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«Sarebbe meglio che tornassero tutti coi piedi per terra». Maurizio Gasparri, storico generale azzurro, liquida così lo scontro interno a Forza Italia, col volare di stracci tra Giovanni Toti e Mara Carfagna. Eppure, il giudizio più duro lo riserva al governatore ligure.
Toti ha parlato di una Forza Italia che «organizza solo convention», a uso e consumo dei dirigenti che sono «sempre meno e sempre gli stessi». Lei cosa risponde?
Che in questo modo Toti rischia di finire a fare il numero 3 di Salvini, oppure di fare le primarie con Meloni e di perderle. Non mi piacciono nemmeno i toni: lui ha voluto dire che è radicato e legittimato con il voto, ma la storia bisognerebbe ricordarla tutta. Quando venne candidato alle Europee non era noto come politico e venne eletto perchè il mondo di Fi ricevette l’ordine di scuderia di votarlo. Da governatore della Liguria, dopo, ha fatto un ottimo lavoro, ma non si scordi che il suo esordio è avvenuto per decisione di Silvio Berlusconi, che dall’oggi al domani lo prese dalla direzione del Tg4 e gli fece fare il consulente politico.
Rispedisce al mittente le critiche di autoreferenzialità, quindi?
Mi limito a dire che non ricordo eventi democratico- congressuali che abbiano indicato il suo ruolo, ma tutti accettammo l’indicazione di Berlusconi.
Toti è stato un’ottima scelta del presidente, ma non fu il popolo a chiamarlo. La vita politica è un mix di democrazia di base e di cooptazione: non si può essere per la cooptazione quando si viene cooptati e per la democrazia solo quando conviene.
Eppure che Forza Italia sia in difficoltà è innegabile.
Per questo dico che servirebbe più senso di appartenenza, in una fase così delicata. Non condivido questi toni polemici e disfattisti, nè l’atteggiamento liquidatorio nei confronti del partito. Allo stesso tempo, è sbagliato sottovalutare i problemi che vanno risolti.
E come si risolvono?
Anzitutto cre- dendo in una prospettiva di centrodestra, in cui Forza Italia rappresenta la forza più moderata e responsabile, dialogante con i ceti produttivi del Paese e con le categorie. Poi il partito deve guardarsi dentro e aggiustare le cose che non vanno, valorizzando le sue risorse: gli emergenti di nuova generazione e gli esperti di consolidata esperienza che hanno relazioni col territorio.
Berlusconi, però, sembrerebbe voler puntare soprattutto sulle nuove generazioni.
Ogni tanto Berlusconi dice che vuole prendere nuovi giovani e ha ragione: servono energie nuove. Attenzione, però, all’improvvisazione. Ricordo il nostro governo del 2009: sette ministri avevano tra i 30 e i 40 anni, ma poi c’era la vecchia guardia, come Gianni Letta, a far girare la macchina. Poi sa, la riorganizzazione è complessa anche perchè i codici di comunicazione sono cambiati.
Avete perso il famoso feeling con i cittadini?
Il punto è un altro: oggi, per farsi ascoltare, non serve dire cose serie ma bisogna alzare i toni sui Social Network.
E lei è tra i più attivi e seguiti, soprattutto su Twitter.
Io sperimento molto e le posso dire che, quando faccio un video, so che se dico cose pacate ho un risultato, se invece accentuo i toni ne ho un altro. Conosco questo meccanismo e lo uso, ma so anche che non è detto che, quando uso toni più forti, il mio ragionamento sia più corretto. Insomma, il livello di grida non può essere un criterio valido per valutare i contenuti, anche se oggi condiziona molto, anche per colpa di certa stampa.
Secondo lei è colpa dei media?
Guardi, i 5 Stelle dicono immani scemenze ogni volta che vanno in televisione, ma i conduttori non hanno il coraggio di fargli le domande per smontarli. Così loro urlano e fanno leva su un facile sentimento popolare. Prenda quel bugiardo di Luigi Di Maio, basterebbe fargli una domanda per zittirlo, eppure non la fa nessuno.
E cosa gli chiederebbe?
Ha messo 10 miliardi per il reddito di cittadinanza: uno va ai centri per l’impiego, mentre gli altri nove vanno divisi per i circa 9mila euro annui agli aventi diritto. Quanto fa? Glielo dico io: potranno pagare il reddito di cittadinanza a un milione di persone, non ai 6,5 milioni che dice Di Maio. Purtroppo, però, vedo molto servilismo nel mondo dell’informazione: a breve, qualcuno sarà anche disposto a confermare che il traforo del Brennero esiste, pur di non far torto ai grillini.
L’altra faccia del governo, però, è rappresentata dalla Leca. Con loro i rapporti come sono?
Diciamo che sono un po’ sospesi, ma noi di Forza Italia cerchiamo di non urtare la loro sensibilità, perchè siamo pur sempre alleati nelle regioni. Salvini, però, prima o poi dovrà prendere una decisione.
Considera ancora la Lega incompatibile coi 5 Stelle?
Prenda la manovra: il reddito di cittadinanza c’è, la flat tax no. La Lega guadagna consenso grazie all’immigrazione, come con il caso della Diciotti, ma continua ad alimentare una politica economica di sinistra che scontenterà l’artigiano di Rovigo, il piccolo imprenditore della Brianza, il professionista di Vercelli. Insomma, quando l’elettorato del nord vedrà che non c’è la flat tax per le famiglie e quella per le partite iva è una miseria, allora emergerà un serio problema di politica economica.
Lei dice che Salvini ha guadagnato consenso il caso Diciotti. Definirebbe quella dei magistrati un’ingerenza della politica?
I magistrati hanno solo fatto guadagnare voti a Salvini, nemmeno fossero suoi amici. Salvini è un uomo fortunato, perchè incontrare nel proprio cammino persone del genere è un miracolo politico.
Il caso Cucchi ha avuto una svolta decisiva con le dichiarazioni del carabiniere. Lei ha sempre difeso l’arma, oggi che cosa pensa?
Che la giustizia farà il suo corso. Certo, penso sia legittimo chiedersi come mai al carabiniere i ricordi tornano dopo 9 anni.
Lui ha sostenuto di essere stato indotto al silenzio.
Lo dice lui ed è tutto da dimostrare. Io ribadisco quello che ho sempre detto: quella di Cucchi è una morte tragica, ma se la sorella si fosse occupata di lui da vivo un quarto di quanto se ne è occupata da morto, forse non sarebbe finita così. Io mi occupo molto di lotta alla tossicodipendenza e penso che il ragazzo fosse vittima della droga, per cui avrebbe dovuto essere seguito, così forse avrebbe ritrovato la vita attraverso un percorso in comunità.