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«Lo stato italiano non può rimanere a guardare la scalata a Mediaset, perchè il nostro paese non può continuare ad essere il supermarket delle aziende straniere». Ad affermarlo è Stefano Fassina, economista e leader di Sinistra Italiana, insospettabile difensore dell’azienda di Silvio Berlusconi.
Innanzitutto chiariamo: che cosa significa in termini economici “scalata ostile”?
È il caso in cui un attore del mercato compra un pacchetto di azioni di una società, al fine di provare a diventare protagonista della gestione di questa società, contro un altro azionista. Nel caso in cui l’acquisto superi il 30% delle azioni, allora è necessaria un’Opa, un’offerta pubblica di acquisto, ovvero un invito che il gruppo acquirente fa a investitori e azionisti di minoranza perché vendano le azioni che possiedono nella società quotata in Borsa. Nel caso di Vivendi, che dovrebbe fermarsi al 20%, l’intento è quello di condizionare le scelte societarie di Mediaset.
Si tratta di una iniziativa legale?
Sì, ma il punto è un altro: nel passato, ricordo il caso Telecom, le aziende italiane sono state oggetto di scalate ostili da parte di gruppi di altri Paesi, avvenute con il supporto dei loro governi. In quel caso noi subimmo la scalata in modo passivo, con conseguenze terribili. Non vorrei che lo stesso succedesse con Mediaset, che è un asset importante del nostro sistema industriale.
Perché lei ritiene che lo Stato debba intervenire?
Perché non è detto che chi lancia una scalata ostile poi sia interessato al mercato italiano. Non sappiamo con quale prospettiva economica Vivendi abbia deciso la scalata e quali danni, a livello sia occupazionale che di prospettive industriali, questo possa provocare.
Ma, praticamente, in che modo il governo italiano potrebbe intervenire in uno scontro tra società che avviene nel mercato quotato?
Innanzitutto con una moral suasion, perché la posizione pubblicamente negativa dello Stato può condizionare in modo significativo le scelte dell’operatore economico. Poi anche con pressioni politiche nei confronti del governo francese, al fine di porre un freno a ciò che sta succedendo.
Quindi solo sul piano politico?
Non solo, si potrebbe intervenire anche sul piano della legislazione interna: le norme sul servizio radio- televisivo le facciamo noi. Inoltre, se si considerasse quello televisivo un asset strategico dello Stato, ci sarebbero margini per intervenire.
Eppure, politicamente, non si può prescindere dal fatto che Mediaset sia un’azienda di proprietà di Silvio Berlusconi. Per questo, da esponente dello schieramento avverso, la sua posizione stupisce...
Ma certo, è ovvio che il fatto che Mediaset sia di Berlusconi influisce fortemente sulla questione. Però io ritengo che, se prevarrà la logica politica politica, sarà un errore. Mediaset è un’azienda italiana importante, di grandissimo interesse sia dal punto di vista industriale che nello sviluppo del Paese.
Si dovrebbe disancorare il tutto da una logica politica, quindi?
Certo, io personalmente spero che non prevalga la logica del “così ci liberiamo di Berlusconi”. Per questo ritengo che noi non possiamo stare a guardare mentre i francesi si lanciano in una colonizzazione finanziaria.