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Claudio Foti ha passato quattro anni terribili. Anni in cui è stato accusato - senza nessuna connessione con il capo di imputazione - di essere ladro di bambini, di usare macchinette per l’elettroshock confuse con il nome di una terapia accreditata da oltre trent’anni di studi, di diffondere la leggenda che in tutte le famiglie - o quasi - avviene un abuso. Un lupo cattivo, un mostro, insomma. Ma lo psicoterapeuta imputato nel processo “Angeli&Demoni”, assolto in appello dopo una condanna a quattro anni per lesioni gravi e abuso d’ufficio, ora può tornare a respirare. E a difendere la psicoterapia del trauma, vera imputata di un processo che non aveva fondamento alcuno. Perché a parlare sono le prove: di tutto ciò che si è detto di Foti, quasi nulla è vero. E ciò nonostante, la campagna di demonizzazione continua: non importano le sentenze, non importano le prove. Contano solo i fantasmi e la gogna. «Dopo il caso Bibbiano - dice al Dubbio - l’infanzia sofferente è diventata ancora più sofferente».
Sono stati quattro anni di fango. Per tutti lei è stato un lupo cattivo, un ladro di bambini. Qual è la prima cosa che ha pensato dopo l’assoluzione?
Non ho pensato… La prima reazione è stata il pianto. Dietro il pianto ovviamente c’è un pensiero: fulmineo, in parte inconscio: adesso mi dite che il fatto non sussiste, ma nel frattempo la mia vita personale e professionale è stata attaccata, infangata, rovinata… Gran parte dei collaboratori, dei giornalisti, degli operatori che mi seguivano si sono zittiti e mi hanno lasciato isolato per anni.
Com'è stato vivere questi anni da “mostro”?
Si sono ridotte del 95 per cento le mie entrate, la mia immagine è stata deturpata, i miei figli hanno vissuti momenti di disorientamento, ansia e sconfitta, ma ho cercato di accettare quanto succedeva, di non farmi prendere dallo sconforto, soprattutto di non farmi logorare dalla rabbia. Ho scritto moltissimo, ho utilizzato la meditazione di matrice buddista, ho cercato di riattivare reti di solidarietà per preparare una ripartenza.
Quali sono state le peggiori fake news con le quali si è dovuto confrontare?
Tante: “Foti boss degli affidi”, quando a Bibbiano in verità non mi sono mai occupato di un solo affido; “Foti che induce i falsi ricordi”, quando la mia paziente aveva già parlato delle violenze subite alla propria madre e ad altri operatori ben prima di incontrarmi; “Foti che maltrattava i figli”: quando la procura di Reggio ha segnalato l’ipotesi di reato in assenza di qualsiasi querela e alcuni media hanno diffuso la notizia, ma quando la procura di Torino ha subito archiviato in fase d’indagine, nessuno ha detto niente …
Una convinzione comune è che lei propagandi la tesi secondo cui la famiglia sarebbe solo luogo di abusi e violenza e che abbia legittimato la sottrazione dei figli per darli "magari" a famiglie lesbiche. Come risponde a queste teorie?
Qui si vede il pregiudizio più ostile, più incapace di tener conto dei fatti. Io ho dedicato la vita al lavoro con i genitori, il centro Hansel&Gretel è nato per questo. Ho lavorato per far crescere le competenze emotive, relazionali dei genitori, che svolgono una funzione insostituibile e l’ho sempre detto. Ho sempre detto che i genitori sono più importanti dello psicoterapeuta, che può vedere il bambino una o due volte la settimana, mentre i genitori sono con loro tutti giorni. L’intento era potenziare la loro capacità di ascolto, l’ho praticato, l’ho insegnato, l’ho scritto: ci sono i libri a testimoniarlo. Ma c’è chi continua a dire che sono contro la famiglia, solo perché ho citato delle statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle violenze domestiche. Io credo che bisogna aiutare i genitori, perché la maggior parte dei disagi trova nel genitore la figura fondamentale da aiutare per aiutare il minore. Certamente, nelle situazioni in cui i genitori rifiutassero l’aiuto e la messa in discussione si pone un problema, in casi estremi, della protezione del bambino. Ma questo non lede la funzione della famiglia. L’ideologia è però quella cosa per cui se devono distruggerti ti mettono addosso un’etichetta: loro i difensori, noi i criminali, con un’operazione di distorsione assurda.
Si è spesso parlato di un non meglio precisato “metodo Foti” e il suo modo di fare psicoterapia è stato contestato. C’è un metodo? In cosa consiste?
Il “metodo Foti” è un’invenzione ridicola per tentare di separarmi dalla comunità scientifica e stigmatizzarmi... Per l’accusa avrei seguito un metodo induttivo e violento. In realtà chiunque esamini le videoregistrazioni che ho consegnato può verificare l’ascolto gentile, non pressante, rispettoso della paziente e delle procedure della terapia del trauma. Ma quei video non sono nemmeno stati esaminati, perché a priori bisognava dire che io praticavo violenza psicologica sulla mia paziente e mentre pensavo ingenuamente che consegnare tutte le prove potesse ristabilire verità e giustizia queste mi sono valse l’accusa di lesioni. Uno stravolgimento della realtà, della pratica clinica, della formazione e delle pubblicazioni.
Che ruolo ha avuto la politica nella sua vicenda?
Si è fatta trascinare dalla campagna elettorale e ha creato schieramenti: a destra i sedicenti difensori della famiglia e i “sinistri” contro la famiglia a favore delle lobby delle lesbiche. Un tentativo di semplificare, brutalizzare la campagna elettorale contrapponendo il bianco al nero, la luce al buio. Abbiamo Salvini che tiene in braccio una bambina di Bibbiano che però non è di Bibbiano, perché lui deve essere il paladino dei giusti contro gli ingiusti; e Di Maio che dice “mai con i ladri di bambini e col partito di Bibbiano”, salvo un mese andare al governo col Pd. Ma io penso che ci sia una responsabilità più alta, più profonda della politica, ovvero quella di non occuparsi adeguatamente dei bambini e degli adolescenti vittime di situazioni sfavorevoli, che vanno aiutati in famiglia o fuori in casi estremi. C’è un pezzo della popolazione minorile che vive in condizioni di forte malessere, di povertà, di trascuratezza. E la responsabilità è della politica, che al di là di acquisire voti dovrebbe potenziare i servizi per l’infanzia e quelli di cura. Attaccando me e gli operatori di Bibbiano le condizioni già difficili nelle quali lavoravano gli operatori della tutela si sono rese ancora più complicate. Il fango massiccio ha reso più difficile l’aiuto, le adozioni si sono fatte più rare, gli operatori sono stati zittiti e le famiglie affidatarie hanno ridotto la propria disponibilità. Queste le conseguenze del caso Bibbiano, dopo il quale l’infanzia sofferente è diventata ancora più sofferente.
Cos’ha provato quando l’hanno arrestata?
Per due giorni sono rimasto convinto che la cosa si sarebbe risolta in poco tempo. Ma presto mi sono accorto che è stata una persecuzione, forse giudiziaria, sicuramente mediatica e politica, di proporzioni colossali, alla quale mi conveniva adeguarmi.
Perché proprio lei?
Sono stato preso in un territorio dove si stava svolgendo un’azione efficace di prevenzione e di contrasto. Si stava sviluppando un movimento, gruppi di formazione, iniziative. Ma la lettura di “Veleno” (la controinchiesta sui diavoli della Bassa Modenese, ndr) portava a dire “è già capitato 20 anni fa, sta ricapitando lì vicino, bisogna fermarli”. Aggiungendo che i protagonisti erano gli stessi, ma così non è. Ed io sono rimasto colpito.
Ma la tesi di “Veleno” è smentita a livello giudiziario, non una, ma cinque volte. Perché preoccuparsene?
Il problema è che nella storia le cose non funzionano così. Nonostante cinque pronunciamenti dicano che i bambini che hanno raccontato gli abusi subiti sono credibili, la logica di Pablo Trincia è entrata nel cuore delle persone, perché troppo “bella” per non crederci e quindi a prova di sentenze giudiziarie. Nonostante quelle sentenze, dunque, rimane una storia molto affascinante da raccontare. Le sentenze ce le raccontiamo tra operatori, ma non arrivano alle persone. Ci vorrà molto tempo, forse.
Sin dall’inizio hanno tentato di tirarla in ballo per la vicenda dei diavoli della Bassa modenese, ma c’entra qualcosa?
Con la vicenda raccontata da “Veleno” non c’entro nulla. Certo in 40 anni di lavoro ho fatto centinaia di consulenze e perizie, anche per le procure ed anche in vicende drammatiche. Ma io compivo valutazioni. Non ho mai lavorato per la condanna di alcuno, colpevole o innocente che fosse. Peraltro come avrei potuto, con un atteggiamento persecutorio, recarmi in carcere per anni, nelle sezioni dei sex offenders a fare gruppi di psicoterapia per i detenuti?
Tra le motivazioni che hanno legittimato il suo arresto anche la critica al podcast “Veleno”: al netto delle sentenze, cosa pensa di quella vicenda e di quella ricostruzione?
Su Veleno rinvio al secondo capitolo del libro “Bibbiano: dubbi e assurdità”, edito dalla Alpes. Qui voglio sottolineare che sia gravissimo per lo stato di diritto che una persona, un professionista debba pagare tanto duramente perché un giudice lo definisce “criminale per convinzione” in quanto s’è avvalso del proprio diritto di opinione e di critica culturale.
Qualcuno le ha chiesto scusa?
Nessuno e penso che nessuno lo farà, perché la capacità di mettersi in discussione, di riconoscere gli errori, è una merce molto scarsa. Mi farebbe piacere, ma non credo che avverrà.
La comunità scientifica le è stata vicina?
Non pervenuta nei primi anni. Erano tutti traumatizzati e terrorizzati. Molti avevano paura di contattarmi per non essere intercettati. Nell’ultimo anno c’è stato invece un movimento importante: 227 psicoterapeuti hanno firmato un manifesto per denunciare l’assurdità in termini scientifici del teorema accusatorio contro il mio lavoro.
Durante il processo è stato criticato da Isabel Fernandez, massima esponente della Emdr, la terapia da lei praticata sulla paziente per la quale era accusato di lesioni gravi, dal momento che si ipotizzava la sua responsabilità per un presunto disturbo borderline. Questa terapia è stata demonizzata, si è parlato - e fino a ieri se ne parlava ancora - di “macchinette”, che lei non ha usato in quella terapia, come se si trattasse di uno strumento di tortura e non di una modalità di ascolto. Si è chiarito con la sua collega?
Veramente Fernandez si è limitata solo a rispondere ad alcune domande degli inquirenti. Sicuramente prima di rispondere non ha visto la mia seduta in cui applicavo l’Emdr. Ritengo che Fernandez abbia stima di me e me l’ha anche scritto. È comunque certo che diversi supervisori Emdr hanno attestato la bontà e la correttezza del mio lavoro con questa tecnica terapeutica.
Ritiene che ci sia stato un processo alla scienza? C’è chi ha parlato di “ostetricia dei ricordi”, di plagio… È possibile tutto ciò?
Certamente il giudice del primo grado ha preteso di entrare nella stanza di psicoterapia per valutare, pretendendo di decidere cos’è legale e cosa non lo è, ma alcuni colleghi hanno legittimato questa intrusione. Nella vicenda Bibbiano si è scatenato non solo un delirio mediatico, ma anche un delirio scientifico: consulenti hanno osato sostenere che un disturbo di personalità borderline può derivare da qualche seduta di psicoterapia e non dai traumi infantili, come attesta la letteratura scientifica, c’è anche chi ha affermato che bastano poche domande per indurre un falso ricordo…
Ha più parlato con quella paziente? Cosa le ha lasciato quella psicoterapia e perché crede sia stata così duramente criticata?
Mi piacerebbe incontrarla a processo concluso. Penso che anche lei sia stata una vittima della vicenda.
Cos’è successo alla psicologia del trauma in questi 4 anni?
Ci troviamo in una fase di grandi progressi, di nuovi studi, ricerche e pubblicazioni che dimostrano quanto il trauma sia diffuso, come venga ad incistarsi nel cervello, quali conseguenze produca nella vita delle persone e quanto sia indispensabile migliorare l’attenzione e l’investimento sulla cura dei bambini e degli adulti traumatizzati.
Cosa pensa della giustizia dopo tutto quello che è successo?
Che c’è la giustizia, o meglio ci può essere, se uno trova un avvocato come il mio, Luca Bauccio, e giudici che hanno il coraggio di affermare le ragioni del diritto contro i gravissimi pregiudizi che si possono cristallizzare contro degli imputati.
Se le ricorda le pagine dei giornali il giorno dopo il suo arresto e la sua condanna? Qual è la differenza con il giorno dopo la sua assoluzione?
Ricordo un carosello dell’Olio Cuore con la suggestiva musica di Grieg: l’attore che aveva una pancia molto grande si svegliava scoprendo di essere dimagrito, saltellando e canticchiando: “La pancia non c’è più”. Io mi sono svegliato stamane come quel personaggio e dai giornali vedo che la mia pancia piena di ingiustizie e falsità non c’è più. Ma è stata così distruttiva e continuativa la violenza subita in questi quattro anni che un po’ mi chiedo ancora se sogno o son desto…