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Dovevano essere il partito, anzi il movimento, che rilanciava la politica, chiudendo le porte alle vecchie logiche. Nasce così il Movimento cinque stelle: contro la corruzione e contro la partitocrazia che, a detta loro, aveva rovinato il Paese. Il grido era: cittadini, cittadini, onestà onestà. Tutto il resta doveva passare in secondo piano: le competenze, la democrazia interna, la professionalità nello svolgere il ruolo di amministratori. L'obiettivo era un altro: liberare il Palazzo dai politici. Con i politici dovevano saltare quelli che, con una terribile parola, venivano indicati come "inciuci". Era questo il messaggio più importante dei Cinque stelle con cui parlavano alla "gente", con cui entravano nelle case degli italiani per dire che con loro si voltava pagina.Oggi è chiaro: non è più così. Cinque dimissioni in poche ore - due assessori e tre dirigenti di Atac e Ama - costringono a usare il passato, rispetto a un progetto che sembra fallire sulla soglia del Campidoglio. La crisi che sta travolgendo la giunta di Virginia Raggi è iniziata dal primo giorno, subito dopo la vittoria al ballottaggio. La decisione di revocare l'incarico a Carla Raineri, con le conseguenti dimissioni di Marcello Minenna, non può essere letta infatti solo come il desiderio della sindaca di avallare il parere dell'anticorruzione di Cantone. I motivi sono altri e sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.Quello che sta accadendo a Roma è il frutto di uno scontro politico tra correnti: da una parte i fedelissimi di Raggi, anche lei vittima della sindrome da cerchio magico, dall'altra la deputata Roberta Lombardi che, nominata nel direttorio romano per accompagnare l'azione della prima cittadina, è entrata in rotta di collisione con la sua compagna di partito. Lombardi si è dimessa da quell'incarico ma non ha mai smesso di agire contro di lei. Uno scontro in piena regola in cui le correnti e le fazioni si moltiplicano: con morti e feriti e che ora ributta la città in uno stato di sconforto totale.Gli errori di Raggi sono ormai una lista abbastanza lunga, a partire dalla nomina di Paola Muraro. L'assessora all'ambiente che si occupa del problema della spazzatura in città è stata criticata per molte questioni. In primo luogo la competenza: era tra le consulenti dell'Ama, l'azienda romana che si occupa dei rifiuti, sotto accusa per la gestione. Nelle carte di Mafia Capitale compare il suo nome. Tra gli altri motivi ci sono i compensi e l'aver taroccato il curriculum. Ha infatti scritto di essere stata ascoltata dai giudici di Napoli come consulente della procura nell'ambito dell'inchiesta sui rifiuti, quando invece fu interrogata perché consulente dell'azienda partenopea sotto inchiesta. Ma tutta la giunta Raggi è sotto pressione per i compensi, a partire da quello per Raineri che ora è saltata.Da quando Raggi è al governo di Roma si sono susseguiti tre capi di Gabinetto e in attesa del quarto non si può non fare un primo bilancio disastroso. E in questo bilancio ciò che colpisce è proprio il ritorno a vecchie logiche. Raggi non sbaglia solo perché alla sua prima esperienza, ma perché vittima di quelle dinamiche che i Cinque Stelle dicevano che, con loro al potere, non sarebbero più accadute. In passato, la vecchia politica tanto vituperata, ha dato vita a scontri anche molto accesi all'interno dei partiti. Erano scontri di potere, ma anche di idee. Erano scontri tra visioni diverse del mondo o su come gestire e amministrare la vita pubblica. Questi scontri sono talvolta degenerati, sono diventati personalismi incomprensibili ai cittadini.Il movimento Cinque Stelle ha colto, da questo punto di vista, un problema reale. La necessità di ridare fiducia agli elettori, puntando sulla trasparenza e sulla partecipazione. Ma lo scontro in atto a Roma racconta tutt'altro: parla di fazioni opposte non per idee diverse, ma per la gestione del potere per il potere. Non è emersa, qualora ci fosse, una visione diversa su come cambiare la sorte di una città in declino. Ciò che appare è il tentativo di piazzare i propri fedelissimi a prescindere dal consenso, dalla collaborazione con gli altri, dalla capacità di fare scelte, anche dure, ma in grado di stare in piedi da sole senza bisogno dell'intervento della magistratura. Ciò che appare insomma è il ritorno della vecchia politica, privata però della sfida delle idee. Nel frattempo Roma e i cittadini che avevano sperato in un cambiamento assistono attoniti.