«Il garantismo non è intermittente. Non può esserlo. Il Pd ci contesta di non essere andati oltre, nelle misure sul carcere? Intanto con il decreto convertito a inizio agosto abbiamo prodotto, come maggioranza, un intervento organico, in materia penitenziaria, di cui non si vedeva l’ombra da anni. Ma poi, se vogliamo parlare di carcere, di sovraffollamento e di patenti garantiste, ecco, vorrei dire al Pd: com’è possibile che vi riteniate dalla parte delle garanzie se non vi arrischiate neppure a prendere posizione su modifiche che riducano la carcerazione preventiva attraverso il rafforzamento della presunzione d’innocenza? Se siete davvero garantisti, perché, se noi diciamo di voler intervenire sul presupposto, oggi discrezionalissimo, della reiterazione del reato come parametro per infliggere misure cautelari in carcere, dove ci sono qualcosa come 17mila detenuti in attesa di giudizio, voi siete già contrari in partenza? Non è il vostro, un garantismo a corrente alternata?».

Pietro Pittalis, avvocato, deputato di Forza Italia, vicepresidente della commissione Giustizia di Montecitorio, parla tutto d’un fiato. Con voce pacata ma tono deciso. La sua non è solo una replica alla responsabile Giustizia del Pd Debora Serracchiani, che in un’intervista al Dubbio ha contestato agli azzurri un’incoerenza fra i propositi sul carcere e il successivo adeguamento alla linea della maggioranza. «Mi rivolgo al Pd in generale», dice Pittalis, «e contesto davvero che si possa essere garantisti e nello stesso tempo ritenere che un presunto innocente possa finire in cella, ed esservi tenuto a lungo, perché magari, se si tratta di un politico, l’eventuale rielezione determinerebbe in sé un pericolo di reiterazione del reato».

Si riferisce al caso Toti?

È una vicenda esemplare. Si è detto che Toti doveva restare in carcere, finché fosse rimasto in carica, in virtù dell’assunto secondo cui le funzioni stesse di governatore gli avrebbero potuto consentire di delinquere ancora. Come se gli illeciti contestati fossero già stati accertati in via definitiva e non ci trovassimo solo nella fase preliminare del procedimento.

Di per sé la reiterazione è un presupposto che contrasta con la presunzione d’innocenza: prefigura la reiterazione di un reato che è solo in ipotesi. Forzatura ancor più opinabile se relativa a un incensurato.

È esattamente la logica entro cui intendiamo muoverci. Rispetto a chi non ha precedenti, la misura cautelare detentiva basata sul rischio di reiterazione è ancora più discutibile. È chiaro che l’istituto, per com’è oggi, lascia al magistrato un margine di discrezionalità davvero eccessivo. Il presupposto va modificato in modo che il giudice lo debba ancorare a elementi concreti. E in tal modo si inciderebbe anche sul sovraffollamento delle carceri. Naturalmente, per i reati più gravi come la mafia, o rispetto alle organizzazioni criminali, ci sono esigenze diverse.

Bene. Ma come reggerete la contraerea di Pd e M5S, che vi accuseranno di voler limitare la carcerazione preventiva per gli incensurati in modo da tutelare i colletti bianchi?

Abbiamo spalle forti. Nel senso che ci muoviamo sostenuti da un patto stipulato con gli elettori, da un programma che, in materia di giustizia, si basa su principi chiarissimi: i principi, come la presunzione d’innocenza, sanciti dalla Costituzione. Abbiamo già onorato diversi di quegli impegni: dall’abolizione dell’abuso d’ufficio a una delimitazione più chiara del traffico d’influenze, dall’informazione di garanzia che non è più una condanna anticipata alle intercettazioni. E abbiamo introdotto il cosiddetto gip collegiale, che sarà in vigore dal 2026 ma che già conferma l’idea di carcere come extrema ratio, in linea col garantismo che proviene dalla grande lezione di Silvio Berlusconi.

Ma Serracchiani vi contesta di aver assunto, sul carcere, posizioni sulle quali poi non avete insistito con gli alleati, al momento di definire il decreto.

Partiamo dal decreto. È un provvedimento che affronta per la prima volta dopo anni in modo organico la drammatica situazione delle carceri. Secondo due direttrici: creare le condizioni perché la pena sia espiata in un contesto dignitoso e assicurare l’effettiva rieducazione del condannato. Semplifichiamo le procedure per l’accesso alla liberazione anticipata, che non può gravare solo sul pur straordinario lavoro dei giudici di Sorveglianza. Ampliamo le occasioni di telefonate e colloqui coi familiari. Introduciamo il trasferimento in comunità non solo per i detenuti con tossicodipendenza ma anche per gli stranieri privi di domicilio. Assicuriamo mille unità in più alla polizia penitenziaria. Eliminiamo le lungaggini procedurali in materia di edilizia, sia per i nuovi istituti che per la ristrutturazione dell’esistente.

Ma voi stessi vi accingete a proporre, come FI, nuove misure agli alleati e ad andare oltre il decreto. O no?

Noi di Forza Italia siamo portatori di una particolare sensibilità: il nostro segretario Tajani ha voluto l’iniziativa “Estate in carcere”, da cui abbiamo ricavato una mappatura delle questioni da risolvere, e in base a quel lavoro intendiamo valutare, con gli alleati, quali ulteriori interventi siano necessari per superare il problema del sovraffollamento. Dopodiché, ripeto: vorrei capire perché chi si dice favorevole alla legge Giachetti, come il Pd, poi è indifferente all’ipotesi di tutelare i 17mila detenuti in attesa di giudizio e contrastare, anche così, il sovraffollamento.

Quali ulteriori misure potreste proporre?

C’è innanzitutto l’inadeguatezza dell’assistenza sanitaria. È tra i punti della relazione che sarà elaborata con la supervisione del viceministro Sisto e che conterrà le proposte. Noi riteniamo che per i residui di pena fino a un anno e mezzo si debba ricorrere a misure alternative, per superare il sovraffollamento e anticipare il reinserimento sociale.

E c’è l’altro fronte: la separazione delle carriere.

È un provvedimento che deriva dall’articolo 111 della Costituzione: tutti i magistrati sono autonomi e indipendenti, ma solo il giudice è terzo e imparziale, e perciò tra il giudice e il pm deve esserci la stessa distanza stabilita fra il giudice e l’avvocato. Nei due Csm, anche grazie al sorteggio, si porrà fine al correntismo, e la rivoluzione sarà completata dall’Alta Corte di disciplina, che nasce da un’idea di Violante.

Sarà una nuova stagione di conflitto con le toghe?

No. Ma non resteremo indifferenti all’uso delle misure cautelari come strumento per entrare a gamba tesa nel gioco democratico.