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C’è un fronte sul quale l'eterna parola d'ordine della politica italiana, ' Rinviare, rinviare, rinviare', non può funzionare, e non si tratta di una faccenda secondaria ma al contrario di una bandiera il cui portato simbolico va molto oltre i confini del problema in sé: la Tav.
Entro venerdì la decisione deve essere presa, pena la perdita dei contributi europei. Il ministro Toninelli starebbe cercando una scappatoia per aggirare la data ultimativa ma la sostanza non cambia.
Un ulteriore rinvio, con o senza il ritiro dei fondi europei, sarebbe la sconfitta secca di un Salvini che da giorni tuona proprio contro ' i no di Toninelli'.
Pace tra Conte e Salvini Nella situazione di fragilità estrema del governo, un nuovo no alla Tav sarebbe probabilmente esiziale per la maggioranza. Esiste però la concreta possibilità che proprio intorno alla tratta Torino- Lione venga siglata una tregua tra i due soggetti forti che si contendono la guida del governo e del Paese, Conte, spalleggiato ormai dall'establishment europeo e italiano, da un lato, Salvini, forte di un 38% di consensi nei sondaggi, dall'altro.
Lo scontro che lacera il governo è in realtà un conflitto tra i due, nel quale Di Maio è relegato nella parte del comprimario. Lo scontro sembra e in buona misura è insanabile, almeno in prospettiva di medio periodo, dal momento che le opzioni strategiche dei due sono opposte. Tuttavia le condizioni per una tregua armata, che a questo punto reggerebbe almeno sino al varo della legge di bilancio in settembre e probabilmente fino ai primi mesi dell'anno prossimo ci sono.
La base però sarebbe proprio il via libera alla Tav da parte del premier. Infatti Conte parla del rischio di pagare alti costi per la rottura dell’accordo con la Francia, dopo che la Ue ci finanzia il 50% dell’opera. «Non realizzarla costerebbe molto più che farla».
La valenza simbolica del treno ad alta velocità è infatti tale che a Salvini basterebbe per affermare di aver infranto il muro dei no eretto sin qui dall'M5S e di aver avviato il treno del governo gialloverde su tutt'altra tratta.
5Stelle spaccati Per il Movimento di Di Maio il prezzo sarebbe salato. In no alla Tav è da sempre uno degli elementi fondativi del loro dna. Le reazioni al semaforo verde sarebbero impetuose nella base, almeno tra i militanti di vecchia data, ma con possibili riflessi anche al vertice nei gruppi parlamentari. Al Senato, dove la maggioranza è esigua e il dissenso tra le file pentastellate già serpeggia, non è affatto escluso che il prezzo di un sì alla Torino- Lione sia la perdita dell'autosufficienza come maggioranza.
A quel punto, però, gli altri elementi potenzialmente deflagranti potrebbero essere disinnescati. Il discorso di Conte sul Russiagate può essere modulato sino a diventare del tutto innocuo. Starà dunque al premier decidere so forzare la mano sino a creare le condizioni per una crisi o fare muro in difesa del suo governo. Quasi certamente sceglierà la seconda ipotesi.
Nodo autonomie La pietra dello scandalo del week end soccorso è stato il no di Conte al passaggio della legge sulle autonomie che assegnava alle Regioni la facoltà di assumere direttamente i docenti. Il braccio di ferro proseguiva da settimane è per la Lega si è trattato certamente di uno scacco.
Ma tutti sanno che la vera posta in gioco è un'altra, sono i soldi, il Fondo di perequazione che dovrebbe scattare ove le circostanze economiche rendessero troppo ampia la differenza tra i cittadini delle diverse Regioni quanto a servizi e diritti sociali. Se ne sarebbe dovuto parlare ieri in apposito vertice, saltato però sia perché Conte stava limando il discorso al Senato di oggi sia perché vuole prima incontrare Fontana e Zaia, i governatori di Lombardia e Veneto.
Si vedranno, forse, oggi o domani ma a questo punto l'eventuale showdown sulle autonomie slitterà alla settimana prossima. Se a quel punto sarà stato sciolto il nodo Tav non è affatto escluso che Salvini, molto attento a non passare per troppo ' nordista' e che pertanto ha sin qui sempre mandato avanti i governatori, non accetti di prolungare ulteriormente i tempi.
In una situazione un po' surreale, con venti di crisi che spirano sui giornali mentre nei corridoi dei palazzi regna al contrario la stagnazione, immersi in un silenzio tombale che risalta tanto più data la loquacità abituale dei due leader e vicepremier, la sorte del governo potrebbe essere appesa all'eterna Tav.