Ieri, per alcune ore e con riflessi di ritardi sull’intera giornata, l’Italia ferroviaria è rimasta spezzata in due: incomunicabile e irraggiungibile da Nord a Sud. Impossibile sia da Napoli che da Milano arrivare a Firenze. E’ bastato l’incendio di una centralina elettrica dell’Alta velocità nei pressi del capoluogo toscano per scatenare l’inferno.
Episodi simili, con simili disagi, erano accaduti nei mesi scorsi senza, evidentemente, destare sufficiente allarme. In teoria, chi volesse gettare il Paese nel caos adesso sa come fare: un po’ di benzina, una sigaretta gettata sopra, e il gioco è fatto. L’incendio, hanno precisato le Ferrovie, è stato doloso. Ma non vuol dire nulla. L’inverno trascorso una nevicata ha gelato gli scambi del nodo di Roma. Il risultato è stato lo stesso: ritardi interminabili, Italia spaccata a metà. Un sito presunto anarchico si è, diciamo così, “divertito” a rivendicare «l’emozione nel constatare come questo gigante chiamato Potere abbia sempre e comunque i piedi d’argilla».
Al di là del soliloquio ideologico, la realtà è deprimente. Uno dei Paesi più importanti del mondo ha una rete infrastrutturale o fantasmatica ( vedi porti e collegamenti su rotaia Napoli- Sud) oppure così piena di buchi da essere facilmente devastata. Se ci aggiungiamo le infinite peripezie demagogico- finanziarie sull’Alitalia e lo stato della rete autostradale, il quadro è chiaro. Ci si potrebbe aggiungere il crollo del Ponte Morandi, ma lasciamo stare. E’ il segno che le infrastrutture in Italia sono in stato comatoso o giù di lì. Che servirebbero investimenti e lungimiranza dei quali non c’è traccia. Ci sono, invece, gli scontri sul ( o sulla) Tav: copione ritrito e inconcludente come le polemiche politiche che fanno da corredo.
Il risultato di tutto questo è che l’Italia sotto molti aspetti è - letteralmente - appiedata. Per una volta di nuovo in sintonia, i due vicepremier Di Maio e Salvini parlano di «attentato allo Stato» e invocano «anni di galera» per i responsabili. Rischia di essere fumo negli occhi. Sarebbe opportuno che chi governa prendesse atto della situazione e si attrezzasse per consentire al Paese di riprendere a correre (!) sulle ali di una ritrovata crescita e di uno sviluppo reale e non di cartapesta. Senza dimenticare le responsabilità di chi manutiene le reti infrastrutturali e ha offerto a tratti la sensazione di un deciso impegno sui profitti e scarsa attenzione per la sicurezza.