se gli vai a parlar male di Almirante non avrà alcun dubbio a crederti. E viceversa.
Molto è legato all’omofilia e alla reputazione. Omofilia intesa come legame di branco.
Il legame del branco
Non soltanto in politica. Basti pensare ai vari episodi di bullismo o a certe sheet- storm che hanno investito e persino portato al suicidio almeno un paio di ragazze.
Reputazione è quello che attiene alla credibilità el leader di riferimento. Se questi ti dice che gli altri son tutti ladri, perché non credergli?
Poi c’è da distinguere fra leader “agentico” ( Salvini, Grillo, Renzi e Berlusconi) e leader “cooperativo” ( Romano Prodi, Enrico Letta, Gentiloni e Sassoli). Con i primi che, chiaramente, parlano più alla pancia che alla razionalità del proprio elettorato.
Che, lo diciamo come ultima annotazione, difficilmente si riposiziona sulla base di un post o di un tweet. Semmai grazie a questi si fidelizza e si radicalizza sulle proprie posizioni.
Tradotto: oggi Salvini ha sicuramente strappato consensi anche a sinistra, per le sue proposte politiche e il suo linguaggio da uomo della strada. Un abito che non risulterebbe a misura di uno Zingaretti, a proposito di reputazione.
Ma, sostanzialmente, quello che ha fatto Salvini è stato di spodestare Berlusconi dal trono di centro destra.
I voti del Cdx, percentualmente e in buona sostanza, son rimasti sempre quelli. Con una differenza rispetto agli attuali competitor: Salvini pare destinato a durare nel tempo.
Perché è giovane, energico, aggressivo e senza apparenti conflitti d’interesse. Con un linguaggio rozzo. Tipico leader “agentico”, tendenza America Latina.
Speriamo soltanto per la sua passione a indossar divise.