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«L’ esito delle regionali mostrerà che questa maggioranza non esiste e non sarà certo il nostro sì al Mes a tenerla in piedi», ne è convinto il deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè, che attende settembre come il mese della verità sul futuro dell’Esecutivo.
Berlusconi ha ribadito il sì al Mes “per il bene dell’Italia”. I gruppi parlamentari di Forza Italia sono compatti per il sì?
Certo. Tutti hanno sottolineato, coerentemente con quanto detto da Berlusconi, che il Mes è un intervento necessario che conviene all’Italia, perchè il denaro viene immesso nella sanità, per di più con interessi sotto lo zero se viene restituito in sette anni. Ovvio, la condizione chiave è che si tratti di un prestito senza condizioni diverse dall’impegno alla restituzione, dunque che non ci siano troike dietro la porta a sindacare sull’utilizzo dei fondi. Leggeremo il contratto prima di firmarlo però, e spero che in questo modo possano svanire le paure anche di chi dice no.
Non è un mistero, infatti, che il resto del centrodestra sia contrario. Non rischia di essere, alla lunga, un punto di rottura?
Il Mes è di fatto l’unico punto sul quale c’è divergenza. Conoscendo la profondità di analisi che hanno Salvini e Meloni, spero che la lettura del documento finale spazzi via i loro dubbi, ma nel centrodestra ognuno è libero di ragionare con la sua testa. Siamo una comunità di valori e qui è la nostra forza.
Ma se i voti di Fi diventassero la stampella che tiene in piedi il governo sul Mes, proprio mentre la Lega tenta la spallata, non si aprirebbe un problema politico?
Io penso che, se davvero i voti di Fi diventassero fondamentali per approvare la misura, sarebbe il governo a dover trarre le sue conclusioni. Se il voto sul Mes ponesse la maggioranza in minoranza, il governo dovrebbe serenamente accettare di non poter più guidare il paese. Non sarà il voto favorevole di Forza Italia ad allungare la vita al governo, anzi quel voto denuncerà l’opposto. Del resto, basta guardare i voti nelle ultime otto fiducie: in Senato la maggioranza non ha mai superato soglia 160, quindi non è mai stata assoluta. Il problema non è aritmetico ma politico e finirà per esplodere e non saremo certo noi a fare da stampella.
Intanto, prosegue il lavoro per il piano nazionale di riforme. Che cosa manca nel progetto del governo?
Innanzitutto il metodo: mancano le priorità, il cronoprogramma e la direzione di marcia. Non è coi bonus, ma con le riforme che si rimette insieme il paese. Un esempio per tutti: se si spendesse un miliardo in edilizia si ricaverebbero 3 miliardi di Pil e 17mila nuovi occupati, ma servono volontà e coraggio. Lo stesso vale per il lavoro: se si rinunciasse al dogma del decreto dignità e si reintroducesse il lavoro flessibile, nel rispetto dei diritti, si farebbero ripartire le imprese. La riforma madre, poi, è quella del fisco: a cosa servono due punti in meno sull’Iva e una rimodulazione delle aliquote? Per sprigionare energie e dare ossigeno bisogna ridurre il carico fiscale su imprese e privati con una flat tax con una aliquota tra il 15 e il 20%. Noi lo avevamo proposto, se il governo ci avesse ascoltato.
Nel decreto Semplificazioni è stato ritoccato il sistema degli appalti. Aiuterà a velocizzare i passaggi burocratici che bloccano le imprese?
Quel codice andava azzerato, insieme a tutte le sue storture che, in nome dell’anticorruzione, hanno bloccato imprese che lavoravano bene e che sono state dissanguate dal sistema dei controlli. Quando il decreto finalmente comparirà, però, temo sarà chiaro che con l’affidamento diretto degli appalti si rischia di penalizzare le piccole imprese, perchè non hanno la stessa capacita delle grandi imprese. Un po’ lo stesso risultato che si avrà con la modifica dell’abuso d’ufficio: la riscrittura rende il tutto ancora più incomprensibile. Più che un antidoto al terrore della firma dei pubblici ufficiali, mi sembra un aiutino alle sindache Appendino e Raggi.
Intanto, si avvicina il settembre nero delle regionali. Il centrodestra prosegue compatto, nonostante i primi intoppi sulle candidature?
Il nostro lavoro prosegue bene, perchè quando il centrodestra fa sintesi poi non ci sono più cambi di direzione. I problemi li ha il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle, ancora alla ricerca di una identità e senza candidati comuni, a dimostrazione che quella al governo è una maggioranza spuria. Il nostro obiettivo è vincere e convincere ovunque, come abbiamo fatto - ad esclusione dell’Emilia- nella precedente tornata elettorale. Così diremo al governo che a settembre sarò il momento di staccare la spina e votare.
Eppure, come sempre si dice, il voto alle amministrative non vale alle politiche. Inoltre le si potrebbe obiettare che, posto che nelle regioni non sfiderete la stessa maggioranza che governo, la partita non valga.
Ma sa perchè non la sfideremo? Perchè il caso dell’Umbria certifica che, se i giallorossi corrono uniti, non ottengono la fiducia degli elettori perchè sono forze senza nulla in comune. Quanto agli esiti delle amministrative, è vero che una rondine non fa primavera, ma uno stormo di rondini forse dimostra che il tempo sta cambiando. Insomma, se vincessimo ovunque non si potrebbe non considerarlo un segnale rilevante dell’inconsistenza di questa maggioranza. Del resto lo ha detto anche il premier Conte: non è normale che chi governa insieme a Roma poi si presenti da avversario sui territori. Ma lo hanno coperto di bastonate.
Berlusconi ha aperto a una diversa maggioranza a Parlamento invariato. E’ davvero possibile un altro governo senza il voto, oppure le urne sono il prossimo passo necessario, in caso di crisi del Conte 2?
Il voto è sempre un passaggio catartico da fare per superare gli anni bui. Però, se la democrazia parlamentare piace quando grillini fanno un governo con la Lega e poi uno col Pd, non vedo perchè questo non possa valere sempre. Se domani si trovasse una nuova maggioranza, non del tutti dentro ma di centrodestra che trovasse i voti mancanti in Parlamento tra gli altri gruppi politici, potrebbe essere una strada. Le parole di Berlusconi sono state una fotografia del reale, che però partiva da una premessa: se ci fosse l’accordo tra gli alleati del centrodestra, si potrebbe verificare la possibilità di dar vita a nuovo governo, ma ora non si vedono le condizioni.
E non sarebbe un inciucio?
Forza Italia non è il partito nè degli inciuci nè del governo a tutti i costi. Le ricordo che non siamo stati noi ma la Lega a fare il governo coi 5 Stelle, salvo poi pentirsene amaramente. Anzi, se dovessimo trovare il vero partito degli inciuci, sarebbe sicuramente il Movimento 5 Stelle, che prima gridava “Parlateci di Bibbiano” al Pd e poi ci ha stretto alleanza.