di Ivano Iai*

Il Prof. Giovanni Conso, nato a Torino il 23 marzo 1922, esattamente 100 anni fa, è stato un osservatore attento ma discreto sul mondo della Giustizia dalla finestra privilegiata del giurista e rimane, anche oltre la data della scomparsa, avvenuta il 2 agosto 2015, un interlocutore ancor oggi ascoltato dal potere politico, dall’università, dalla magistratura e dall’avvocatura grazie agli insegnamenti lasciati in eredità negli scritti e nelle confidenze agli allievi. Ricordare il patrimonio di esempi, consigli, raccomandazioni e avvertimenti non è impresa agevole, considerata la quantità e qualità di stimoli che sono provenuti da una figura culturale così imponente e centrale, ma uno in particolare ritengo di dover consegnare al lettore e non solo a colui che si occupa di diritto. Restano scolpite nella pietra poche parole che mai come altre mi sono state di ammonimento nell’attività professionale e di ricerca e mi sono d’aiuto nell’attuale percorso di funzionario pubblico: l’attività del giurista è rilevante come – e forse più di – quella del legislatore, perché dall’interpretazione della Costituzione e delle leggi dipendono le sorti della Persona umana. In età matura e soprattutto nell’ultima parte della vita dedicata allo studio, il Professore ha curato molto i profili giuridici interni e internazionali di tutela dei diritti umani, costruendo un ponte tra l’antica passione per la procedura penale e ciò che questa complessa materia del diritto pubblico dovrebbe avere più a cuore: la Persona umana appunto. Da Ministro della Giustizia, dopo le esperienze al Consiglio Superiore della Magistratura e alla Corte costituzionale come suo illustre presidente, ebbe un rapporto diretto con i detenuti che gli scrivevano ricambiati: la sensibilità verso ogni individuo privato della libertà personale, anche nei casi più severi del carcere duro, fu ingiustamente equivocata come cedimento dello Stato, ma a muovere la volontà del giurista Conso, profondo conoscitore dei principi costituzionali, fu un’interpretazione umana della sanzione penale che non può non rifuggire gli effetti devastanti del trattamento degradante della Persona. L’esempio di vita semplice e umile del Prof. Conso è un continuo rivolgersi alla Persona con attenzione tangibile nella produzione scientifica e pratica personale dimostrata da un garbo non comune nei rapporti umani, specialmente verso gli ignoti interlocutori incontrati per la strada – ma non per questo meno importanti – Egli che di strada ne percorreva quotidianamente parecchia con il saluto elegante e l’indimenticabile sorriso. (*avvocato)