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«Il controllo giudiziario degli atti dello Stato è uno degli elementi, forse il principale, che assicura il primato della legge anche rispetto a chi detiene il potere. Le prime forme di giustizia amministrativa accompagnarono l’abbandono dell’assolutismo», ricorda l’avvocato Umberto Fantigrossi, presidente dell’Unione nazionale degli avvocati amministrativisti ( Unaa).
Il prossimo 18 novembre il Consiglio di Stato, in collaborazione con l’Unaa, terrà il primo Open day della giustizia amministrativa. L’evento, aperto a Palazzo Spada dal presidente Filippo Patroni Griffi, sarà l’occasione per avvicinare i cittadini a un così delicato campo della giurisdizione.
Presidente Fantigrossi, come si potrebbe rappresentare l’importanza della giustizia amministrativa al cittadino che non la conosce?
La nostra Carta costituzionale stabilisce, all’articolo 113, che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, tutela che non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
I giudici amministrativi sono giudici speciali: come si giustifica la loro esistenza, anche in considerazione che in molti paesi del mondo la magistratura è unica?
L’attualità di questo sistema è provata dal fatto che anche nei sistemi giuridici di common law si stanno sviluppando rimedi e tribunali specializzati per i rapporti con i poteri pubblici, via via che la loro attività viene sottoposta ad un controllo di legalità più rigoroso e stringente e si riducono le aree di irresponsabilità dello Stato e delle varie autorità.
La giustizia amministrativa è regolata da un codice di procedura totalmente rinnovato nel 2010, per quale ragione voi avvocati amministrativisti invocate oggi una nuova riforma?
Il pacchetto di proposte che abbiamo elaborato di recente non intende rivoluzionare l’impianto del codice del processo, ma piuttosto introdurre alcuni elementi di innovazione che consentano di rendere questo tipo di giustizia più accessibile e più incisiva. Abbiamo effettivamente creato un ottimo sistema, ma che alla fine “rimette a posto le cose” tra Stato e cittadini in un numero di casi davvero esiguo rispetto alla totalità dei rapporti tra il pubblico ed il privato.
Perché?
Le strozzature sono dovute in parte alle alte tariffe della tassa di ricorso che non ha eguali nei altri Paesi europei e che viene impropriamente utilizzata proprio per disincentivare l’avvio dei processi.
Altre criticità?
Vi è una eccessiva concentrazione delle cause nella Capitale per l’elenco troppo ampio di materie attribuite al TAR del Lazio, il quale assorbe, con molti ritardi, oltre il 30% dei ricorsi di primo grado.
Che tempi ci sono a Roma?
Abbiamo sentenze anche dopo 7 o 8 anni.
Possibili soluzioni?
Una migliore distribuzione sul territorio dei giudici e delle corti e una più avanzata informatizzazione potrebbero consentire di rendere un numero di decisioni ben più alto dell’attuale, eliminando l’arretrato e abbreviando i tempi dei processi. Per questo ci siamo posti da tempo l’obiettivo di avere un ruolo propositivo e attivo su tutte le problematiche che riguardano l’organizzazione del servizio giustizia, dando piena attuazione al principio della partecipazione anche nell’ambito dell’organizzazione della giustizia amministrativa. La nostra proposta si articola principalmente in due interventi, uno a livello centrale e l’altro a livello periferico.
Quali sono?
A livello centrale, si tratta di creare, nell’ambito del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, una Consulta forense, che funga da raccordo permanente tra il vertice dell’autogoverno della magistratura amministrativa ed il foro amministrativistico, nelle sue due componenti, quella istituzionale ( il Consiglio nazionale forense) e quella associativa. Le relative funzioni potrebbero essere mutuate, almeno in parte, da quelle dei Consigli giudiziari della giustizia ordinaria.
E a livello periferico?
Si propone di creare, presso ogni Tar, un Consiglio giudiziario amministrativo, con le stesse funzioni della Consulta centrale, naturalmente riferite al singolo distretto giudiziario. La composizione dovrebbe vedere applicato un criterio di pariteticità tra le due componenti, ferma restando la presidenza in capo al magistrato di vertice del Tribunale. L’organismo opererebbe, in primo luogo, per individuare le buone pratiche per ottimizzare le attività, prevalentemente attraverso protocolli d’intesa. Attraverso questi nuovi organismi si dovrebbero sviluppare quelle capacità di dialogo e di sinergia con le istituzioni e la società civile, necessarie per soddisfare al meglio le effettive esigenze di giustizia nei rapporti con l’amministrazione pubblica ed utili anche a migliorare l’immagine che hanno i cittadini di questo imprescindibile strumento di democrazia.
Il Consiglio di Stato ha ampliato le competenze dell’Ufficio stampa e Comunicazione istituzionale, con la presenza anche di un giornalista professionista che provvede alla diffusione, una volta depositati, dei provvedimenti di maggior interesse per l’opinione pubblica. Approva la decisione?
Certamente, la trasparenza e la corretta informazione sono di fondamentale importanza ed evitano molte delle fake news che spesso leggiamo sui giornali a proposito delle pronunce dei Tar.