Eppur si muove. Dopo anni di letargo finalmente la magistratura sembra scuotersi. Inizia a discutere, a interrogarsi su se stessa.

La dottoressa Mariarosa Guglielmi, che è la segretaria di Md ( corrente di sinistra delle toghe) in una intervista molto interessante che abbiamo pubblicato ieri sul “Dubbio” ha posto alcune questioni cruciali, che fanno traballare tutte le certezze giustizialiste - è lei che usa questo termine, non è una mia forzatura - intorno alle quali si è sviluppata nell’ultimo quarto di secolo la cultura maggioritaria nella magistratura italiana. Finalmente si discute

Naturalmentenella magistratura italiana sono sempre esistite le voci critiche, i dissensi, le personalità legate a una idea forte di Stato di diritto. Però, se dobbiamo ricostruire la storia recente dell’Italia, non possiamo nascondere il peso che hanno avuto i pensieri e gli atteggiamenti “autoritari” che hanno dominato tra le toghe. E hanno dominato dilagando trasversalmente: da sinistra a destra. La cultura del sospetto, che nell’ultimo anno tante volte è stata illustrata, senza ipocrisie e veli, da un magistrato di destra come Piercamillo Davigo, ha fatto breccia e si è insediata tra quelle che - proprio per questa ra- gione - Berlusconi chiamava le toghe rosse. Un pezzo molto grande di magistratura si è convinta che il suo compito non fosse più quello di giudicare e di perseguire i delitti, ma quello di fare pulizia nella società e di rigenerala moralmente. L’idea laica ( ma sacra) dello Stato di diritto è stata sostituita dall’idea terribile dello Stato etico, e la magistratura ha immaginato se stessa come fondamenta e garanzia dello Stato etico e della sua eticità.

E così una idea autoritaria presente nella destra si è perfettamente fusa con una idea profetica e quasi missionaria della sinistra, e nella convinzione che riducendo lo stato di diritto e dando spazio e fiato al giustizialismo ( all’ideologia del giustizialismo come ideologia della giustizia, anzi, del Giusto) si sarebbero colpiti i potenti, sarebbe stato ingabbiato il potere e si sarebbe rigenerata la società: una nuova società governata non più dalla democrazia ma dall’onestà.

Bene, tutto questo finalmente è in discussione. La dottoressa Guglielmi molto onestamente ha criticato gli errori di valutazione di questi decenni ed ha indicato la strada per riprendere il percorso: l’idea della giurisdizione come luogo del diritto – del diritto esercitato e garantito da magistrati e avvocati – e non più come campo di battaglie politiche.

Adesso la discussione è aperta. E – per fortuna – è molto complicata. Oggi, sul nostro giornale, interviene il dottor Mauro Gallina, che è un personaggio molto popolare ( è un giudice che appartiene alla corrente di Magistratura Indipendente, cioè all’ala conservatrice, ed è stato il più votato a Milano nelle ultime elezioni del consiglio dell’Anm). Il dottor Gallina critica aspramente Annarosaria Gugliemi, accusandola di proporre opinioni e giudizi che discendono da scelte politiche e non giuridiche. A me sembra che già il fatto che la discussione si è finalmente aperta sia un fatto molto positivo. E mi piacerebbe discutere con il dottor Gallina su questo punto: come può non partire da considerazioni di carattere politico un ragionamento che mette in discussione un quarto di secolo di giustizia politica? E’ impossibile un dibattito puramente accademico, se è vero che il giustizialismo è stato molto più che un “ordine di idee”, è stata l’ideologia che ha sconvolto concretamente la politica italiana, ne ha cambiatogli assetti, i poteri, ha modificato la struttura del meccanismo democratico, i rapporti di forza tra sinistra e destra, e si è sostenuta, intenzionalmente, sulla forza di un sostegno popolare, ricevuto, invocato e alimentato con l’indulgenza verso tutti i populismi.

Non è da qui che dobbiamo partire? E se partiamo da qui non è possibile mettere insieme le esperienze, le tendenze, le idee di tutte le correnti della magistratura, per provare a invertire il senso di marcia?

Io non credo che la spinta al giustizialismo possa scomparire dal corpo della magistratura. Penso però che si possa aprire un nuovo confronto di idee, e anche una battaglia. Sarebbe molto importante che questa non fosse una battaglia fatta dalle correnti, con gli schieramenti già prefigurati. La giustizia giusta non è né di destra né di sinistra, credo, e non può interessare solo a una parte, perché l’anima dell’interesse generale.