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Un articolo apparso ieri su questo giornale, a firma dell'ex deputato di AN Paolo Armaroli, ha il pregio di aver portato sulle pagine de Il Dubbio un tema così importante dal punto di vista istituzionale e sociale come i vitalizi agli ex Parlamentari.
Ringrazio fin d'ora Armaroli per essersi preso la briga di sostenere, con uno stile espositivo così giocoso e ironico, le ragioni della Commissione contenziosa del Senato e invece confutare le affermazioni da me rese a seguito delle dimissioni dall'organo di autodichia, usando peraltro un tono insolitamente familiare per un ex collega con cui non ho mai avuto il piacere di disquisire di temi giuridici.
Capisco il suo stato d'animo in quanto beneficiario di un vitalizio e parte soccombente del recente ricorso in cassazione sempre in tema di vitalizi. Mi preme però fare delle precisazioni.
Nel comunicare pubblicamente le mie dimissioni da componente e vice presidente di quella Commissione, in un comunicato stampa che certamente Armaroli ha letto con attenzione, avevo scritto che «il clima venutosi a creare in relazione all'esame dei ricorsi sui vitalizi è infatti tale da non garantirmi la dovuta serenità per un giudizio così delicato. La questione non riguarda le divergenze di vedute nel merito, ma piuttosto il contesto privo ormai delle condizioni necessarie al rispetto degli interessi in gioco, anche alla luce dei fatti emersi nei giorni scorsi».
Evidentemente mi riferivo non solo al preoccupante intreccio di rapporti raccontato da due quotidiani, ma anche ad altri aspetti emersi nei giorni che precedevamo la Camera di consiglio.
Voglio tranquillizzare Armaroli su due punti del suo scritto. Il primo è che non c'è niente di particolarmente femminile, se non il mio aspetto estetico, nello svolgimento dei miei compiti di giudice e/ o di senatore dentro Palazzo Madama.
Se la mia serenità è venuta meno ho le mie ragioni per ritenere che la mia presenza in quella camera di consiglio si sarebbe rivelata, di fatto, una mera formalità.
Il secondo riguarda i tempi della decisione. Su questo sinceramente fossi in lui impiegherei le energie mentali in altre angosce e urgenze sociali.
Faccio molta fatica a pensare che si debba avere un iter accelerato per stabilire se restituire o meno agli ex senatori l'intero importo dei loro vitalizi: trattamenti di favore che, nel tempo, i miei colleghi si sono attribuiti in aumento arbitrariamente, e ciò anche quando le condizioni economiche del Paese sono cambiate peggiorando fino a sfiorare la recessione.
Ricordo infatti ad Armaroli che i principi della Corte Costituzionale, che lo stesso vorrebbe intendere a suo favore, non possono essere piegati alle esigenze di poche e privilegiate persone che prendono pensioni da tremila, cinquemila, ottomila, novemila, e 10.000 euro al mese, non in virtù di una adeguata somma di contributi versati ma in forza di regolamenti interni e grazie alla disponibilità di risorse pubbliche che sono state sottratte al più nobile fine di tutelare il bene dei cittadini.